Riti di passaggio

Cerimonie pubbliche che celebrano un cambiamento di status o un mutamento nella posizione che un individuo occupa nella società, una variazione dei compiti che svolge.

A Husoy, Isola di Senja, a differenza di quanto accade alle Lofoten, piove merluzzo. Pescherecci più o meno grandi, con in comune quelle abominevoli forme tarchiate e sgraziate che solo una tassazione basata sulla lunghezza può creare, accostano al molo di un grosso impianto. I marinai scendono e si servono della gru per agganciare grosse casse di acciaio e prelevarle dalle stive, e poi rovesciarle dentro un enorme imbuto che collega il porto, che come nella migliore tradizione trabocca marineria, con il mattatoio interno, che come nella migliore tradizione trabocca sangue e interiora. Come spesso accade il manager è particolarmente fiero dell’efficienza del suo impianto ‘che digerisce senza problemi 50 mila merluzzi al giorno. E a noi della crisi e del prezzo importa poco, tanto che sia Italia, Cina, Portogallo o Marocco, il mercato lo troviamo sempre’.

La parte interna dell’imbuto versa senza posa le carcasse sanguinolente su un nastro trasportatore, dove una quindicina di manovali di ogni nazionalità puliscono il pesce veloci come assegni, e ogni pezzo di questo maiale ittico è smistato verso stazioni dove cadono teste, corpi, bottarghe, uova, interiora, tutto sollevato da terra perché per terra cade di tutto, dalle aringhe vomitate dai cadaveri a una zuppa biancastra di sperma grondante da bisacce testicolari, il tutto in perenne risciacquo da getti che spazzano la poltiglia chissà dove.

Ecco che parte una ruspa carica di teste e la sversa in un altro imbuto poco lontano, nei corridoi senza finestre, nelle viscere della macelleria. Li dentro, quasi alla chetichella, una ragazzina di 12 anni preleva le teste dal nastro trasportatore che lei stessa aziona alla bisogna, le infilza su uno spillone dalla mascella, e vi cala un coltellaccio che, con un affascinante movimento che ha dell’artistico, separa la lingua del pesce che resta trafitta sullo spillone, creando un bianco kebab di lingue che poi riversa in un grosso bidone. Bambini con cuperose macchiate di sangue che maneggiano coltellacci e macchinari più grandi di loro… In Italia probabilmente verrebbero arrestati sia i genitori che il manager dell’impianto, la cosa farebbe notizia, le guance insanguinate riempirebbero i talk show, inizierebbero spontanei quanto brevissimi boicottaggi del merluzzo e tredici procure aprirebbero fascicoli. In Norvegia è un rito di passaggio. Non solo il ‘prelievo’ ma anche il commercio e di conseguenza il ricavo delle lingue è a totale appannaggio dei giovani ed abilissimi carnefici. Si parla di centinaia di euro al giorno, e in giorni di abbondanza ittica la scuola concede la giustificazione all’assenza.

Un economista troverebbe la spiegazione nella curva Pil della Norvegia, che era tra i paesi più poveri d’Europa quando i genitori di ‘cuperose’ erano quasi adulti, un antropologo la troverebbe nel rito di iniziazione all’età adulta, un geografo agli usi dell’Artico, un romantico come me un inno all’indipendenza. Con buona pace dei nostri magistrati.

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