Questo governo è sostenuto da praticamente tutte le forze presenti in parlamento, ma è sbagliato pensare che sia un’alleanza tra loro, piuttosto, come abbiamo già scritto, una presa di posizione obbligata, dato anche l’irrazionale consenso di cui sembra godere il nuovo premier.
Lega e PD (e Forza Italia) possono coesistere in tutta tranquillità, in quanto non sarà una sintesi (peraltro improbabile) dei loro programmi a costituire l’agenda politica di Draghi.
Le prese di posizione ispirate a questa apparente, forzata convivenza, sono solo di facciata.
Italia Viva e la Lega
Italia Viva è nominalmente parte della maggioranza, ma quanto mai superflua, data l’esiguità di suoi parlamentari.
La strategia di Renzi nell’affossare il governo Conte è stata quella del giocatore di scacchi che, chiuso all’angolo, rovescia il tavolo con tutte le pedine: non una vittoria, ma una mossa disperata che lo tiene a galla, capiremo nel tempo quanto e soprattutto per fare cosa.
La Lega, anche se i consensi la legittimano come primo partito, ha anch’essa una rappresentanza relativa in parlamento. La giravolta europeista non ha convinto nessuno, figuriamoci il nuovo presidente del Consiglio, che accetterà i suoi voti senza nessun vincolo di mandato.
Il Movimento 5stelle
Il Movimento 5stelle – che insiste nella commedia del voto popolare a legittimazione delle proprie scelte – ha aderito alla maggioranza grazie alla presa di posizione di Beppe Grillo, in ombra ma sempre pronto ad intervenire per colmare il vuoto di potere e di idee del suo partito.
L’esperienza della legislatura dimostra che il consenso coagulato attorno alla protesta non è sufficiente per esprimere una linea di governo. La rappresentanza dell’interesse pubblico è fatta di idee e valori condivisi, non semplicemente della somma di interessi particolari.
PD, LeU e la destra
PD e LeU (che a certe condizioni potrebbero anche riprendere in mano l’ipotesi di una riunificazione) hanno un’occasione per decidere finalmente chi vogliono essere, facendo tesoro della fallimentare esperienza di coabitazione con forze centriste e ricominciando a guardare, con decisione, a sinistra.
Il resto non merita più di una citazione. La giravolta della Lega ha reso il consenso effimero (e mai verificato alle urne) della destra, moneta fuori corso. Che voti o meno la fiducia a Draghi, il partito della Meloni può aspirare solo al ruolo di stampella dei suoi alleati tradizionali, e non sarà questa mossa a fargli guadagnare consensi a scapito di Salvini o Berlusconi.
l partiti nel nuovo governo
Ci sono nomi che hanno suscitato perplessità; figure di spicco dei partiti che sostengono Draghi che pochi si aspettavano: ma occorre prestare attenzione al loro ruolo per comprendere il peso all’interno dell’esecutivo.
Brunetta, Gelmini e Carfagna (Forza Italia), Dadone e D’incà (5stelle), Bonetti (Italia Viva), Stefani e Garavaglia (Lega) sono ministri senza portafoglio.
Più importante appare il riuolo del PD che ottiene il lavoro (Orlando), la difesa (Guerini) e la cultura (Franceschini) – e l’alleato Speranza (LeU) che mantiene la continuità dell’azione a contrasto della pandemia. Di Maio è confermato agli esteri, ed è l’unico dei 5stelle ad avere un ruolo di primo piano.
Tecnici e figure di garanzia
I ministeri che avranno un ruolo prevalente nella gestione dei fondi europei sono stati scelti da Draghi: Franco all’economia, Colao all’innovazione tecnologica, Giovannini alle infrastrutture, Cingolani all’ambiente, più Giorgetti, numero due della Lega, vicino alle imprese del Nord e da sempre favorevole ad uno stretto rapporto con la UE. Quattro tecnici ed un politico.
Altri ministeri-chiave sono stati affidati a figure di garanzia: Lamorgese agli interni e Cartabia alla giustizia, Bianchi all’istruzione, Messa all’università. Nessuno di loro è un politico, ma un esponente di alto livello nel proprio ambito professionale.
Pur garantendo la rappresentanza dei partiti che lo sostengono, l’agenda di governo non sarà frutto di un impossibile compromesso tra forze incompatibili, ma si concentrerà sull’obiettivo di gestire i capitali messi a disposizione dall’Unione Europea, forte della stima di cui godono lo stesso Draghi e i tecnici da lui designati.
A conti fatti, forse nessuno meglio di un commissario ad acta avrebbe poturo gestire questa partita; e ciò rappresenta una sconfitta per la politica e per la coscienza civile dei cittadini incapaci di esprimerla.
Un’occasione per la politica e per i cittadini
Potrebbe essere questa un’occasione per i partiti di ripensare quelli che sono i loro compiti di tradurre le istanze collettive in politiche concrete; per promuovere valori anzichè intercettare consensi.
Ma anche per i cittadini per riflettere sulla loro capacità di trovare una coesione solo attraverso un voto di protesta o la rappresentanza di interessi particolari, perchè questa stagione di pragmatismo economico sia lo strumento per realizzare una società davvero migliore, dove #sostenibilità #inclusione #diritti siano non più solo parole, ma fatti.