Mauro De Mauro, il giornalista che fece tremare la mafia e la politica italiana

Quest’oggi si celebra l’anniversario della nascita di Mauro De Mauro, uno dei più brillanti giornalisti italiani che indagò coraggiosamente ed indefessamente sulle cosche mafiose, in particolare Cosa Nostra, e sulla criminalità organizzata e gli intrighi politici che durante gli anni di attività del giornalista si macchiavano di crimini efferati e di indicibili iniquità.

Mauro De Mauro

Particolarmente attento allo studio delle dinamiche che portarono alla morte di Enrico Mattei, per il De Mauro avvenuta non accidentalmente per il noto incidente aereo che lo vide vittima nei cieli di Bascapè, in provincia di Pavia, ma per mano omicidiaria, e agli eventi del Golpe Borghese, Mauro De Mauro fu uno strenuo protagonista del giornalismo italiano degli anni più duri e atroci della Repubblica Italiana, ossia quelli caratterizzati dal libero scorrazzare della mafia, protagonista non solo di sanguinosi attentati ma anche della sottomissione di alcune importanti e potenti gerarchie politiche, e dagli anni di piombo, terribili momenti che crearono il collasso dell’unità sociale nel nostro Paese che in quei tempi si sentiva scollato da un’organizzazione stabile in molti se non in ogni settore del sistema civile e rappresentativo.

Biografia

Mauro De Mauro nacque a Foggia il 6 settembre 1921, la sua infanzia venne perciò segnata dal ventennio fascista nel quale il futuro giornalista sarà immerso fino alla maggiore età. Figlio di un chimico e di un’insegnante di matematica sostenne il Partito Nazionale Fascista ed allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, al termine della quale aderì alle spoglie del PNF incarnate dalla Repubblica Sociale Italiana, si arruolò volontario militando nella X flottiglia MAS comandata proprio da quel Junio Valerio Borghese artefice del futuro tentativo di golpe avvenuto tra il 7 e l’8 dicembre del 1970 del quale il De Mauro, al tempo della gioventù fedele amico del capitano, si suppone sapesse, conoscenza che da quanto si ritiene abbia portato alla scomparsa del giornalista, e molto probabilmente ad una sua esecuzione.

Junio Valerio Borghese

Assunto a gradi più elevati fu sottotenente a Trieste nelle campagne contro gli sloveni e lo si vede protagonista a Roma quale vicequestore di pubblica sicurezza al fianco del criminale di guerra Pietro Caruso e dei capitani nazisti Priebke e Kappler, mandanti delle stragi delle Fosse Ardeatine. Catturato dai partigiani a Milano e rinchiuso nel campo di prigionia antifascista di Coltano, presso il comune di Pisa, fu processato per danni e crimini di guerra per essere infine assolto in cassazione con formula piena dopo numerose vicissitudini giudiziarie.

Enrico Mattei

Trasferitosi a Palermo con i genitori ed il fratello, il noto linguista Tullio De Mauro scomparso recentemente, lavorò presso le redazioni siciliane de Il Tempo di Sicilia, Il Mattino di Sicilia e L’Ora con le quali firmò numerosi ed importanti articoli. In quegli anni, era il 1962, seguì da vicino le vicende che portarono alla morte del fondatore e presidente dell’ENI Enrico Mattei che secondo De Mauro e una buona parte dell’opinione pubblica, compreso il regista Francesco Rosi che con le inchieste del giornalista girò il film Il caso Mattei che uscì nel 1972, esattamente dieci anni dopo il decesso dell’imprenditore, venne assassinato per affari legati alla mafia con la quale, per motivi geografici e professionali il giornalista non poteva non entrare in contatto, e, come si scoprì successivamente, per cause connesse anche alla minaccia di Borghese. Secondo quanto riferito da Tommaso Buscetta che a colloquio con i magistrati Falcone e Borsellino quindici anni dopo l’omicidio De Mauro confermò le caratteristiche dell’organizzazione mafiosa di cui già nel 1937 il giornalista venne a conoscenza per bocca del pentito Melchiorre Allegra, prima esclusiva assoluta della composizione della cupola mafiosa quella rilasciata al De Mauro dall’Allegra, il giornalista aveva i giorni contati per essersi esposto nel definire e pubblicare i segreti di Cosa Nostra:

