venerdì, Marzo 29, 2024

Oriana Fallaci, prima corrispondente donna di guerra, segna una nuova era nel giornalismo italiano

Oriana Fallaci muore, sconfitta da “l’alieno”, il cancro ai polmoni che la divorava da anni, il 15 settembre 2006 nella sua città natale, Firenze. Giornalista di prima linea in tutti gli avvenimenti mondiali dagli anni sessanta del novecento, tra cui la guerra in Vietnam, fino a quelli del ventunesimo secolo, primo tra tutti l’attentato alle Torri Gemelle nel 2001, la stessa ha raggiunto la fama internazionale per il proprio spirito indomito, libero e inarrestabile che ha segnato l’era di un nuovo giornalismo.


Vi sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa, e parlare diventa un obbligo. Un dovere morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre.


Gli anni della Resistenza e l’esordio nel giornalismo

Nata il 29 giugno 1929 a Firenze da genitori antifascisti, Oriana fu coinvolta dal padre nella resistenza con il compito di staffetta, per portare munizioni da una parte all’altra dell’Arno. Si unì alle Brigate Giustizia e Libertà vivendo sulla propria pelle gli orrori della guerra fin da piccola, tra cui la tortura subita dal padre per mano dei nazisti nel 1944. Conseguita la maturità classica e spronata dallo zio giornalista Bruno Fallaci, Oriana esordì come giornalista al “Mattino dell’Italia centrale”, scrisse poi per il settimanale “Epoca” e nel 1951 pubblicò il suo primo articolo per l’Europeo.

Gli anni sessanta e i primi grandi reportage che segnarono la rivoluzione femminile nel giornalismo

La rivoluzione femminile portata avanti da Oriana coincide con l’inizio dei suoi grandi viaggi e la stesura dei suoi reportage. Primo tra tutti il reportage sulla condizione delle donne in Oriente racchiuso nel libro “Il sesso inutile“, primo grande successo editoriale della scrittrice. Alla vigilia dello sbarco sulla luna Oriana vive molti giorni con gli astronauti della NASA e riporta ogni singola emozione che trasudava da quell’ambiente nel libro “Se il sole muore“.

A segnare la sua carriera, la sua vita e il giornalismo italiano per sempre sarà però il Vietnam nel 1967, in cui lei stessa si recò in qualità di prima giornalista italiana,donna, corrispondente di guerra. Con addosso la divisa verde militare su cui a mano aveva cucito “press” e con in testa l’elmetto da guerra, per anni Oriana si fece prepotentemente spazio tra luoghi da tempo solcati, osservati e analizzati solamente da uomini. Con spirito indomito ha saputo raccontare gli orrori della guerra da una prospettiva completamente nuova : quella femminile.

Un uomo: Alexandros Panagulis

Una delle più grandi storie d’amore che segnò la vita della Fallaci fu quella con Alexandros Panagulis, leader dell’opposizione greca al regime dei Colonnelli, fu perseguitato, incarcerato e torturato. Oriana incontrò questo personaggio carismatico e ribelle, molto simile a suo padre antifascista, nel giorno della sua stessa scarcerazione e rimarrà sua compagna di vita fino al giorno della sua misteriosa morte, avvenuta il primo maggio 1976.

Per la Fallaci l’incidente mortale del compagno non è stato altro che un omicidio politico per mano di quei politici che il tre maggio Panagulis avrebbe dovuto incastrare in Parlamento. La coppia subì inoltre un aborto spontaneo di cui la Fallaci parlerà in forma romanzata nel libro ” Lettera a un bambino mai nato” , libro che fece quasi cinque milioni di copie in tutto il mondo.


Oriana Fallaci, “sulle donne, la parola alle donne”


Lo spirito ribelle contro l’ Islam

Da donna ribelle, coraggiosa, indomita, libera e solitaria, Oriana disprezzava i regimi islamici e la loro tirannica mentalità. Paralizzante è stata la sua intervista a Khomeini, guida suprema dell’Iran dal 1979 al 1989, nella quale la giornalista apostrofò l’ayatollah come “tiranno” e nella quale si tolse il chador, capo che era stata costretta a indossare in presenza di Khomeini, dopo che lo stesso, in seguito alle incalzanti domande sulle donne dell’Iran, aveva risposto che fosse simbolo delle donne per bene e che se non le andava bene poteva toglierselo.

Dopo il gesto ribelle della Fallaci l’ayatollah lasciò la stanza e continuò l’intervista il giorno successivo. Dopo l’11 settembre 2001 la Fallaci dichiara intellettualmente guerra alle politiche islamiche nel pamphlet “La rabbia e l’orgoglio“, in cui dichiara che l’attentato alle Torri Gemelle era solo un preannuncio dell’islamizzazione del mondo occidentale portata avanti dalle “dissennate politiche immigratorie”. Per questo suo pensiero così radicale sul fronte islamico fu sia odiata che amata, soprattutto da fazioni di destra.

15 settembre 2006: muore Oriana Fallaci

L’ Alieno , come lei chiamava il suo stesso cancro, stava mangiando il suo corpo ormai da anni, quando Oriana trovò la pace il 15 settembre 2006 nella sua Firenze accompagnata da monsignor Rino Fisichella. «Voglio morire nella Torre dei Mannelli guardando l’Arno dal Ponte Vecchio . Era il quartier generale dei partigiani che comandava mio padre, il gruppo di Giustizia e Libertà. Azionisti, liberali e socialisti. Ci andavo da bambina, con il nome di battaglia di Emilia. Portavo le bombe a mano ai grandi. Le nascondevo nei cesti di insalata».

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