Il 29 luglio di trentasei anni fa un’autobomba di Cosa Nostra uccideva il giudice Rocco Chinnici, due uomini della scorta e il portiere dello stabile in cui abitava il magistrato
Sono passati trentasei anni dalla morte, per mano di Cosa Nostra del capo dell’Ufficio istruzione di Palermo Rocco Chinnici. Nato a Misilmeri, in provincia di Palermo il 19 gennaio 1925, si diplomò nel 1943 presso il Liceo Classico Umberto I del capoluogo siciliano e, dopo essersi laureato in Giurisprudenza, entrò in magistratura nel 1952, dapprima come uditore giudiziario a Trapani, poi come Pretore a Partanna e infine, dal 1966, come Giudice Istruttore presso il Tribunale di Palermo.
Rocco Chinnici approda a Palermo: le indagini su Cosa Nostra
Nel corso del suo importante incarico a Palermo ebbe modo di occuparsi di importanti casi, tra i quali le indagini sulla Strage di viale Lazio, avvenuta nel dicembre 1969 ad opera dei Corleonesi di Totò Riina con la partecipazione delle cosche di Santa Maria del Gesù e di Riesi, con lo scopo di uccidere Michele Cavataio, boss di Acquasanta, ritenuto il colpevole della prima guerra di mafia. Nel corso dell’irruzione a colpi di arma da fuoco negli uffici della ditta di costruzioni di Viale Lazio persero la vita cinque persone: Michele Cavataio, tre dipendenti della ditta e Calogero Bagarella, membro dei Corleonesi che venne ucciso nel corso del conflitto a fuoco con Cavataio. Nel 1978 Chinnici decise di riaprire il caso, che era stato subito archiviato, dell’assassinio di Peppino Impastato, il giornalista e attivista politico ucciso nel maggio dello stesso anno da Cosa Nostra, dando una svolta decisiva alle indagini sugli esecutori e i mandanti dell’efferato delitto.
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Dopo l’assassinio del giudice Cesare Terranova, avvenuto nel settembre 1979, ad opera di un commando mafioso che uccise anche anche la sua guardia del corpo, il maresciallo Lenin Mancuso, Rocco Chinnici prese il posto di Terranova, divenendo capo dell’Ufficio Istruzione del tribunale palermitano. In questo periodo, che coincideva con l’inizio della seconda guerra di mafia, aumentarono notevolmente i delitti di matrice mafiosa che non risparmiarono importanti uomini con incarichi istituzionali: il 4 maggio 1980 a Monreale Emanuele Basile, capitano dei Carabinieri che si stava occupando delle indagini sulla sparizione di Boris Giuliano, venne ucciso a colpi d’arma da fuoco da un killer mafioso mentre si trovava a una festa religiosa a Monreale; nell’agosto successivo Gaetano Costa, Procuratore Capo di Palermo e grande amico di Chinnici, venne ucciso con colpi di pistola mentre passeggiava in una via centrale del capoluogo da due mafiosi del clan Spatola.
Rocco Chinnici istituisce il Pool Antimafia
Per far fronte alla seconda guerra di mafia che si concretizzava con omicidi eccellenti che consentivano ai Corleonesi di Totò Riina di allargare la propria sfera di influenza su Palermo, Rocco Chinnici decise di creare il “Pool Antimafia”, una struttura composta da più magistrati che si occupavano della medesima indagine, consentendo di distribuire il carico delle inchieste su più persone che avevano maturato grande esperienza nella lotta alla mafia. Il nuovo gruppo di lavoro, che qualche anno più tardi permise di istituire il Maxiprocesso a Cosa Nostra, inizialmente vide l’attiva partecipazione di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe di Lello, tutti magistrati che nelle loro passate esperienze avevano indagato su Cosa Nostra.
L’attentato di Cosa Nostra contro Rocco Chinnici
Il 29 luglio 1983 una Fiat 127 imbottita di tritolo e posizionata davanti al palazzo in cui viveva il giudice, in via Pipitone Federico, fu fatta esplodere proprio mentre Chinnici usciva di casa. Oltre al giudice, persero la vita i due uomini della scorta Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta e il portiere dello stabile Stefano li Sacchi.
Nel successivo processo sono i fratelli Nino e Ignazio Salvo vennero condannati come mandanti dell’attentato. Altre condanne furono comminate ai loro fiancheggiatori. Il giudice che emise la sentenza, Antonino Saetta, venne in seguito ucciso in un attentato mafioso insieme al figlio Stefano mentre era di ritorno da un Battesimo.
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Con Rocco Chinnici se ne andava un grande magistrato che aveva avuto la brillante intuizione di costituire un gruppo di magistrati esperti che potessero dedicarsi con impegno a contrastare e combattere il fenomeno mafioso. Il suo impegno di sensibilizzazione del mondo giovanile verso il pericolo mafioso ha dato un forte slancio alla lotta alla mafia, spronando l’opinione pubblica a rifiutare l’illegalità e qualsiasi atto mafioso.
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