venerdì, Marzo 29, 2024

Non siamo solo ciò che mangiamo siamo ciò che ricordiamo: la memoria

La “memoria” è tutto, ed è ancora poco quello che si conosce. Per la collettività la memoria è fondamentale, ma nella vita del singolo individuo è solo un’illusione e una deviazione del sé. La neuroscienza, che ha sempre concentrato tanti sforzi sul comprendere come funzionano i ricordi, ultimamente ha rivolto gli sforzi a come dimenticare.

La memoria: è il tempo?

Se crediamo di avere una memoria infallibile perché ricordiamo numeri, date e vari eventi, siamo in errore. La nostra memoria è assolutamente malleabile e addirittura durante i nostri sogni, il cervello la adatta alla versione più utile. “La storia si ripete” : bisognerebbe dare più attenzione a questa frase. E’ la nostra memoria che ci pilota senza che noi possiamo accorgercene. Chiudere a chiave l’auto, spegnere il gas e altri gesti che quotidianamente ripetiamo, non richiamano la nostra memoria perché, sono in realtà automazioni stesse della nostra memoria. Succede parimenti nelle nostre scelte e nel definirci come persone: utilizziamo ciò che siamo stati nel modo più comodo.

Mente: la cognizione

La professoressa Signy Sheldon della McGill University in Canada è costantemente impegnata nelle aree di ricerca quali la Cognizione e neuroscienza cognitiva e le Neuroscienze comportamentali. Si è concentra sulla comprensione di come e perché ricordiamo eventi ed episodi. Usa esperimenti comportamentali, lavora con pazienti e tecniche per scoprire il ruolo dell’ippocampo e delle strutture cerebrali correlate nella memoria.

Come ricordiamo

L’ippocampo contribuisce alla memoria formando tutte le associazioni legate ad un evento (la data, altri eventi associati, il luogo, gli odori, le sensazioni, etc). Il lavoro della Prof. Sheldon è quello di carpire il modo in cui l’ippocampo consulta altre aree del cervello a supporto della memoria. Ciò vuol dire che la nostra memoria non è affatto un archivio, ma lo diviene nel momento in cui cerchiamo di ricordare. Evochiamo i nostri ricordi secondo necessità e secondo una personale maniera e questo spiega il motivo per il quale, ricordando un litigio con qualcuno è molto probabile litigare di nuovo, perché la memoria di ognuno viene richiamata in modo diverso.

Memoria: imparare dormendo

Hanno avuto senso le notti trascorse con le cuffie per imparare meglio la lezione di storia o di inglese? Non è dato ancora sapere, ma certamente male non fa. Mentre dormiamo il nostro cervello, decide quali sono i ricordi che meritano di essere conservati nella memoria e quali no. Bob Stickgold della Harvard Medical School, a seguito di vari studi è arrivato alla conclusione che “durante il sonno non REM (non profondo), la corteccia accoglie i ricordi a lungo termine, cioè libera lo spazio in modo che si possa continuare ad apprendere nuove informazioni. Insomma, la memoria subisce un’evoluzione durante il sonno ed è per questo che è importante un sonno ininterrotto”. 

Il sonno

E quando non riusciamo a dormire, ma continuano a venirci in mente episodi, discorsi o immagini che ci hanno scosso? Non riuscire a smettere di pensare, in presenza anche di piccoli traumi nella nostra vita, comporta che il nostro cervello non smette di memorizzare senza riuscire a distinguere quali dati fissare nella memoria. Da uno studio condotto un pò di anni fa, sembrerebbe che la privazione immediata del sonno nei soggetti con disturbo post traumatico da stress, porterebbe benefici a lungo termine. Infatti non dormendo nell’immediato, i ricordi stentano a consolidarsi e con essi la risposta emotiva nel rievocare le scene traumatiche.

Come dimenticare

Studi condotti dalla Columbia University Medical Center a New York e della McGill University a Montreal, hanno portato già da tempo a consolidare un’ipotesi importante. Quando nella vita un avvenimento traumatico ci sconvolge, il nostro cervello “registra tutto”. Registra sia le informazioni essenziali associate e anche quelle collaterali che a noi in realtà potrebbero sembrare superflue. Sono proprio queste informazioni/ricordi apparentemente non attinenti, che scatenano malesseri come ansia e panico e sono dovuti alla memoria non associativa. Si può trattare di un odore, di un oggetto, di una condizione meteo etc.

Memoria: ricercatori impegnati a comprendere

I ricercatori sono impegnati nello sviluppare farmaci che cancellino in modo selettivo la memoria. Farmaci di questo tipo permetterebbero di curare le persone affette da disturbo da stress post traumatico eliminando gli aspetti delle memorie che causano manifestazioni di ansia incontrollabile e immotivata senza influire su altri importanti ricordi degli eventi passati. Secondo alcune correnti di pensiero, un po’ in contrapposizione con la farmacologia, più che dimenticare, bisognerebbe accogliere e sapere. Se si soffre di un’ansia o di panico apparentemente immotivati sarebbe bene chiedersi il perché. Associando i ricordi all’evento traumatico diverrebero facenti parte della memoria associativa eliminando così il disturbo invalidante. In conclusione verrebbe da chiedersi: ma se il nostro cervello continua le sue elaborazioni durante il sonno, potrebbero i nostri sogni essere delle risposte logiche ai dati immagazzinati?

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