“De Mauro era un cadavere che camminava. Cosa Nostra era stata costretta a perdonare il giornalista perché la sua morte avrebbe destato troppi sospetti, ma alla prima occasione utile avrebbe pagato anche per quello scoop. La sentenza di morte era solo stata temporaneamente sospesa”

Anche se a convalida dell’affermazione dell’uccisione di De Mauro non ci sono prove sicure sopra ogni ragionevole dubbio che le corti tribunalizie abbiano raccolto come tali, la probabilità, confermata quasi con assoluta certezza dalle parole di un diretto ed interno protagonista della cosca di Cosa Nostra, che il giornalista sia stato rapito dalla mafia, cattura avvenuta mentre il De Mauro rientrava nelle sua abitazione di Palermo, tragico avvenimento che ha una strabiliante similitudine con l’omicidio di Borsellino e con molte altre morti provocate per mano di associazioni mafiose, anarchiche o brigatiste, evidentemente soluzioni minatorie e di eliminazione tipiche delle società criminali almeno di quegli anni, può considerarsi ragionevolmente indiscutibile. Catturato da uomini sconosciuti e fatto salire in auto alla svelta cercando di non attirare l’attenzione, da quanto affermato dalla figlia che fu testimone del rapimento, l’uomo non fu mai ritrovato, di lui non si hanno nemmeno le spoglie.

Eugenio Cefis

Le indagini sulla sparizione e sul presunto omicidio, dalle quali si giunse ad nulla di fatto, portarono alla quasi assoluta certezza sull’intromissione di Cosa Nostra, considerata colpevole dell’assassinio prima dai carabinieri comandanti da Carlo Alberto dalla Chiesa in seguito ad indagini sul traffico di stupefacenti, poi dalla polizia seguita da Boris Giuliano per ricerche correlate al caso Mattei. Elemento significativo che fece decidere alla magistratura di proseguire l’inchiesta vertendo su quest’ultimo movente fu il fatto che il giorno stesso del suo rapimento dal cassetto dell’ufficio del giornalista sparirono alcune pagine di appunti e un nastro registrato con l’ultimo discorso tenuto da Mattei a Gagliano Castelferrato. Ciò che al contrario venne trovato presso il suo ufficio furono vari appunti nei quali il giornalista citava i nomi di dirigenti ENI e di alcuni esponenti politici siciliani, oltre ad un taccuino con su scritto “Colpo di stato! Colpo di Stato continuato – Uomini anche mediocri ma di rottura – La guerra è un anacronismo”, considerata la prova regina del presunto collegamento della morte di De Mauro con il golpe Borghese rispetto al quale in giornalista ne sapeva la volontà d’attuazione prima dell’effettivo accadimento. Il difficile compito della magistratura era a questo punto conoscere le dinamiche dei fatti e le circostanze economiche, politiche e di favoritismo che legavano a doppio filo Cosa Nostra, ENI e Borghese.

Tommaso Buscetta

I procedimenti continuarono con una serie di ulteriori prove a carico e altri testimoni e imputati, tra i quali presenziarono il ministro Roberto Tremelloni, l’avvocato e imprenditore Vito Guarrasi e Graziano Verzotto, ovvero il presidente dell’Ente Minerario Siciliano la cui posizione non era delle migliori poiché probabilmente in un primo momento le forze dell’ordine avrebbero considerato il Verzotto quale figura ponte tra mafia ed ENI, che continuavano ad essere auditi in aula anche dopo che si indicò Eugenio Cefis, consigliere AGIP e successore di Mattei all’ENI, quale mandante dell’omicidio. Molte furono le discussioni in seno alla magistratura e tra gli intellettuali, politici e politologi, quali per esempio la convinzione che il De Mauro fosse stato eliminato per motivazioni intrinseche ai giochi di potere tra le tre principali forze protagoniste indagate in quest’amara vicenda, cioè la mafia, l’ENI e le mire di Borghese, oppure per motivi collegati alla mafia e all’ENI o, al contrario, per le meschine esigenze di esclusiva provenienza dall’elemento Borghese, pensiero espresso, quest’ultimo, dal critico e storico Giorgio Galli il quale sottolineò, appoggiandone le ipotesi, che la procura di Pavia mettesse in risalto come il caso De Mauro potesse risultare più opportunamente collegato al golpe Borghese che non al caso Mattei. Anche se sempre tenendo conto delle dichiarazioni di Buscetta che così si esprimeva sul caso de Mauro

