giovedì, Aprile 18, 2024

Netanyahu critica Bennett: sale la tensione con Teheran

Benjamin “Bibi” Netanyahu torna all’attacco e critica il suo successore Naftali Bennett. Secondo l’ex Premier, ora all’opposizione, il dialogo costante (e morboso?) con gli alleati d’oltreoceano sarebbe deleterio per la risposta dello Stato ebraico verso i suoi nemici. Come a dire: in guerra ognuno pensi per sé. E, soprattutto, non riveli le proprie strategie. Che Israele soffra lo scacco degli Usa? O tema soltanto una riconciliazione tra Washington e Teheran? Specialmente in vista di un imminente accordo nucleare?

Netanyahu critica Bennett?

Non dovremmo informare gli americani di tutto quello che facciamo contro l’Iran”. Così ritiene Benjamin Netanyahu, l’ex Premier più longevo dello Stato ebraico che ora guida l’opposizione. Un compito che il leader conservatore adempie con zelo, dopo una sconfitta elettorale rimastagli indigesta. Nonostante alle consultazioni del 23 marzo il suo Likud avesse ottenuto più seggi rispetto alle altre formazioni, Netanyahu ha dovuto cedere lo scettro al suo ex protetto, nonché franco tiratore, Naftali Bennett. Proprio il leader di Yamina, che servirà come Primo ministro del governo del cambiamento fino a settembre 2023, è spesso oggetto delle critiche al vetriolo di Netanyahu. In particolare, Bibi ha biasimato la “politica senza sorprese” promessa a Washington dal nuovo pot pourri al gabinetto dello Stato ebraico. Specialmente perché potrebbe compromettere l’azione di Israele contro i suoi nemici. Tra cui il rivale atavico: l’Iran.

La dichiarazione

Durante un’accesa discussione alla Knesset, il Parlamento monocamerale israeliano, Netanyahu ha affermato che il successo delle sue politiche anti-Teheran nell’epoca in cui era Premier, deriva dall’aver tenuto all’oscuro i presidenti d’oltreoceano sulle operazioni israeliane in Medio Oriente. Come riporta il Times of Israel, il leader di destra ha spiegato che: “Le informazioni inviate in America potrebbero essere divulgate ai principali media e in questo modo le nostre operazioni verrebbero ostacolate“. “Ecco perché nell’ultimo decennio ho rifiutato le richieste dei presidenti americani di informarli sempre delle nostre azioni“, ha chiarito Netanyahu. E ancora. “Questo è un problema esistenziale per Israele, in cui potrebbero esserci sorprese e talvolta le sorprese sono necessarie“. Insomma, una logica cristallina. Almeno per Bibi.


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Netanyahu critica Bennett “senza sorprese”

In effetti, una tale (cieca) collaborazione nelle relazioni bilaterali implica che Israele informi con anticipo Washington di qualsiasi operazione programmata dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF) nei confronti della Repubblica islamica. Il che si traduce, nell’ottica di Netanyahu, in una minaccia alla sicurezza di Israele. A tal proposito, l’ex Primo ministro ha osservato che il governo di Bennett “ci ha trasformato in una sorta di protettorato con l’obbligo riferire tutto quello che facciamo“. Come ha fatto notare il leader di Likud, “Se non abbiamo indipendenza su questa materia, non abbiamo alcuna indipendenza“. Il tutto mentre a Vienna sono ripresi i negoziati per il JCPOA: il programma nucleare iraniano.

La questione iraniana

Nei mesi scorsi, le autorità sioniste hanno mostrato una preoccupazione crescente riguardo alla ripresa dei colloqui nella capitale austriaca. Difatti, non è un segreto che lo Stato ebraico osteggi un accordo internazionale che permetta a Teheran di arricchire uranio. Sulla scorta dei molteplici appelli lanciati, è chiaro che Israele ne tema l’utilizzo a fini militari. Come lo sviluppo di un’arma atomica. Anche per questo, l’Iran ritiene che siano proprio le IDF israeliane le uniche responsabili dei recenti attacchi ai danni della Repubblica islamica. Tra cui l’assassinio dell’autorevole scienziato nucleare, Mohsen Fakhrizadeh, e il sabotaggio all’impianto nord-orientale di Natanz. Oltre che al raid che aveva colpito una petroliera iraniana. Tutti atti che si considerano diretti a minare le capacità nucleari dell’Iran.


