Tutti la vogliono, tutti la sognano, tutti ci credono, e dopo tutto, tutti ci sperano.
Dagli oriundi sudamericani agli emigrati italiani sparsi in tutto il globo, la Nazionale resta la squadra più amata; il mondiale l’evento più significativo per appassionati e calciatori professionisti.
L’Italia ne ha vinti quattro e, dal 1934, ha quasi sempre garantito la sua partecipazione.
In questi giorni sono state pubblicate le prime pagine dei quotidiani sportivi risalenti all’eliminazione per la mancata qualificazione al Mondiale di Svezia 1958.
Momento tristissimo che la Nazionale ha ampiamente superato nel corso di altri decenni, guadagnandosi altre pagine storiche e la riconoscenza mondiale meritata in campo nelle successive edizioni.
Campioni che hanno regalato emozioni uniche per chi l’ha ammirate dal vivo o davanti alla tv, che rimarranno scolpite nella memoria molto più di quei passi falsi tanto lontani e tanto temuti nelle ultime ore.
Le dichiarazioni di Florenzi, con le quali ha chiarito le premesse dal punto di vista dell’approccio, possono sembrare esagerate e troppo cariche emotivamente, perché cuore e gambe sono importanti, ma la testa e la ratio lo è ancor più.
Ma se è vero che lui, Ventura, il capitano Buffon, De Rossi, tutti loro e tutti noi, non vediamo l’ora di giocare le due gare, è altrettanto importante rimanere dentro la partita proprio con la testa, evitando di concedere situazioni di gioco che potrebbero far spendere energie preziose in vista della gara di ritorno.
180 minuti che, per esperienza, per prestigio e per gli sforzi del movimento calcistico italiano, bisogna assolutamente giocare con il massimo impegno, dimostrando di valere quanto le altre nazioni già qualificate alla fase finale.
Ora non contano i moduli, serve carattere e qualità tecnica, determinazione e concentrazione, per superare il play-off con la Svezia, iniziando a proiettarci verso una nuova avventura: in Russia, per il Mondiale del 2018.