Un piccolo organismo, abbastanza comune negli habitat acquatici, sembra in grado di mangiare e scomporre le microplastiche che ingerisce.
Uno studio pubblicato su Nature dimostra come, tramite vari esperimenti e osservazioni, alcuni gammaridi, simili a minuscoli gamberetti,siano in grado di scomporre i frammenti di polietilene una volta ingeriti.
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Chi è il mangia plastica
La specie oggetto di questi studi, è Gammarus duebeni. Diffuso nelle acque dolci di laghi e fiumi o nelle acque salmastre degli estuari dell’Europa Nord Occidentale.
I gammaridi sono tanto diffusi nell’ambiente quanto poco conosciuti.
Allevati spesso in acquacoltura come alimento per alcuni animali (ad esempio sono gammaridi i famosi “gamberetti” per tartarughe d’acqua) in natura colonizzano vari ambienti acquatici. Principalmente si tratta di detrivori che svolgono la funzione di spazzini contribuendo ai processi di decomposizione.
Più piccolo non vuol dire meno pericoloso, anzi
Questa capacità di scomporre le microplastiche, a quanto pare comune anche ad altri organismi, getta le basi per nuovi studi sulla degradazione delle plastiche nell’ambiente.
Infatti, sebbene la notizia di un piccolo animale capace di digerire e scomporre la plastica possa sembrare una nota positiva, in realtà tale scoperta complica le cose.
Questo perché più le particelle di plastica vengono frammentate e rimpicciolite, più risultano dannose per gli organismi.
Per tanto tempo gli studi si sono soffermati sui danni causati all’ambiente e agli animali dalle macroplastiche, ovvero quelle visibili ad occhio nudo. Ma poco si sa ancora sugli effetti delle loro particelle più piccole.
Le pericolosissime nanoplastiche
Le nanoplastiche, come quelle prodotte dai gammaridi di cui parlavamo prima, in seguito alla frammentazione delle microplastiche, posso causare danni anche a livello cellulare. I pesci esposti a queste particelle, ad esempio, dimostravano danni al sistema nervoso e
alterazioni del comportamento.
Quindi, seguendo il percorso delle catene alimentari, le nanoplastiche si muovono tra i vari organismi, fino ad arrivare perfino a quelli di cui ci nutriamo.
Inoltre, come accennato prima, dato che accumuli di tali sostanze in alcuni animali sembrano determinarne cambiamenti comportamentali è chiaro come anche le interazioni dirette e indirette tra le varie specie possano essere compromesse.