giovedì, Marzo 28, 2024

Nucleare iraniano pressioni su Biden: sale la tensione (Video)

Il nucleare iraniano non si arresta a costo di compromettere le relazioni diplomatiche. Da mesi Teheran sollecita il ritorno degli attori internazionali al tavolo per discutere il programma nucleare. E fa pressioni sul neoeletto presidente Biden. L’urgenza sarebbe motivata dalle imminenti elezioni presidenziali che interesseranno l’Iran il prossimo giugno. Vediamo in dettaglio la situazione alquanto delicata.

Il nucleare iraniano si farà?

Teheran è convinta di attuare il programma nucleare iraniano. L’unica incertezza è il quando. Intanto, le autorità sciite si mostrano sempre più insofferenti col passare del tempo. Secondo alcuni analisti politici tra cui l’Ispi, l’Iran starebbe facendo pressioni sul nuovo inquilino della Casa Bianca nella speranza che Washington ritiri le sanzioni economiche che hanno messo in ginocchio l’economia del Paese. Ma a Teheran basterà fare la voce grossa per rilanciare le trattative? O questo atteggiamento aggressivo e dispotico servirà solo a infastidire la comunità internazionale? Eppure, stando all’adagio popolare “la fretta è cattiva consigliera”. E proprio le miopi pretese di Teheran potrebbero minare le possibilità di giungere a un accordo confacente per le parti. Specialmente dopo che il nuovo presidente aveva aperto al dialogo già all’indomani della sua nomina.

Cambio di guardia?

In effetti Joe Biden si era mostrato favorevole a rispolverare le trattative avviate nel 2015 sotto l’amministrazione Obama. Il che è tutto dire per un presidente noto per la sua riservatezza. Nel suo primo giorno allo Studio Ovale, Biden aveva promesso che avrebbe superato la politica di “massima pressione” dei repubblicani. Mentre in un’intervista al New York Times il democratico aveva ribadito che gli Usa sarebbero tornati a tavolo delle trattative (abbandonato da Trump nel 2018) qualora l’Iran si fosse impegnato a rispettare alla lettera il Jcpoa. Inoltre, l’accordo del 2015 avviato da Barack Obama sarebbe stata la base da cui ripartire per i negoziati successivi. Nel caso Teheran accetti di adempiere alla sua parte, Washington avrebbe ritirato le sanzioni. Sempre al NYT Biden aveva riconosciuto che “il modo migliore di raggiungere una qualche stabilità nella regione” sarebbe stato affrontare il programma nucleare iraniano.


Iran, Zarif spera nel ritorno degli Usa all’accordo sul nucleare


Jcpoa sì, Jcpoa no

D’altra parte, le autorità sciite non hanno mai fatto segreto della loro posizione sul Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA). In italiano Piano d’azione congiunto globale (PACG), o Accordo sul nucleare iraniano. Si tratta dell’accordo internazionale siglato a Vienna il 14 luglio 2015 tra Iran, Unione europea e cinque membri permanenti delle Nazioni Unite più una, la Germania. Prima che gli Stati Uniti si sfilassero sotto l’amministrazione Trump, l’accordo provvisorio avrebbe posto le basi per lo sviluppo del programma nucleare di Teheran. Da parte sua, l’Iran avrebbe dovuto eliminare le proprie riserve di uranio a medio arricchimento. Oltre a ridurre del 98% le riserve di uranio a basso arricchimento e di due terzi le sue centrifughe a gas per i successivi tredici anni. Mentre per quindici anni Teheran avrebbe potuto arricchire l’uranio fino al 3,67%. Infine, non avrebbe potuto costruire alcun reattore nucleare ad acqua pesante.

Do ut des

In cambio, Teheran avrebbe ottenuto la sospensione delle sanzioni economiche imposta da Usa, Ue e Consiglio di sicurezza dell’Onu della risoluzione 1747. Provvedimento adottato con voto unanime il 24 marzo 2007. A Teheran però i termini dell’accordo sono sempre andati “stretti”, come testimoniano le sempre più frequenti trasgressioni avvenute nel corso degli anni. Soprattutto dopo il cambio di guardia a Washington. In particolare l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), che avrebbe monitorato e verificato il rispetto delle condizioni, ha denunciato numerose violazioni.


Iran produce uranio metallico violando gli accordi


Tirare la corda paga?

Il portale OilPrice.com che cita fonti vicine alla nuova amministrazione democratica ha riferito che le clausole stabilite nel 2015 saranno essenziali per qualsiasi futuro patto. Infatti, “Formeranno la base della rinegoziazione del JCPOA da parte dell’amministrazione Biden con l’Iran”. Tuttavia, il portale ha ipotizzato che Teheran possa aver fatto i conti senza l’oste riguardo alla reazione di Washington alle pressioni. Da quanto si legge sul sito una fonte dell’industria petrolifera e del gas iraniana avrebbe riferito: “L’Iran ha pensato di annunciare una serie di mosse apparentemente molto pericolose nel periodo precedente alla presa del potere di Biden“. “In realtà tali mosse possono essere annullate molto rapidamente senza alcun vero danno“. Inoltre, l’atteggiamento di Teheran “Non cambierebbe la versione dell’accordo JCPOA concordata dall’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama”.

Le clausole imprescindibili secondo OilPrice

  • La sicurezza delle truppe statunitensi dall’Iran o gli attacchi sponsorizzati dall’Iran in Iraq e altrove.
  • La sicurezza e l’incolumità di Israele.
  • Il legame inestricabile tra il programma di arricchimento nucleare dell’Iran e il suo programma di missili balistici. In quest’ultimo caso, il team di Biden deve chiarire assolutamente – e non c’è spazio per modifiche – che l’Iran non deve costruire, importare, mantenere, tenere o testare alcun missile balistico con una gittata superiore a 2.000. chilometri. Ciò preclude efficacemente tutti i missili balistici a “raggio intermedio”, ovvero quelli con una portata compresa tra 3.000 e 5.500 km, inclusi, in modo cruciale, elemento militare del suo accordo di 25 anni con la Cina.

