Cittadini romani al voto domenica 11 novembre per esprimersi sulle sorti dell’Atac, l’azienda pubblica che da decenni gestisce il trasporto pubblico locale della capitale. Dalle ore 8 alle ore 22 i cittadini iscritti nelle liste elettorali di Roma Capitale e i cittadini appartenenti ad una delle categorie previste dall’art. 6 dello Statuto che si siano appositamente registrati tra l’1 ottobre e il 31 dicembre dello scorso anno, potranno esprimere il loro voto recandosi nei seggi indicati sulla tessera elettorale. Ad ogni cittadino che si recherà alle urne saranno fornite due schede di colore diverso contenenti i quesiti del voto e sulle quali dovrà essere espresso in modo netto l’intenzione di voto per il sì o per il no. Lo scrutinio avrà inizio alla chiusura dei seggi.
I quesiti presenti sulle due schede
I quesiti che saranno proposti domenica ai cittadini romani sono due. Il primo chiede: “Volete voi che Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e su rotaia mediante gare pubbliche, anche a una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, nel rispetto della disciplina vigente a tutela della salvaguardia e la ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?”.
Il secondo, invece, chiede ai cittadini romani: “Volete voi che Roma Capitale, fermi restando i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e rotaia comunque affidati, favorisca e promuova altresì l’esercizio di trasporti collettivi non di linea in ambito locale a imprese operanti in concorrenza?”.
Cosa succede se vince il sì
Con il referendum di domenica 11 novembre i cittadini romani sono chiamati ad esprimere la loro opinione in merito alla gestione del trasporto pubblico romano su ruota e su rotaia, attualmente gestito da Atac, azienda municipalizzata. I quesiti sono stati formulati per chiedere ai cittadini che parteciperanno al referendum se sono favorevoli all’idea di mettere a gara il trasporto pubblico locale fra diversi soggetti per scegliere quello in grado di garantire il servizio migliore. La vittoria del sì, con il quorum del 33%, potrebbe quindi determinare la fine della gestione del trasporto pubblico da parte di Atac e l’inizio di una liberalizzazione di tale servizio in un clima di libera concorrenza. Tuttavia il referendum è puramente consultivo, quindi il risultato che ne emergerà non è vincolante per l’amministrazione comunale di Roma, la quale potrà decidere di mantenere l’attuale gestione del servizio di trasporto pubblico locale. Un risultato non vincolante dal punto di vista amministrativo, ma di grande valenza politica, specie per un Comune amministrato dal Movimento 5 Stelle che ha fatto della democrazia partecipativa una vera e propria bandiera durante la campagna elettorale per Virginia Raggi sindaco.
I promotori del sì
Il referendum è stato promosso dai Radicali italiani, i quali vedono nella fine della gestione Atac l’unico rimedio per migliorare il sistema dei trasporti pubblici a Roma, sia della rete metro sia di quella degli autobus. Francesco Mingiardi, della direzione dei Radicali italiani, ha chiarito in diverse circostanze che l’intento del referendum “non è la privatizzazione ma la liberalizzazione, cioè un modo diverso di erogare il servizio. Riteniamo opportuno che i trasporti pubblici, oggi in monopolio, siano affidati con gara. Il concetto non è salvare Atac, ma il trasporto pubblico di Roma. Il Comune, dunque, continuerà a controllare il servizio, a stabilire il prezzo del biglietto e il numero delle tratte”. A fianco dei Radicali in favore del sì si è schierato anche il Partito democratico romano, dopo aver consultato gli iscritti in tutti i circoli della capitale, anche se al suo interno ci sono anche esponenti che non sono d’accordo.
Un appello per il sì, infine, è arrivato sui social dal regista e attore romano Carlo Verdone, che invita i cittadini ad andare a votare per dare la possibilità concreta di migliorare il sistema del trasporto pubblico locale. “L’11 novembre” dice Verdone nel video pubblicato sulla sua pagina Facebook “c’è un referendum importante del quale molti romani non sanno assolutamente niente. Invece è importante che vadano a votare, possono votare si o possono votare no, ognuno la pensa come è giusto che la voglia pensare. Però è un referendum sull’Atac, e la cosa mi sembra abbastanza seria perché ultimamente ha avuto, e ci ha dato, ha dato soprattutto a tanti cittadini che usufruiscono dei mezzi, tante difficoltà. L’Atac è un’azienda che ha dei grossi problemi, quindi è arrivato il momento che la pubblica amministrazione, non deve privatizzare, ma deve dare delle concessioni, affinchè si possa fare una gara. Cioè, la città deve essere come divisa in lotti, e ogni lotto deve essere gestito in qualche modo da una concessionaria. E la pubblica amministrazione controllerà che tutto vada nel migliore dei modi. Secondo me la cosa più importante è che ne guadagneranno i cittadini in qualità, in efficienza, in sicurezza dei mezzi”.
I promotori del no
Sul fronte del no sono schierati i comitati che non sono propensi a un cambio di gestione del trasporto pubblico locale, pur riconoscendo le lacune che ci sono. I motivi sono diversi e ricollegabili in parte all’esperienza di Roma Tpl, il consorzio privato che gestisce le linee bus nelle periferie della città, definita dagli esponenti del no come un servizio scadente, in relazione anche alle condizioni dei lavoratori rimasti spesso senza stipendio. Anche i sindacati si sono schierati per il no, soprattutto per il timore che “i privati hanno interesse a fare profitti e non a fornire un servizio adeguato”. Per molti sostenitori del no, tra cui il comitato “Mejo de no”, la liberalizzazione del servizio di trasporto pubblico cambierebbe ben poco dal momento che le maggiori problematiche riguardano le scarse infrastrutture per il trasporto su gomma e su rotaia. Dal punto di vista politico, sono schierati per il no il Movimento 5 Stelle, la sinistra di Stefano Fassina e la destra di Fratelli d’Italia. Il sindaco Virginia Raggi aveva già sottolineato più volte che i romani “si sono già espressi due anni fa” durante le elezioni comunali, dando fiducia alla gestione dei servizi da parte dell’attuale amministrazione comunale.
Poca informazione sul referendum
Un’ultima questione riguarda la critica da parte dei comitati sostenitori del referendum riguardo la poca informazione circolata tra i cittadini, molti dei quali non sanno neanche che domenica sono chiamati alle urne. Il parlamentare di +Europa, Riccardo Magi ha sottolineato la buona pratica europea di inviare ai cittadini in tempo utile degli opuscoli informativi sul referendum. Cosa che a Roma non è stata fatta. “Prima la sindaca ha detto che non c’erano le risorse per farlo” ha detto Magi, “Poi sono arrivati i fondi della Regione, che, con un emendamento in bilancio proposto dal radicale Alessandro Capriccioli, ha messo a disposizione dei comuni i fondi. Non sappiamo cosa stia facendo la Raggi. Speriamo di essere ancora in tempo e che i fondi non vadano sprecati”. Intanto, però, a metà ottobre il comitato promotore del referendum “Sì Mobilitiamo Roma” ha lanciato07 un’iniziativa per raccogliere i fondi necessari per stampare volantini e flyer da distribuire ai cittadini romani per informarli sulle ragioni del referendum dell’11 novembre. Poca informazione per un referendum puramente consultivo. I romani sono chiamati alle urne per esprimere la loro opinione in merito al trasporto pubblico locale, ma non è detto che le cose possano realmente cambiare.