Roma città aperta

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roma città aperta

Una riflessione sulla storia

La difficile interpretazione della storia

L’aggettivo città ‘aperta’ si può far risalire alla convenzione dell’Aja del 1907, nella quale si posero le basi per la definizione del ‘diritto bellico’, cioè di tutte quelle norme che riguardano il comportamento in guerra. La dichiarazione di ‘città aperta’ è una convenzione che può essere attribuita a città di particolare interesse storico o artistico, o con un grande numero di presenze civili, verso cui il nemico si impegna a non compiere atti bellici. Il termine ‘aperta’, infatti si riferisce a ‘aperta all’occupazione del nemico’, senza che sia fatta alcuna resistenza.

Tale dichiarazione può essere anche unilaterale, quando il nemico non riconosce questo status. E’ stato questo il caso di Roma, che nell’agosto del 1943 fu dichiarata ‘città aperta’ dalle autorità italiane, ma la dichiarazione non fu riconosciuta, né dalle forze alleate, né dai nazisti, che nel frattempo erano diventati nemici.

La caduta di Mussolini e l’armistizio dell’8 settembre

Nel 1943, dopo lo sbarco degli Alleati in Sicilia, Mussolini viene chiamato alle proprie responsabilità dagli stessi membri del suo partito ed il 25 luglio rassegna le proprie dimissioni al re Vittorio Emanuele III. Alle 22.45 la radio annuncia la caduta del regime e il conferimento al generale Badoglio dell’incarico di formare un nuovo governo. A livello dei mezzi di informazione c’è stata sicuramente una ambiguità rispetto al considerare Badoglio in continuità o meno con il regime. Questo non solo fino all’arrivo dell’armistizio, ma anche successivamente. Basti pensare che non fu Badoglio ad annunciare subito l’armistizio, ma lo fece Eisenower e fu solo successivamente confermato da Badoglio. Inoltre, il re Vittorio Emanuele III e lo stesso Badoglio, il 10 settembre partirono per Brindisi, lasciando l’esercito e la capitale senza guida.

L’occupazione tedesca

Sia la caduta di Mussolini, ma ancora di più la ricerca di un armistizio, pose l’Italia in una posizione di rappresaglia da parte dei tedeschi, che considerarono l’Italia traditrice, senza contemporaneamente avere un riconoscimento adeguato da parte degli Alleati, che la definirono solo ‘cobelligerante’.

Roma fu occupata dai nazisti senza eccessive resistenze, ma fu bombardata dagli alleati, dopo la dichiarazione di ‘città aperta’, proprio perché occupata dai tedeschi. E se i tedeschi risparmiarono i monumenti e le opere d’arte, altrettanto non si può dire della popolazione, che fu deportata, uccisa, imprigionata fino all’arrivo degli Alleati nel giugno 1944.

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Roma città aperta, capolavoro del neorealismo

Il film di Roberto Rossellini fu girato nel 1945, ma l’idea prese forma già nel 1944 e fu ispirato a personaggi realmente esistiti. La sceneggiatura fu scritta da Federico Fellini e Sergio Amidei. Le riprese iniziarono nel gennaio del 1945 con strumenti ‘di fortuna’ e location reali, non essendo agibile nessun luogo adatto ad un set cinematografico. La famosa scena in cui Pina viene uccisa dai tedeschi mentre rincorre il camion in cui è prigioniero Francesco, suo promesso sposo, è girata in periferia, in via Raimondo Montecuccoli 17, nel quartiere casilino. Altre scene sono di fronte alla chiesa di Sant’Elena, sulla via Casilina, e all’Eur, vicino al Palazzo della Civiltà del Lavoro.

Nonostante il film non faccia mai riferimento ad eventi estremamente drammatici di quel periodo, come l’attentato di Via Rasella e il conseguente eccidio delle Fosse Ardeatine, la critica cinematografica sottolineò che tali eventi rimanevano presenti in uno sfondo immaginario.

L’attentato di via Rasella non fu citato per una divergenza di opinioni tra gli sceneggiatori: alcuni pensavano che Via Rasella fosse stata una azione inutile, di cui si conoscevano già le conseguenze, in considerazione dell’imminente arrivo degli Alleati.

Inutile sottolineare che Roma città aperta sancì il successo di Anna Magnani, e la sua grande capacità di recitazione.

Qual è il cielo in cui siamo tutti uniti?

La pellicola presenta una intensità fuori dal comune, forse proprio per la vicinanza storica agli eventi raccontati, ma non fu scevra da critiche proprio sull’enfasi con cui si presentò la resistenza all’occupazione nazista, rispetto alla paura e alla sottomissione che la maggioranza della popolazione romana visse in quel momento.

D’altronde l’Italia presentava divisioni profonde anche nel dopoguerra, con una contrapposizione politica che non si è mai placata e che mantiene intatta tutta la drammaticità ancora ai giorni nostri. Comunque si voglia rappresentare la realtà, non ne esisterà mai una sola, ma un numero uguale alle mille interpretazioni che se ne vorranno dare. Le posizioni che ogni anno si rinnovano nella ricorrenza del 25 aprile evidenziano che non sembra esserci ancora un evento che realmente ci faccia sentire tutti sotto lo stesso cielo. Come per i francesi fu la Rivoluzione Francese. Ognuno si appropria di ciò che più si allinea con il proprio pensiero e spesso l’Italia si trasforma da madrepatria in strumento di propaganda.