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Nemici amici

Se non un nemico in senso stretto, dunque, gli Usa rappresentano quantomeno un ostacolo. Per Netanyahu, infatti, una cieca collaborazione con Washington porterà l’amministrazione statunitense a divulgare informazioni ai media. Il tutto allo scopo di manipolare lo Stato ebraico. In questo senso, Netanyahu ritiene che l’amministrazione Biden sfrutterà la buona volontà di Israele a suo vantaggio, in particolare per sventare un attacco contro l’Iran. D’altronde, le tempistiche con cui Netanyahu ha diramato il suo messaggio non lasciano spazio a dubbi. A ben vedere, seguono alla discussione tra i massimi funzionari statunitensi e israeliani in materia di sicurezza regionale, in cui hanno affrontato la “minaccia iraniana” dopo il recente attacco alla petroliera MV Mercer Street. In merito, le autorità sioniste avevano prontamente accusato la Repubblica islamica di aver ordinato l’attacco. Mentre gli alleati occidentali hanno promesso ritorsioni contro Teheran, il governo sciita esclude ogni coinvolgimento nell’attentato.

Netanyahu critica Bennett perché conviene

Per la prima volta dopo anni, Netanyahu ha esposto la sua visione del mondo. E lo ha fatto con la spietatezza di un leader che assapora la vendetta nel caos che lo circonda. Oltre a Bennett, Bibi ha criticato anche il ministro degli Esteri Yair Lapid, prossimo Premier di Israele. Il quale mette in pericolo lo Stato ebraico impegnandosi a informare con anticipo gli Stati Uniti su qualsiasi azione militare che Israele potrebbe intraprendere contro l’Iran. Eppure, Netanyahu pecca di onestà. Perché durante il suo regno, alti funzionari israeliani avevano concordato con Washington nei colloqui relativi al dossier nucleare iraniano che non ci sarebbero state “sorprese” sulla questione. Piuttosto, che gli eventuali disaccordi sarebbero stati affrontati a porte chiuse, come conferma una fonte interna. Ora cos’è cambiato?


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Lama a doppio taglio

A questo punto, si potrebbe considerare la campagna personale di Bibi come una battaglia al jihadismo che avviluppa il Medio Oriente. O almeno è così che la vede Netanyahu. Al di là delle recenti ostilità tra Israele e Hamas, oltre che dell’eterno conflitto palestinese, l’ex Premier avverte che Israele si trova in una regione “che è stata presa dall’estremismo islamico“. Il quale “Sta abbattendo paesi, molti paesi”. “Bussa alla nostra porta, a nord e a sud“, ha osservato il leader dell’opposizione. Attenzione, però. Se da una parte Netanyahu ha condannato la politica della trasparenza come una strategia suicida per lo Stato ebraico, dall’altra ha dimenticato come la stessa sia stata utilizzata a beneficio di Gerusalemme. In passato, infatti, ha rappresentato uno scudo per Israele. Soprattutto, consentiva alle autorità sioniste di rimanere aggiornate sulle eventuali aperture statunitensi nei riguardi della Repubblica islamica.

Do ut des

A marzo, quando Netanyahu era Premier, l’allora ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi riferiva che Israele e l’amministrazione democratica di Joe Biden avevano concordato una politica di “senza sorprese”. Ad aprile, lo confermava a NBC News anche il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. In tutto ciò, Netanyahu era ancora in carica. “Crediamo, profondamente e appassionatamente, nell’assicurarci che noi e Israele non abbiamo una politica senza sorprese, che stiamo comunicando tra di noi su una base futura, in modo da avere una migliore comprensione“, diceva Sullivan. “Quanto a ciò che l’altra parte intende fare rispetto a tutta una serie di questioni di sicurezza nella regione“, riferiva il funzionario statunitense.


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Il punto

Ma non finisce qui. Se nel 2011 Jeffrey Goldberg scriveva su Bloomberg che Netanyahu sembrava essersi rifiutato di impegnarsi a ragguagliare Washington sulle operazioni israeliane, nel 2014 la questione pareva risolta. Quell’anno, infatti, il quotidiano di sinistra Haaretz riportava che: “Un alto funzionario israeliano ha affermato che Israele e gli Stati Uniti hanno un’intesa che richiede una politica ‘senza sorprese’ nel quadro degli attuali negoziati tra l’Iran e le sei potenze, che si svolgono nel tentativo di raggiungere un accordo definitivo sul programma nucleare iraniano“. Non solo. “Come parte di questa intesa, gli Stati Uniti hanno informato Israele in anticipo del suo piano per tenere colloqui bilaterali diretti con l’Iran a Ginevra questa settimana“.

Perché Netanyahu critica Bennett

Dunque, le tempistiche non vanno sottovalutate. I commenti di Netanyahu, infatti, sono giunti ​​dopo che il primo ministro Naftali Bennett si è scagliato contro il suo predecessore per aver “lasciato dietro di sé una scia di caos”. Anche, e soprattutto, per quanto riguarda la questione iraniana. Quindi, il “principio di nessuna sorpresa” dell’ex ambasciatore Michael Oren “equivale a un virtuale veto di Netanyahu su qualsiasi cosa il governo degli Stati Uniti possa contemplare di fare o su Israele“. Così scriveva Bernard Avishai sul New Yorker, nel 2015. Pertanto, l’attacco di Netanyahu appare l’ultimo guizzo di un animale all’angolo. E ferito.


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