mercoledì, Aprile 17, 2024

RAPIMENTO MORO, LE PRIME PAGINE DEI GIORNALI DEL 16 MARZO 1978

LE BRIGATE ROSSE, IL TERRORISMO, ALDO MORO

«Aveva ragione l’avvocato Agnelli: chi non è stato a Torino in quegli anni non sa cosa sia il terrorismo…la mattina accendevi la radio per sapere chi avevano ammazzato e la sera te ne andavi a casa e anche se non contavi niente giravi tre volte attorno al palazzo perché avevi paura di un agguato». Questo è un commento di Ezio Mauro, un commento sull’atmosfera torinese del ‘77, tesa, agghiacciante e di una spaventosità surreale.

IL RAPIMENTO DI MORO GENERÓ SUBBUGLIO SOCIALE E PANICO, I GIORNALI CON EDIZIONI STRAORDINARIE DAVANO E CERCAVANO NOTIZIE

Quel terrore e quello sgomento, tipici degli anni di piombo, la mattina del 16 marzo 1978 svegliarono con un terribile buongiorno la capitale. Nel quartiere Monte Mario di Roma, in via Mario Fani, all’angolo con Via Stresa, un commando delle Brigate Rosse aprì il fuoco sulla Fiat in cui viaggiava il presidente della DC Aldo Moro e sull’auto di scorta. I cinque uomini, custodi dell’onorevole, furono brutalmente colpiti, il politico sequestrato dai terroristi. La strage avvenne alle ore 09.15, dopo una mezz’oretta accorse sul luogo il giornalista del TG1 Paolo Frajese che diede un primo quadro dello sventurato episodio. In fretta e furia, tutte le testate giornalistiche cercarono di ricostruire i fatti e misero sull’attenti l’Italia intera.

LA PRIMA PAGINA DE LA REPUBBLICA SUL RAPIMENTO MORO

Il titolo della prima pagina di Repubblica del 16 marzo 1978: «Moro rapito dalle Brigate Rosse». L’articolo sul sequestro di Aldo Moro fu scritto dal giornalista Carlo Rivolta; le parole, la punteggiatura, le riflessioni del testo sembravano esprimere tutto lo sdegno e tutta l’agitazione di quella terribile mattinata. Rivolta descrisse le dinamiche: gli uomini della scorta falciati dai colpi del mitra, il sangue, i bossoli, l’auto tagliata dalle vetture dei killer. Secondo le tempestive notizie che fuoriuscivano dal gruppo di autorità e giornalisti, gremiti sul luogo del misfatto, quella scena orripilante si consumò in un tempo fulmineo, repentino. I brigatisti organizzarono il rapimento in modo ineccepibile, rispettando perfettamente il piano architettato. Il giornalista inoltre informò l’Italia della istantanea rivendicazione delle Brigate Rosse e della convocazione del Consiglio dei Ministri in una seduta straordinaria.

SEQUESTRO MORO, LA PRIMA PAGINA DE IL MESSAGGERO

«Rapito in Via Fani l’onorevole Moro. Uccisi gli uomini da un commando armato». Anche la prima pagina de Il Messaggero interamente dedicata al rapimento Moro. La testata giornalistica pose l’accento sulla moglie del Presidente Moro, la prima ad accorrere sul luogo della strage, con il cuore in gola e già prostrata dal dolore. La signora Moro parlò con i giornalisti e disse loro che conosceva benissimo tutti i ragazzi della scorta, che erano buoni e bravi ragazzi. Sempre sulla prima pagina de Il Messaggero si leggeva della presenza sul posto di Parlato, capo della polizia, di tanti carabinieri, vigili del fuoco. L’Italia si fermò, sembrava essere tutta in Via Fani.

LA STAMPA: «RAPITO MORO. DALLE BR, UCCISI 5 DELLA SCORTA»

Anche La Stampa si gettò sul rapimento del politico della DC, il giornale subito parlò dell’atrocità consumata dai brigatisti e descrisse l’efferata violenza con cui i killer spezzarono le vite di Raffaele Jozzino, 25 anni, di Giulio Rivera, 24 anni, di Oreste Leonardi, 52 anni e di Domenico Ricci, 44 anni.

IL GIORNALE L’UNITÁ SUL SEQUESTRO MORO

Sdegno e orrore anche per L’Unità. Il giornale senza mezzi termini condannò i nemici della democrazia e subito parlò di tutte le manifestazioni che da quella mattina del 16 marzo spontaneamente attraversarono l’intero paese. Il quotidiano descrisse l’azione come «un crimine gravissimo, inaudito nella sua ferocia, una vera e propria azione di guerra portata a termine con fredda determinazione».

IL CORRIERE DELLA SERA: «MORO RAPITO, CINQUE UOMINI DELLA SCORTA MASSACRATI. IL PAESE RIFIUTA IL RICATTO DELLE BRIGATE ROSSE»

Il Corriere della sera, attraverso righe di dolore e stupore, marcò quella perfetta organizzazione messa in piedi dalle BR. I terroristi, travestiti da aviatori, rapirono Aldo Moro e furono così meticolosamente in accordo che misero fuori uso il furgone del fioraio che aveva un chiosco nel punto in cui avvenne l’agguato. Anche il Corriere della Sera quel 16 marzo 1978 diede la notizia della richiesta dei brigatisti: barattare la liberazione di Moro con i compagni processati a Torino.

IL MANIFESTO E IL RAPIMENTO MORO

«Aldo Moro rapito. È un colpo di stato. Le camere votano d’urgenza Andreotti. Le Br rivendicano. Operai nelle piazze. La democrazia si difende con la democrazia». Un forte disappunto da parte de Il Manifesto contro l’azione dei brigatisti; incredulità e commenti sulla gravità della situazione.

Le BR, il terrorismo, lotte di piazza e vittime innocenti, i sequestri e il sangue: questo lo spaccato sociale dell’Italia del 1978, un’Italia imprigionata da ali di piombo, immobilizzata nella morsa di una società divisa, confusa, sofferente.

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