Il rapimento di Mauro De Mauro […] è stato effettuato da Cosa Nostra. De Mauro stava indagando sulla morte di Mattei e aveva ottime fonti all’interno di Cosa nostra. Stefano Bontade venne a sapere che De Mauro stava avvicinandosi troppo alla verità, e di conseguenza al ruolo che egli stesso aveva giocato nell’attentato, e organizzò il prelevamento del giornalista in via delle Magnolie. De Mauro fu rapito per ordine di Stefano Bontate che incaricò dell’operazione il suo vice Girolamo Teresi […]. Era stato spento un nostro nemico e si dette per scontato che Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti e Luciano Liggio avessero autorizzato l’azione”

l’ipotesi del mandato mafioso rimase continuamente al vaglio degli inquirenti, grazie all’udienza con un altro collaboratore di giustizia, Antonio Calderone, cominciava a delinearsi un quadro più chiaro sul rapporto tra mafia e Borghese, infatti come dichiarato dal Calderone, la sparizione di De Mauro faceva parte di una serie di azioni eversive attuate da esponenti mafiosi in relazione al golpe Borghese in cui si poteva inquadrare anche l’uccisione del procuratore Pietro Scaglione.

Salvatore Riina

Purtroppo ad oggi il caso si è chiuso senza un movente chiarito né con la condanna del mandante o dell’esecutore materiale del delitto, anche se in seguito alle dichiarazioni del collaboratore Francesco Di Carlo nel 2001 la Procura di Palermo riaprì le indagini, e nel 2006 l’unico imputato per l’omicidio era Salvatore Riina, che il Di Carlo dichiarava, con la connivenza di Gaspare Mutolo, avergli fatto confidenze sul sequestro ed omicidio di De Mauro che sarebbe stato attuato per volere di Borghese o di alcuni della sua cerchia con la complicità di Cosa Nostra, e sul quale il mafioso Rosario Naimo detto Saruzzo dichiarò, in discrepanza con le ammissioni di altri collaboratori di giustizia:

“De Mauro fu portato a fondo Patti, in una proprietà dei Madonia. C’era Totò Riina ad attenderlo. Il giornalista fu subito soppresso e gettato in un pozzo”

Ma il processo, ancora una volta per mancanza di prove certe, vide l’assoluzione in primo grado del boss. Sicuramente, non lo si potrà negare, il De Mauro è stato la vittima di una morsa troppo soffocante, che tra oscuri intrighi politici e speculativi ha combattuto da solo quale primo vero precursore della lotta alla mafia che ha visto protagonisti i caparbi amici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Falcone e Borsellino

Forse ancora troppo impreparato alla mentalità mafiosa e alle dinamiche dell’intrigo imprenditoriale e finanziario, nonché messo di fronte ad un tentativo di golpe mai tentato prima in Italia per lo meno al tempo della Repubblica, il De Mauro, giornalista di primo piano e di trincea, ha dovuto subire le ingerenze di un potere oppressivo e vendicativo. Ma il suo tentativo di migliorare il Paese rendendo giustizia ed esponendosi come portavoce dei diritti, forse anche per riscatto personale dalle colpe di cui si macchiò in gioventù, non è stato certo dimenticato né dai concittadini né dalle forze della magistratura che grazie alle sue indagini ha fatto importanti passi avanti nella lotta alla mafia e nella costituzione di soluzioni che possano far fronte alla complessa ed organizzata questione dell’associazionismo criminale.

Alessandro Pallara
Alessandro Pallara
Nasce a Ferrara nel marzo del 1996. Ha studiato sceneggiatura presso la Scuola Internazionale di Comics di Padova. Tuttora collabora come volontario supervisore del patrimonio artistico culturale con l'associazione Touring Club Italiano nella città di Bologna.

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