Pasolini fu un artista della penna amato ed odiato! Una storia controversa e discutibile!
«Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili in Italia.» P. P. Pasolini
Ironia della sorte, oggi 2 novembre, festività commemorativa dei defunti, ricorre l’anniversario della morte di uno dei personaggi italiani più controversi della storia della etteratura italica.
Pier Paolo Pasolini nato a Bologna nel 1922, vive una vita piuttosto movimentata, i continui trasferimenti a causa del lavoro del padre saranno per lui fonte di aricchimento e spunto per le sue future opere.
I suoi interessi spaziavano dalla letteratura al cinema facendone delle attività lavorative. I suoi scritti raccontano di un progressivo aumento dei suoi tormenti interiori, del suo prendere coscienza del suo orientamento sessuale e del suo “degenerare” durante i rapporti portandoli fino all’estremo.
Ma Pasolini era un poliedrico e tormentato artista di carta e penna, un uomo che usava i suoi versi per sfogarsi e buttarci dentro se stesso quanto più possibile. Il suo pensiero costituì un caso isolato nel suo tempo. Le sue idee espresse sulla società italiana furono radicali e, spesso, in controtendenza ed è per questo che fu spesso demonizzato dai suoi contemporanei.

La Morte
Il 2 novembre fu ucciso, a quanto pare, da un giovane diciassettenne che, in base al suo racconto, sarebbe stato adescato dal poeta che gli avrebbe offerto dei soldi in cambio di un rapporto. Ma anche qui le teorie sono diverse, si dice che, in quegli anni, per via della piega che si stava prendendo (attentati, minacce, sequestri etc), non sarebbe poi così strano se Pasolini fosse stato ucciso da un sicario. Anche recentemente, nel 2010, Veltroni fece riaprire il caso per cercare di scoprire la verità, ma nel 2015 fu chiuso nuovamente per mancanza di elementi da esaminare.
Li osservo, questi uomini, educati
ad altra vita che la mia: frutti
d’una storia tanto diversa, e ritrovati,
quasi fratelli, qui, nell’ultima forma
storica di Roma. […]
Sono usciti dal ventre delle loro madri
a ritrovarsi in marciapiedi o in prati
preistorici, e iscritti in un’anagrafe
che da ogni storia li vuole ignorati…
Il loro desiderio di ricchezza
è, così, banditesco, aristocratico.
Simile al mio. Ognuno pensa a sè,
a vincere l’angosciosa scommessa,
a dirsi: “é fatta”con un ghigno di re…
La nostra speranza è ugualmente ossessa;
estetizzante, in me, in essi, anarchica.
Al raffinato e al sottroproletario spetta
la stessa ordinazione gerarchica
dei sentimenti: entrambi fuori dalla storia
in un mondo che non ha altri varchi
che verso il sesso e il cuore
altra profondità che nei sensi.
In cui la gioia è gioia, il dolore dolore.