Oxfam a Gaza: sale l’allarme dove la guerra ha fatto strike

Migliaia di famiglie sono senza acqua o elettricità

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Oxfam lancia l’allarme a Gaza. Undici giorni di bombardamenti. Un bilancio drammatico. Nonostante la tregua, la guerra non è ancora finita nell’enclave. Lì, migliaia di famiglie sono senz’acqua e elettricità. Ma scarseggia anche il carburante, indispensabile per l’accesso all’acqua e per il funzionamento delle apparecchiature sanitarie.

Oxfam lancia l’allarme a Gaza?

Appena una ventina di chilometri separano Gaza City da Ashkelon. La prima è uno dei centri più popolati della Striscia. Nel Nord della piccola enclave palestinese. La seconda è una città portuale israeliana, a Sud dello Stato ebraico. Entrambe sono state un bersaglio dei belligeranti. Si è trattato del più intenso conflitto dal 2014. Negli undici giorni di bombardamenti, Hamas ha lanciato in maniera indiscriminata centinaia di razzi contro Israele. Molti dei quali caduti nel territorio dell’enclave perché difettosi. Mentre Israele ha risposto con i raid dei suoi caccia F-35 dell’aviazione militare. Questo è quanto hanno in comune, Gaza City e Ashkelon. Per undici giorni infiniti, la popolazione ha vissuto nel terrore. Su i due fronti, però, le cicatrici lasciate dalla guerra sono differenti. Come denuncia Oxfam.

Oxfam a Gaza: com’è la situazione?

In Israele, le sirene hanno avvertito la popolazione dell’arrivo dei missili. Di questi, circa il 90% dei razzi sono stati intercettati dal sistema di difesa missilistica Iron Dome. La cupola di ferro, come viene chiamato. A Gaza, la storia è molto diversa. La piccola enclave non può contare su nessuno di questi sistemi. Oltretutto, la recente offensiva ha solo aggravato una situazione già critica. A Gaza, la popolazione era stremata ben prima del conflitto. Laila Barhoum, policy adviser di Oxfam a Gaza, ha spiegato: “Gli oltre 2 milioni di palestinesi che vivono confinati nella Striscia hanno sopportato il peso di tre conflitti negli ultimi 10 anni”. E racconta: “Siamo stanchi e abbiamo paura. Giorno dopo giorno guardiamo le bombe cadere sulle case dove vivono e lavorano i nostri amici, familiari, colleghi, chiedendoci se saremo i prossimi”.


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Oxfam a Gaza: emergenza

Sul campo, la popolazione a Gaza riferisce che la situazione è instabile e imprevedibile. A Oxfam, alcune persone hanno raccontato che “Non esiste un posto sicuro a Gaza“. “Qualsiasi edificio potrebbe essere preso di mira. Non sappiamo se toccherà a noi o no“. Circa 400.000 persone non hanno accesso alla fornitura regolare di acqua e tre dei principali impianti di desalinizzazione di Gaza sono stati “gravemente colpiti” dai bombardamenti. “Ognuno dei 2.1 milioni di persone che vivono nella Striscia di Gaza è stato colpito dai bombardamenti israeliani che hanno causato 240 vittime, distrutto o danneggiato 258 edifici contenenti quasi 1.042 case e uffici commerciali e devastato servizi pubblici vitali“. Lo ha riferito Shane Stevenson, direttore di Oxfam nei Territori palestinesi occupati. Mentre altri 100.000 palestinesi risultano sfollati.

Oxfam a Gaza: la mancanza d’acqua

Secondo Oxfam, oltre 2 milioni di persone stanno affrontando le ripercussioni della guerra. A Gaza, meno del 4% dell’acqua è potabile. L’acqua del mare è inquinata dalle falde reflue. Anche le sorgenti acquifere sotterranee, scese di 10 metri sotto il livello del mare, sono soggette alla stessa contaminazione. Secondo le stime dell’ong, le malattie legate all’acqua contaminata rappresentano il 26% delle patologie infantili riscontrate nell’enclave. In questo contesto, circa un terzo dei nuclei familiari non ha accesso alla rete idrica. “L’acqua è doppiamente importante“, ha riferito Paolo Pezzati. Policy adviser per le emergenze umanitarie di Oxfam. In particolare, la disponibilità di acqua pulita è fondamentale per salvare milioni di vite. Soprattutto in una delle aree più densamente popolate al mondo.

Come di elettricità

Assieme all’acqua, molte famiglie non avranno accesso all’igiene di base. Non solo. L’accesso all’acqua dipende anche dal carburante per l’elettricità, per pompare acqua pulita dai pozzi nelle case. “L’acqua potrebbe essere disponibile per un’ora, ma non avremo elettricità per pompare l’acqua al serbatoio sul tetto. Restiamo svegli tutta la notte a cercare l’acqua per riempire i secchi di plastica“, ha detto a Oxfam una testimone. Ma non è tutto. Come riferisce Oxfam sul suo portale: “A volte succede che l’unica centrale elettrica funzionante si blocchi a causa della mancanza di carburante e la situazione diventa insostenibile, perché anche il sistema idrico rimane senza energia per poter funzionare”.


