A cent’anni dal massacro di Tulsa, Oklahoma, l’America torna a fare i conti con il razzismo sistemico. Il massacro venne a lungo dimenticato, solo nel 1997 gli storici iniziarono a parlarne. Oggi verrà ricordato ufficialmente e per la prima volta dalla Casa Bianca. Sono infatti attesi sul luogo della strage il presidente Joe Biden e sua moglie Jill. L’America riuscirà a voltare pagina?
Massacro di Tulsa: il ricordo dopo cent’anni
Sono passati cent’anni e gli USA si preparano a fare i conti con il massacro di Tulsa. Era la notte tra il 31 maggio il primo giugno del 1921 quando una folla inferocita di bianchi uccise almeno 300 afroamericani. Quella spaventosa carneficina venne a lungo dimenticata. Gli storici iniziarono a parlarne solo nel 1997. Quest’anno, nel 100° anniversario, verrà ricordata ufficialmente e per la prima volta anche dalla Casa Bianca. Oggi il presidente Joe Biden e sua moglie Jil si recheranno nella cittadina dell’Oklahoma teatro della strage.
Cosa successe il 31 maggio 1921?
Ora Tulsa è considerata una delle città più povere d’America, ma un tempo non era così. Tulsa era infatti la capitale dell’industria petrolifera nascente. La comunità afroamericana locale era una delle più ricche del Paese, tanto che il loro quartiere, Greenwood, era soprannominato “Black Wall Street”. Ma quella terribile notte di cent’anni fa cambiò il corso della storia. A scatenare il terribile massacro fu banale incidente avvenuto il 30 maggio tra Dick Rowland, 19enne afroamericano di professione lustrascarpe, e Sarah Page, una 17enne bianca che faceva l’operatrice in un ascensore. Page lavorava in un edificio dove c’era l’unico bagno pubblico della città per le persone di colore. Secondo la ricostruzione dell’Oklahoma Historical Society, Rowland, dovendo andare in bagno, prese l’ascensore e qui incontrò Page. Sembrerebbe che Rowland abbia pestato inavvertitamente un piede alla ragazza. La giovane emise un grido, la gente accorse e i due scapparono.
La mattina del 31 maggio un giornale locale scrisse che “un negro aveva aggredito una ragazza” e un editoriale incitò la popolazione bianca a linciarlo. La sera del 31 maggio la comunità bianca prese alla lettera le parole del giornale e si radunò davanti al tribunale per cercare Rowland e linciarlo. La situazione degenerò. I bianchi invasero Greenwood radendo al suolo 35 isolati di case, chiese, negozi, laboratori artigianali, studi professionali, teatri e ospedali. Quella notte vennero anche uccisi almeno 300 afroamericani. L’intera popolazione nera della città, circa 10 mila persone, fu costretta a fuggire.
L’America e il razzismo sistemico
L’opinione pubblica accettò la ricostruzione proposta dalle autorità locali secondo cui a Greenwood i neri si erano fossero contro i bianchi causando dei disordini. Il massacro di Tulsa rimase ignorato fino alla fine degli anni Sessanta quando Don Ross, politico e giornalista afroamericano nato a Tulsa, fondò un giornale che pubblicò alcuni articoli riguardo al massacro. Nel 2000 un’inchiesta parlamentare bipartisan attribuì la responsabilità dei disordini ai bianchi. A cent’anni di distanza l’America si trova di nuovo ad affrontare il problema del razzismo sistemico. La società americana è più divisa che mai e la polarizzazione sta mettendo in pericolo la democrazia.
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