venerdì, Aprile 19, 2024

Rina Vanin: la donna che vede le anime

La signora Rina Vanin è nata a Cismon nel 1921 ed ora vive in casa di riposo a Valstagna dove io lavoro come medico e dove l’ho conosciuta. Di lei mi hanno colpito gli occhi neri sorridenti e curiosi ed il carattere fondamentalmente buono e malgrado tutto ottimista. Di lei mi hanno colpito gli occhi neri sorridenti e curiosi ed il carattere fondamentalmente buono e malgrado tutto ottimista.

Infanzia di Rina

Ha vissuto quindi a Lallenge, un paesino vicino a Thonon les Bains dove ha frequentato le scuole elementari. Ricorda quel periodo come il più bello della sua vita. Frequentava volentieri le scuole e riusciva nello studio piuttosto bene, tanto che le era stata promessa una borsa di studio per realizzare il suo sogno: diventare maestra. Purtroppo non sempre le cose vanno come dovrebbero ed un brutto giorno la madre di Rina si ammalò e dopo pochissimo tempo lasciò lei e suo padre. Grazie all’aiuto del prete del paese Rina fu mandata in un collegio per continuare gli studi. Purtroppo il padre pagò la retta del primo mese e poi non si fece più vedere né sentire. Da allora Rina non sa più niente di lui. Sa solo che per lei era un buon padre, che gli ha voluto ed ancora gli vuole molto bene, ma malgrado lo abbia cercato con i pochi mezzi che poteva avere una bambina di dieci anni, non l’ha più trovato.

Il manicomio di Vicenza

Il manicomio di Vicenza

Così Rina, senza più alcun appoggio economico fu rimpatriata e spedita a Cismon da una vecchia zia, che la tenne con sé per un mese e poi decise, visto che la bambina non si faceva capire bene perché parlava solo francese, di farla ricoverare al manicomio di Vicenza.   La bambina che oltre tutto aveva una paralisi all’arto superiore destro, per la vergogna lo teneva rattrappito sotto l’ascella, inoltre non parlava e non si spiegava bene in italiano, quindi fu facilmente ricoverata al manicomio S.  Felice Fortunato di Vicenza. Anche lì si rese utile aiutando tutti gli altri degenti e, per quanto possa sembrare impossibile, ricorda quel periodo, per certi aspetti, solo per certi aspetti, come il più bello della sua vita. Partecipava alle riunioni, aiutava gli infermieri e medici, disegnava e dipingeva si sentiva stimata ed accettata da tutti in particolare dal direttore il signor Nordera che ricorda ancora come un autentico gentiluomo ed una buona persona. Rimase al manicomio per tre anni, al termine dei quali proprio il signor Nordera le disse: -Senti Rina tu non sei matta, non devi essere ricoverata tu, ma quelli che ti hanno mandato qui. –

Istituto per diversamente abili di Rosà

Istituto per diversamente abili di Rosà

Così mandarono Rina a Rosà dove c’era un istituto per diversamente abili: vi erano oligofrenici, affetti da sindrome di Down ed altre persone con vari handicap. Anche qui Rina trovò la maniera di rendersi utile in mille modi: assisteva le persone più bisognose, al momento dei pasti imboccava quelli meno autosufficienti, aiutava nelle pulizie. Provava inoltre, per quelle povere persone, un autentico sentimento di compassione e di affetto e ne era ricambiata con gli interessi.

Rina comincia a vedere le anime

Rina comincia a vedere le anime

Fu qui che cominciò a vedere le anime. Già perché quando questi suoi amici morivano, era sempre lei a doverli assistere fino all’ultimo respiro, e proprio allora cominciò ad accorgersi che dalla loro bocca esalava una specie di fiato, una specie di nuvoletta di vapore bianco che lei vedeva o almeno credeva di vedere dissolversi verso il soffitto della stanza, dopo di che, lei era sicura che la vita di quel povero essere umano era terminata. E qualche volta piangeva da sola in ricordo di quelle persone che aveva conosciuto, aveva amato ed era stata da loro fortissimamente ricambiata. Per tutti questi lavori non riceveva stipendio, anzi se qualche volta un parente di qualche degente le dava qualche lira, pensavano poi le suore a farsela restituire anche perquisendola. Del resto erano tempi di miseria, le stesse suore dovevano pensare al mantenimento di tutti e sicuramente non penso fosse facile. Riceveva comunque tanto amore, tanto che in certe occasioni pensava che quelli potessero essere alcuni tra i più bei momenti della sua vita.

Il grande amore di Rina

Matrimonio di Rina

La vita di Rina proseguì in quel modo fino ai 47 anni quando incontrò l’amore. Un vedovo di Valstagna di 18 anni più anziano di lei, passando più volte davanti all’istituto, la vide, chiese informazioni e decise di farle la corte. Rina era così assetata di affetto che non le parve vero che una persona si interessasse solamente a lei. Dopo poco tempo i due convolarono a nozze. Durante il matrimonio continuò a fare quello che aveva sempre fatto, poiché il marito era piuttosto malato, aveva infatti dei seri problemi circolatori agli arti inferiori, lo assistette in tutto e per tutto. Cucinò per lui con tutto il suo entusiasmo, la sua perizia e la sua volontà, e lo confortò nella sua lunga malattia. Per fargli piacere arrivò anche ad interessarsi di calcio e di pugilato, sport per i quali lui andava matto. I due si fecero buona compagnia e per gli anni che passarono assieme non si mancarono mai di rispetto. Mai una lite, mai una parola scortese: ancora adesso ricorda quel periodo come sicuramente il più bello della sua vita.

Un bel momento della nostra vita

Che fantastica storia è la vita

Anche il marito, purtroppo, un brutto giorno la lasciò e lei si ritrovò un’altra volta da sola. Così decise di sfruttare la pensione del marito per farsi ricoverare qui, in casa di riposo di Valstagna dove a volte facciamo le nostre chiacchierate guardando la televisione e ci pare a tutti e due di passare ancora qualche bel momento della vita assieme.

Quando ho sentito la storia delle anime che vedeva uscire dai corpi mi è sembrata un’immagine molto poetica, ma siccome non sono un poeta, anzi sono un disincantato, scellerato consumista della peggior risma, per non saper né leggere né scrivere, le ho chiesto i numeri del lotto. Anch’io ho cercato di sfruttarla. Non si sa mai ho pensato: una così, forse avrà dei poteri, forse comunicherà con l’aldilà. Lei me li ha dati volentieri ma non sono usciti, nemmeno uno. Cosa credevate anche voi? Non ha alcun’importanza, per me parlare con Rina nelle notti di guardia medica è un onore perché la ritengo senz’altro una super italiana, una italiana di serie A.

Perchè ho scritto questa storia

Perchè ho scritto questa storia

Ora che ho scritto la sua storia, mi sento meglio, a parte una forma di grafomania che sta cominciando a preoccuparmi, mi pare di aver fatto il mio dovere. Io il mio dovere l’ho fatto. Ora vedete voi. Mi dispiacerebbe che di una persona così, che non ha mai provato odio né invidia per nessuno ed ha risposto con il bene al male, non rimanesse nemmeno la storia.

Lei si Chiama Vanin Rina abitava in Casa di Riposo a Valstagna in via Londa

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