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Oxfam a Gaza: il blocco

Una situazione che è peggiorata dopo che le autorità israeliane hanno bloccato l’ingresso del carburante, utile ad alimentare l’unica centrale elettrica presente nel territorio. “Il blocco di Israele inoltre limita fortemente l’importazione di materiali, rendendo estremamente difficile sviluppare infrastrutture idriche e sanitarie sufficienti“, denuncia l’organizzazione. Ad esempio, meno del 16% della strumentazione che sarebbe necessaria a costruire infrastrutture idriche raggiunge Gaza. Nell’enclave, le forniture di corrente sono solo per 3-4 ore al giorno. Non abbastanza per il funzionamento delle apparecchiature mediche, che sono al collasso. Non solo per il numero di persone che ha necessitato del ricovero ospedaliero. Ma anche a causa dei bombardamenti, che hanno distrutto edifici e strutture essenziali.

Emergenza sanitaria

Il tutto mentre continua l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di COVID-19, che interessa tutta la regione. A Gaza e in Cisgiordania si registrano oltre 30.000 casi positivi. Sono oltre 3.700 le vittime. “Ci sono solo 97 letti di terapia intensiva e ventilatori a Gaza. Tuttavia la mancanza di energia rende le poche terapie intensive disponibili praticamente inefficaci”, avverte Oxfam. Mentre i vaccini scarseggiano e tardano ad arrivare. Al momento, si registrano solo 34.500 vaccinati su 2 milioni di persone. Meno del 2% della popolazione.


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Oxfam a Gaza: le attività commerciali

Le conseguenze nefaste della guerra colpiscono anche alle attività commerciali. Come riporta Oxfam, molte piccole imprese sono in crisi dopo la campagna di bombardamenti. Soprattutto per le interruzioni di energia elettrica o a causa del crollo degli edifici che ospitavano i loro uffici. Secondo l’ong, anche i pescatori stanno subendo le conseguenze del conflitto. Perché le autorità hanno negato loro l’accesso a una zona di pesca comune. Si stima che circa 3.600 pescatori non abbiano un reddito giornaliero, e dispongano di cibo appena sufficiente per il loro sostentamento. “Ora è fondamentale soddisfare i bisogni umanitari immediati delle persone. Ma Gaza non può ricostruire senza affrontare le cause profonde del conflitto“, ha chiarito Stevenson.


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La situazione nei Territori occupati

I palestinesi dei Territori Occupati vivono una costante condizione di oppressione e discriminazione in quello che di fatto è diventato uno stato di polizia israeliano“, scrive l’ong sul suo portale. “A Gaza si vive in stato di assedio, una trappola da cui le persone non possono fuggire per salvarsi. A Gerusalemme Est e in molte aree della Cisgiordania vi è il rischio quotidiano di essere letteralmente cacciati di casa, come parte dello sforzo governativo a sostegno dei coloni, il cui scopo è allontanare i palestinesi dalle loro terre. Tutte queste sono palesi violazioni del diritto internazionale“. Pertanto, la comunità internazionale dovrà intervenire al più presto. In particolare, garantendo un’azione politica concreta per risolvere un conflitto che dura ormai da troppo tempo.


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Stop alla guerra a Gaza

Mi raccomandano di stare al sicuro durante i bombardamenti ma come faccio?“, racconta un testimone a Gaza. E ancora. “Non ho un rifugio antiaereo, né posso scappare perché siamo circondati da muri di cemento armato per tre lati e dal Mediterraneo per il quarto, è questa la realtà che forse al resto del mondo sfugge. Non si possono più usare due pesi e due misure quando si tratta di condannare l’uccisione dei nostri cittadini e proteggere i diritti umani”. Secondo Paolo Pezzati di Oxfam, “Oggi assistiamo all’ennesimo fallimento della comunità internazionale di proteggere la dignità e i diritti umani dei palestinesi“. “Dobbiamo interrompere questo circolo vizioso di conflitti seguiti da tregue e impegni di aiuto umanitario, che sono solo palliativi per ferite tanto profonde”.

Una soluzione è possibile?

Solo “Affrontando le cause dell’ingiustizia e della violenza subite sotto l’occupazione, potremo dire di essere fuori da questo buco nero”, osserva Pezzati. Nel frattempo, il segretario di Stato Usa Anthony Blinken si è recato in Medio Oriente mercoledì. L’alto funzionario terrà colloqui urgenti con i leader palestinesi e israeliani che riguarderanno gli sforzi umanitari e di ricostruzione. Benché le parole siano importanti, non saranno sufficienti. Dal canto suo, la comunità internazionale avrà il dovere di condannare le violazioni dei diritti umani e della legge internazionale. Senza mezzi termini e ovunque siano commesse. Mentre i governi dovranno agire con coraggio per affrontare una situazione in corso da decenni.


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Il punto

Se la violenza non potrà essere la soluzione, gli sforzi diplomatici dovranno sfociare in una risoluzione della “questione palestinese”. Altrimenti, non si farà altro che assistere all’ennesima campagna di bombardamenti. Le cui ripercussioni saranno sofferte prima di tutto dai civili. Soprattutto anziani, donne e bambini.