martedì, Aprile 23, 2024

Pena di morte nel 2020: il rapporto di Amnesty International

Amnesty International ha diffuso il suo rapporto sulla pena di morte nel mondo. Secondo quanto emerge dal rapporto, l’Egitto ha triplicato le esecuzioni rispetto all’anno precedente, mentre in Arabia Saudita sono diminuite. La Cina ha utilizzato la pena di morte per punire reati relativi alle misure di prevenzione della pandemia. L’amministrazione Trump ha portato a termine 10 esecuzioni in meno di sei mesi. Il rapporto evidenzia anche un aspetto positivo: per il terzo anno consecutivo è stato registrato il più basso numero di esecuzioni in 10 anni.   

Pena di morte nel 2020: cosa dice il rapporto di Amnesty?

Amnesty International ha diffuso il suo rapporto sulla pena di morte nel mondo. Il rapporto evidenzia che, sebbene ci sia una tendenza globale verso la diminuzione dell’uso della pena di morte, alcuni Stati hanno eguagliato se non addirittura aumentato il numero di esecuzioni. Amnesty sottolinea che questi Stati hanno mostrato un disprezzo per la vita umana proprio mentre l’attenzione del mondo era concentrata sulla protezione delle persone dal coronavirus, un virus mortale.  

Il rapporto afferma che, escludendo gli Stati che considerano i dati sulla pena di morte un segreto di Stato come la Cina, Corea del Nord, Siria e Vietnam, nel mondo si sono registrate 483 esecuzioni in 18 Stati. Si tratta di un decremento del 26% rispetto al 2019 e il 70% in meno rispetto al picco di 1634 esecuzioni del 2015. Il rapporto sottolinea che si tratta di uno dei dati più bassi di esecuzioni registrati in almeno un decennio. Il calo è dovuto a una riduzione in alcuni Stati e, in minor parte, a sospensioni di esecuzioni a causa della pandemia di coronavirus.

L’Arabia Saudita ha visto un netto calo della pena di morte. Le esecuzioni sono infatti diminuite dell’85% (27 contro le 184 del 2019). In Iraq sono invece diminuite del 50% (45 contro 100), mentre nessuna esecuzione ha avuto luogo in Bahrein, Bielorussia, Giappone, Pakistan, Singapore e Sudan.

In quali Stati sono cresciute le esecuzioni?

Il rapporto di Amnesty evidenzia che tra gli Stati che sono cresciute le esecuzioni vi è l’Egitto. In Egitto sono infatti triplicate le esecuzioni rispetto agli anni precedenti; ci sarebbero state almeno 107 esecuzioni. Tra queste almeno 23 hanno riguardato casi di violenza politica e sono state precedute da processi irregolari. Il numero più altro di esecuzioni si è verificato i Iran (246). In Iran, nel 2020, la pena di morte è stata usata più frequentemente come arma di repressione politica contro i dissidenti, manifestanti e appartenenti alle minoranze etniche.

Gli USA sono l’unico stato delle Americhe ad aver eseguito condanne a morte. A luglio l’amministrazione Trump ha ordinato la prima esecuzione federale degli ultimi 17 anni e cinque Stati hanno eseguito sette condanne a morte. Il rapporto evidenzia che la Cina in almeno un caso ha applicato la pena di morte per reati relativi alle misure di prevenzione della pandemia. Infine, il Medio Oriente è l’unica regione del mondo dove vi sono state esecuzioni di donne: nove in Iran, quattro in Egitto, due in Arabia Saudita e una in Oman.

Il numero di condanne a morte e diminuito del 36%

A livello globale, il numero delle condanne a morte note, almeno 1477, è diminuito del 36 per cento rispetto al 2019. Amnesty International ha registrato tale calo in 30 dei 54 Stati dove sono state emesse condanne alla pena capitale, in diversi casi a causa di ritardi e rinvii nei procedimenti giudiziari a causa della pandemia da Covid-19. Hanno fatto eccezione l’Indonesia, con un aumento del 46 per cento rispetto alle condanne del 2019 (117 contro 80) e lo Zambia (119 condanne contro 101), che ha segnato il record nell’Africa subsahariana.


Leggi anche: Amnesty International: non è tutto oro ciò che luccica

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