sabato, Aprile 20, 2024

Premier di Israele: un voto diretto può sciogliere l’impasse?

Chi sarà il Premier di Israele? Per ora, la partita è aperta. E certo non priva di colpi di scena. All’approssimarsi dello scadere del tempo, il blocco pro Netanyahu sta facendo di tutto per assicurarsi l’occasione di formare il prossimo esecutivo. Anche se ciò significasse cambiare le leggi fondamentali dello Stato, come dimostra il disegno di legge per l’elezione diretta del Primo Ministro. Cosa succederà?

Chi sarà Premier di Israele?

Tra due settimane scadrà il mandato conferito a Netanyahu per istituire un governo, dopo che il voto del 23 marzo non aveva prodotto una maggioranza. Giorno dopo giorno, però, si riducono le possibilità del leader di Likud di formare una coalizione. Ma in suo soccorso potrebbe giungere l’emendamento di Shomrei Sfarad (Shas), il partito che rappresenta gli ebrei ultra ortodossi sefarditi e mizrahì. Il suo leader, Michael Malkiel, dovrebbe presentare oggi un disegno di legge che consentirà l’elezione diretta del prossimo Primo Ministro israeliano. Tutto questo allo scopo di risolvere lo stallo politico in cui si è trovato il paese nel post elezioni. Ma per i media israeliani, il blocco anti Netanyahu si opporrà alla proposta.

La proposta

Secondo Channel 12, il disegno di legge era stato avanzato dal presidente dello Shas, Aryeh Deri, e presentato al premier Netanyahu da Naftali Bennett nel fine settimana. La proposta vorrebbe una consultazione speciale per eleggere il primo ministro e superare così lo stallo politico. In questo modo, si sceglierebbe quale sarà il candidato che dovrà formare l’esecutivo. Per Channel 12, Netanyahu spera che l’iniziativa avrà maggiori chance di essere approvata dalla Knesset di 120 seggi con il sostegno del leader di Yamina. Grazie ai partiti che lo sostengono Netanyahu potrebbe contare già su 52 voti, che diventerebbero 59 con il sostegno di Bennett. Anche se mancherebbero 2 voti per la maggioranza. Ma la manovra viene vista come un tentativo disperato del leader del Likud. Specialmente ora che il tempo stringe.


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Bibi sarà Premier di Israele?

Se Bibi dovesse fallire e non riuscisse a trovare un’accordo di coalizione, il presidente Reuven Rivlin passerebbe l’incarico a Yair Lapid, leader di Yesh Atid. Quindi tornare alle urne potrebbe cambiare la situazione? Purtroppo tale soluzione, pur creativa, non persuade del tutto i detrattori di Netanyahu. Nemmeno tra le forze di destra. Questo è il caso di Avigdor Liberman, leader del partito Yisrael Beytenu, che stamattina ha espresso la sua opinione tramite i social media. Liberman ha ribadito che: “Cambiare le leggi fondamentali su richiesta è sbagliato“. E ha promesso che si opporrà al disegno di legge qualora avvantaggiasse Netanyahu. “Sì per aver cambiato il sistema di governo, no per aver infranto le regole del gioco“, ha twittato il leader di centro-destra.

Premier di Israele a qualunque costo?

Come ha ricordato Liberman, il leader del Likud aveva fatto lo stesso ai tempi della coalizione con il Blu e Bianco di Gantz. L’anno scorso, infatti, si erano emendate le leggi fondamentali per consentire l’avvicendamento della leadership dei due esponenti. Una delle condizioni imposte da Gantz per entrare nella coalizione guidata dal Likud. Riferendosi a Netanyahu, il capo di Yisrael Beytenu ha accusato: “Niente gli ha impedito di trascinare lo Stato di Israele a un quarto turno elettorale non necessario“. In realtà, il punto di disaccordo tra destra e sinistra rimane il processo a Netanyahu. Soprattutto perché implica scelte importanti su questioni fondamentali. Come l’assetto giudiziario e il rapporto tra sistema legale e sistema politico.

I detrattori

Ad Army Radio, il deputato Meir Cohen di Yesh Atid ha spiegato che la Knesset non potrà modificare le regole ogni volta che Netanyahu dovrà formare una coalizione. “Dobbiamo rimanere sotto il chiaro percorso parlamentare“, ha detto. “Faremo tutto ciò che è in nostro potere per stabilire un governo di unità nazionale“. D’altronde, Netanyahu detiene un vantaggio significativo rispetto ad altri candidati come possibile premier di Israele, confermandosi al primo posto nei sondaggi. Del resto, Bibi è il leader del partito che ha ottenuto il maggior numero di voti alle ultime elezioni, nonostante prosegua il procedimento penale a suo carico. Eppure, il blocco di destra pro Netanyahu non è riuscito a ottenere il sostegno necessario per formare un governo. Almeno non finora. Ma come mai?