Nucleare iraniano: Teheran fa i capricci?

Infatti cosa ne guadagnerebbe l’Iran da un braccio di ferro con la comunità internazionale? In realtà uno degli obiettivi di Teheran è riavviare il dialogo con gli Usa come ha spiegato Annalisa Perteghella, Iran Desk dell’Ispi, a Formiche.net. Oltre che scrollarsi di dosso il peso delle sanzioni economiche occidentali. Anche se l’analista ha ammesso che: “È possibile che Teheran utilizzi questa strada come forma di pressione verso Washington. Un modo per abbinare vari dossier e dire che se non verranno alleggerite le sanzioni si continuerà ancora con l’arricchimento”. Ad ogni modo, questo non rassicura certo i Paesi affacciati sul Golfo Persico che seguono con attenzione ogni mossa della Repubblica islamica.

Le resistenze al nucleare iraniano

Comunque la si voglia vedere, la questione del programma nucleare iraniano preoccupa soprattutto i Paesi limitrofi che vorranno ottenere lo stesso. Ad esempio Arabia Saudita, Turchia ed Egitto. Oltre che i Paesi affacciati sul Golfo Persico. Soprattutto dopo che Teheran ha comunicato all’Aiea di procedere con l’arricchimento delle scorte di uranio a una soglia quasi sei volte superiore a quella del 3,67% definita nell’accordo 2015. La decisione sarebbe stata presa in conformità a “una recente legge approvata dal Parlamento” che farebbe caducare il ruolo ispettivo dell’Aiea. E spingerebbe l’arricchimento al 20%, un livello suscettibile di utilizzo militare. Come ad esempio lo sviluppo di armamenti nucleari. Sebbene il principale oppositore allo sviluppo del programma nucleare iraniano resti Israele.


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Il commento dell’Ispi

Iran e Stati Uniti hanno assunto una postura politica per rientrare nel grande piano negoziale, sono però da vedere modi e tempi, perché il fattore tecnico è cruciale”, ha spiegato Nicola Pedde a Formiche.net, che parla da direttore dell’Institute of Global Studies e da massimo esperto italiano di Iran. Ma anche il fattore tempo sarà essenziale, come ha osservato Axios. Difatti, la Repubblica islamica è a un bivio: muoversi prima o dopo le elezioni presidenziali iraniane previste il prossimo giugno? Secondo Pedde Teheran non ha molto margine di scelta: “La finestra temporale è aperta adesso, perché innanzitutto l’Iran potrebbe arrivare a un livello di arricchimento troppo in là da complicare i colloqui”. A seguito dell’abbandono statunitense, infatti, gli iraniani hanno avviato il meccanismo di violazione reversibile concesso dall’intesa. E ricominciato l’arricchimento oltre le soglie consentite.

La soluzione di Pedde

Per sfruttare la “finestra temporale stretta”, Pedde ritiene che le autorità a Teheran stiano cercando di risolvere la questione Jcpoa prima della campagna elettorale iraniana. Infatti, in un recente comunicato il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Saeed Khatibzadeh ha ripetuto che: “Il patto nucleare non ha bisogno di essere rinegoziato“. Quindi secondo l’esperto dell’Ispi: “Gli Stati Uniti dovrebbero usare il meccanismo dei waiver (concessioni a tempo) per allentare sanzioni sul commercio degli idrocarburi all’Iran e fare il primo passo“. “A quel punto smuoverebbero il gioco anche nella politica iraniana che si troverebbe costretta a rispondere pragmaticamente“, ha concluso.


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Nucleare iraniano a chi la prima mossa?

Pertanto la Repubblica islamica accoglierebbe l’Unione nel ruolo di mediatore a patto che gli europei prendano “le distanze dalla misure illegali e inumane dell’ex presidente Donald Trump“. In conferenza stampa Khatibzadeh aveva soggiunto: “Aspetteremo che le altre parti (dell’accordo sul nucleare) compiano le azioni opportune e ritornino a rispettare i propri impegni. Solo allora noi seguiremo la strada del ritorno ai nostri obblighi“. In pratica, il funzionario ha ribadito quanto affermato dalla Guida suprema, Ali Khamenei, ossia che Teheran si aspetta che siano gli Stati Uniti a sbloccare l’impasse. Poi, il portavoce ha precisato: “L’Iran ha mantenuto il cammino aperto affinché gli Usa e l’Europa compensino le violazioni del passato e ritorno a mantenere i propri impegni“. Ad ogni modo, la linea Biden resta la stessa.

La dichiarazione di Biden

Dal canto suo, Biden ha commentato: “L’ultima dannata cosa di cui abbiamo bisogno in quella parte del mondo è un accumulo di capacità nucleare“. Dunque, sembra che i democratici in consultazione con alleati e partner siano intenzionati a impegnarsi in “negoziati e accordi successivi per rafforzare e allungare i vincoli nucleari all’Iran” sulla produzione di materiale fissile. Oltre ad affrontare il programma missilistico e l’influenza regionale che esercita con i propri gruppi militari e alleati in Siria, Libano, Yemen e Iraq. In effetti, il neoeletto presidente ha avvertito come Washington disponga sempre dello strumento sanzionatorio che potrebbe ripristinare in qualsiasi momento. E a suo piacere. Del resto, di questo l’Iran è profondamente consapevole.

La firma sul nucleare iraniano: Vienna 2015

Qui, il sito ufficiale IAEA.

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