giovedì, Aprile 25, 2024

Rifiuti tossici nucleari radioattivi: depositi decisi dall’Unione Europea

Quella dello stoccaggio dei rifiuti tossici, provenienti dalle centrali nucleari, è una questione molto spinosa. Le cui immense implicazioni, ne fanno un argomento attuale di cui parlare, anche se non ha origini recenti. Infatti, lo sfruttamento dell’energia nucleare in Italia, ha avuto luogo dopo il referendum del 1987. Il referendum vide il popolo italiano esprimere la sua riluttanza verso il nucleare e la conseguente chiusura di 4 centrali.

Rifiuti tossici nucleari una discordia infinita?

La storia dello stoccaggio dei rifiuti tossici in Italia ha inizio negli anni ’50, periodo in cui non esisteva ancora una politica ecologica di smaltimento. Come attesta la banca dati internazionale IAEA “International Atomic Energy Agency”, nel 1967 inabissarono nel Mar Mediterraneo 23 metri cubi di scorie nucleari. Ciò consentì in seguito a Germania, Francia, Olanda e Svizzera, di poter fare altrettanto. Secondo un inventario del 2000 dell’ENEA e dell’APAT, mancherebbero all’appello 350 metri cubi di rifiuti tossici. Facenti parte dei 700 prodotti dal reattore RTS 1 di Pisa, gestito dallo Stato Maggiore della Difesa.

Il caso dei 350 scomparsi

I 350 metri cubi di rifiuti tossici, provenienti dalla centrale atomica militare di Pisa, vennero rinvenuti nella miniera di Pasquasia in Sicilia. La miniera chiusa misteriosamente seppur produttiva, dove ha operato l’ENEA stessa per un esperimento in materia di confinamento di scorie nel sottosuolo. Ad oggi, gli Europarlamentari di Bruxelles, hanno deciso di impiantare un nuovo deposito in Italia. Il documento riporta testualmente: “Il Deposito Nazionale sarà costituito da una struttura di superficie. Essa è progettata sulla base degli standard IAEA e delle prassi internazionali, destinata allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività”. Le regioni italiane coinvolte sarebbero Piemonte, Lazio, Campania, Basilicata e un nuovo sito in Sardegna. Quindi non si dovrebbe parlare di “deposito” al singolare ma al plurale, e sarebbero quindi, a titolo definitivo.

Rifiuti tossici in eccesso

Sempre secondo l’APAT, in una stima pregressa, la quantità di rifiuti tossici da allocare nel sito sardo indica una quantità complessiva di 26.137 metri cubi. La Sogin, invece, ne ha già stimato 90 mila metri cubi tutti provenienti da centrali atomiche europee. Il decreto legislativo del 4 marzo 2014, emanato dall’ex Presidente Napolitano, è stilato ad uso del Governo italiano. All’Art. 3 comma 6 di tale documento, vengono fissate le condizioni alle quali sono soggette le spedizioni, importazioni ed esportazioni di rifiuti radioattivi. Esse possono essere smaltiti anche in Paesi Terzi, con i quali siano vigenti specifici accordi con il benestare della Comunità.

La direttiva specifica

Infatti la Direttiva riconosce esplicitamente i possibili benefici di un approccio “dual track”. Un doppio accordo, tendente ad affiancare alla creazione di un deposito nazionale anche un deposito geologico multinazionale condiviso. Alla fine, l’Italia che non aveva espresso il suo consenso in favore del nucleare, si ritrova a dover sotterrare nelle sue terre, le scorie radioattive di altri Paesi.


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