Cambiano i giocatori

Da una parte, per la strenua opposizione del capo dei religiosi sionisti, Bezalel Smotrich, di formare un governo che si basi sul sostegno di Ra’am (Lista Araba Unita). Dall’altra, per l’obiezione del capo di New Hope, Gideon Sa’ar, di entrare in un governo guidato da Netanyahu. Una posizione rispetto alla quale Sa’ar sembra irremovibile. Del resto, nemmeno il leader della Lista Araba Unita sembra ansioso di tornare con in Likud, anzi. Sa’ar si è allontanato da Netanyahu in modo definitivo, e non tornerà mai più. Quanto al leader di Yesh Atid, Yair Lapid, domenica ha riferito che sarebbe molto sorpreso se il presidente Reuven Rivlin non gli conferisse l’incarico di formare un governo. Anche perché prevede che Netanyahu non riuscirà a costruire una coalizione entro il 4 maggio.


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E il presidente?

Il presidente dello Stato di Israele non è un sostituto del legislatore o della magistratura“, aveva detto Rivlin in un discorso pubblico. “È compito della Knesset decidere sulla questione sostanziale ed etica dell’idoneità di un candidato che deve affrontare accuse penali a servire come primo ministro“, aveva aggiunto riferendosi al processo a Netanyahu. Nondimeno, quando l’unica coalizione possibile è un governo delle minoranze il Presidente non potrà astenersi, anche in una Repubblica parlamentare. Al contrario, Rivlin sarà chiamato a fare la sua parte per superare l’impasse e porre fine a una crisi politica che rischia di minare l’immagine di Israele.

La guerra per diventare Premier di Israele

Di sicuro, lo stallo non verrà superato se non con dei compromessi. Lo dimostrano i colloqui tra esponenti con ideologie diametralmente opposte. Siano essi il leader di Yamina, Naftali Bennett, o quello di Meretz, Yair Golan. Oppure ancora tra il Partito sionista religioso di Itamar Ben-Gvir e Mansour Abbas, leader di Ra’am. “Questa non è una decisione facile sulla base morale ed etica“, aveva ammesso Rivlin. Prima di aggiungere: “Come ho detto all’inizio delle mie osservazioni, lo Stato di Israele non è scontato“. “Ma sto facendo ciò che mi è richiesto come presidente dello Stato di Israele, secondo la legge e la sentenza della corte, realizzando la volontà dell’unico sovrano: il popolo israeliano“. Nel frattempo, gli esponenti del Likud dovrebbero riunirsi lunedì per discutere le possibili strategie nel caso in cui i presidente revochi il mandato a Netanyahu a favore di Lapid o Bennett.


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Netanyahu corteggia gli arabi

Proprio il leader di Yamina, Naftali Bennett, sembra rappresentare la maggior insidia per Netanyahu, che dovrebbe guardarsi alle spalle. Perché se da un parte Bennett sembra disposto a formare una coalizione con il Likud, dall’altra sta mantenendo buoni rapporti con Lapid di Yesh Atid. Una mossa astuta? Può darsi. Quindi, molto dipenderà dall’abilità di Netanyahu di “attrarre” a sé altri esponenti politici. Ad esempio Abbas, il leader della Lista Araba Unita. In effetti, un sondaggio dell’Israel Democracy Institute condotto a marzo ha rilevato come l’opinione pubblica abbia abbandonato la storica diffidenza in merito agli esecutivi sostenuti dai partiti arabi. Se nel febbraio 2020 solo il 23% degli ebrei israeliani avrebbe accettato una coalizione con questi partiti, oggi circa il 44% dell’elettorato ebraico sarebbe disposto a sostenere un governo con questi partecipanti. Mentre l’80% degli israeliani ritiene che l’anno prossimo verranno indette nuove elezioni. Le quinte in tre anni.

Premier di Israele: verso le quinte elezioni?

La forma del prossimo potenziale governo Netanyahu è abbastanza chiara. Al Likud si uniranno gli alleati Haredi Shas e l’ebraismo della Torah unita. Così come il sionismo religioso di estrema destra e il partito Yamina di Naftali Bennett. Il tutto per un totale di 59 seggi alla Knesset, ma non abbastanza per ottenere la maggioranza (61). Pertanto, il primo ministro spera di colmare i due voti di scarto con l’aiuto del Movimento islamico, il partito Ra’am. Sul punto è intervenuto all’ISPI Hugh Lovatt, ricercatore al Middle East and North Africa Program dell’European Council on Foreign Relations (ECFR). Come ha osservato l’esperto: “Indipendentemente da chi alla fine emergerà come prossimo premier di Israele il governo sarà dominato dalla politica di destra“.

Do ut des

Tuttavia, Netanyahu avrà bisogno del voto di Ra’am soltanto per inaugurare il suo nuovo governo e confermarsi il Premier più longevo di Israele. Dal canto suo, Abbas sa di essere usato. Tuttavia, la sua principale preoccupazione non è che Bibi lo tradisca in un secondo momento. Piuttosto, che Netanyahu stia solo flirtando con lui per fare pressioni su Gideon Sa’ar e altri leader di destra affinché si uniscano alla sua coalizione al posto di Ra’am. Pertanto, Abbas ha fretta di assicurarsi che le sue richieste vengano realizzate. Il che spiegherebbe anche l’attacco a Smotrich. Anche se Abbas sta sfruttando appieno il suo momento politico, Smotrich non è sicuro che il Likud sarà così sbrigativo nel liquidare la partnership. Del resto, sarebbe disposto a entrare in una colazione con il Likud, a condizione che non sia Netanyahu il Premier di Israele.

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