Il nome di Pietro Bembo compare a pieno titolo tra quelli che hanno codificato la lingua letteraria italiana. Lo scrittore infatti sceglie il toscano di Dante, Petrarca e Boccaccio quale idioma da utilizzare nella prosa e nella poesia.
Dante Alighieri: il poeta padre della lingua italiana
Perché oggi ricordiamo Pietro Bembo?
Il 18 gennaio del 1547 l’autore degli Asolani muore a Roma, dopo aver concluso e reso in volgare la Storia di Venezia. Questa data offre però l’occasione per portare l’attenzione su una figura della storia della letteratura nazionale. Di formazione umanista, Bembo studia greco, latino e filosofia e frequenta le corti, centri di mecenatismo e cultura. Conosce Aldo Manuzio e collabora con papa Leone X come epistolografo. Le lettere sono uno dei suoi interessi principali e le coltiva avvicinandosi ai poeti stilnovisti e creare le sue opere. A Venezia e Padova svolge incarichi politici e diventa storiografo della Repubblica veneziana.
Alcuni dei suoi lavori
Oltre all’impegno civile, Bembo scrive e ragiona sull’importanza di un’unità linguistica. Rifacendosi ad alcuni esempi del passato, a partire da Cicerone, riprende il modello classico per dare al volgare la dignità letteraria. Proprio lo stile dell’oratore è la base di partenza delle sue opere, come spiega nell’epistola De imitatione. Tra 1506 e 1512 realizza anche le prime versioni delle Rime e delle Prose della volgar lingua. Nella sua ricerca della parola e dell’espressione giusta rielabora per anni gli Asolani, togliendo i tratti padani. Sceglie il fiorentino per la musicalità e lo usa nei suoi componimenti.
Pietro Bembo e la questione della lingua
L’intellettuale propone un paradigma comune da utilizzare al posto del latino nella scrittura. Invece, Baldassar Castiglione suggerisce di utilizzare le parlate delle corti pure nella produzione letteraria. L’idea di Bembo ottiene maggiore consenso e influisce sulle scelte delle generazioni seguenti di autori. Nelle Prose della volgar lingua spiega quindi di recuperare il toscano e di rifarsi agli autori del Trecento nello scrivere. Fornisce poi le regole grammaticali del volgare unitario, rendendolo così una lingua adatta anche ai testi aulici.