Il 23 luglio alle 18 inaugura a Palazzo Chigi-Albani di Soriano nel Cimino la mostra Cielo incluso con le opere di Maria Grazia Tata e le fotografie di Salvatore Di Vilio. L’esposizione è accompagnata dal testo e dalla consulenza storico-antropologica del ricercatore indipendente Massimiliano Palmesano. Realizzata con la collaborazione del Comune e di Raffaella Lupi della Galleria Sinopia Eventi di Roma sarà visitabile fino al 28 agosto.
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A cosa hanno lavorato gli artisti Maria Grazia Tata e Salvatore Di Vilio?
Il testo di Massimiliano Palmesano illustrano i temi del progetto. “Ci sono alcuni luoghi in cui gli dèi custodiscono ancora il loro arcaico potere. Dimensioni dove, parafrasando Talete, le cose sono piene di dèi. Come due sciamani, Maria Grazia e Salvatore hanno esplorato tali dimensioni portando con loro le immagini delle divinità. Le percezioni annotate sul diario dell’esplorazione tra sacro e fantastico hanno plasmato la mostra Cielo incluso. L’iniziativa è il risultato della suggestione tra le opere dell’artista e lo sguardo del fotografo che hanno tracciato una cartografia delle dimensioni abitate dagli dèi. Con riferimento alle figure che nei Pantheon sono indicate “minori”, ma non perché meno importanti di altre. Semplicemente sono deputate a aspetti più intimi e quotidiani. Il filologo e storico delle religioni Walter Otto nel suo Teofania sosteneva che: «gli dèi non sono frutto di invenzioni, elucubrazioni, ma possono soltanto essere sperimentati»”.
Cielo incluso
Il progetto è soprattutto una ierá odós (via sacra) esperienziale e misterica le cui tappe sono scandite da epifanie divine che si manifestano nel rapporto opera-fotografia. Un percorso di iniziazione ai segreti della sacralità della materia attraverso la primordiale magia delle immagini. Tata e Di Vilio materializzano un’“archeologia dell’invisibile” fatta di preziosi e impalpabili orecchini per le ninfe (Diumpae), di collane per le muse e di pettorine di rose e stelle. Portano alla luce officine in cui lavorano riparatrici di ali, rammendatrici di foglie e fabbricatrici di stagioni segrete dentro cortecce arrotolate. Dischiudono alla vista le dimore incantate delle divinità. Cielo incluso è una fiaba che parla di appartenenza, legame col territorio e con chi lo abita; un racconto fatto di boschi millenari, sorgenti dalle acque rigenerative e pietre animate.
L’immagine degli dèi di Maria Grazia Tati e Salvatore Di Vilio
In Teofania, Walter Otto parla di sovrumano. «Il divino, da cui l’uomo si sente consapevolmente protetto, non è dunque il “totalmente altro” in cui si rifugiano coloro per i quali la realtà del mondo è priva del divino. Esso è piuttosto quel che ci circonda, in cui viviamo e respiriamo […]. Esso è presente ovunque. Ogni cosa, ogni fenomeno ne parla, in quella grandiosa ora nella quale essi parlano di sé». Proprio nell’ora Maria Grazia Tata ha plasmato ciò che ama definire la sua “paccottiglia cosmica”, nel medesimo istante Salvatore Di Vilio ha catturato l’immagine degli dèi.
“Se noi vogliamo cambiare l’ecologia della terra dobbiamo cambiare l’ecologia dentro di noi”
JAMES HILLMAN
Un luogo mistico
Divinità minori fantastiche fuggono dal chiuso e tornano nella Natura. Un “cacciatore di sacro” le avvista nella Faggeta Vetusta, patrimonio dell’umanità, nei luoghi cari a Pasolini, nella campagna cimina. Gli dèi minori si manifesteranno, per 37 giorni, un numero angelico, un messaggio benevolo, nel giardino settecentesco e nel Palazzo Chigi Albani a Papacqua. La residenza cinquecentesca apparteneva al cardinale Madruzzo, casino di diletto con statue e fontane, luogo spirituale, artistico e anche iniziatico. La fontana della Satiressa con fauni, satiri, capre e altre figure simboliche, il dio Pan che avvista, forse, “divinità maggiori”, il Ninfeo, le Muse, la fontana del Mosè, le statue delle stagioni sono ricchi di rimandi naturali, mitologici. Si ritrovano infatti la trasformazione della pietra in oro, l’Opus come ricerca spirituale di elevazione e di conoscenza.
Maria Grazia Tata e Cielo incluso
Le divinità minori di Cielo incluso percorrono una trasformazione alchemica “contromano”. Ogni foglia, ogni seme, ogni povero resto della natura è già oro e torna materia spoglia. Così anche la pietra tufacea frutto di eruzioni millenarie dei vulcani e il muschio del sottobosco antico della Selva Cimina. L’Opus si conclude con la perdita di “peso”. La materia si trasforma in immagine che diventa un simulacro a portata di mano, per ricordarci che un filo sacro collega tutto. Quindi un filo intriso di quella meraviglia così familiare al bambino e al cielo.
Salvatore Di Vilio
Originario di Succivo in provincia di Caserta, da oltre quarant’anni gira l’Italia e il mondo con la sua macchina fotografica realizzando reportage. La sua poetica in bianco e nero ha attraversato diversi stili fotografici, dalla foto-archeologia industriale alla denuncia sociale, pur prediligendo le narrazioni di carattere antropologico. Il suo obiettivo è testimone degli ultimi giorni della civiltà contadina meridionale. Pertanto la sua dimensione artistica si è sempre intersecata con una prospettiva di ricerca sul campo, dal lavoro dei canapicoltori alle feste religiose e a profane come il Carnevale.
Maria Grazia Tata
Da tredici anni trasferitasi a Soriano nel Cimino, lega la sua ricerca artistica al ‘sacro’ e all’invisibile della natura, della poesia, della memoria e dei fatti quotidiani. Lavora con tutti i materiali. Ha esposto in palazzi storici, musei archeologici, gallerie in Italia e all’estero, a Sydney, Maputo, Los Angeles. Raffaella Lupi della Galleria Sinopia Eventi di Roma parla così del suo lavoro. “Opere come luoghi segreti dove trovare rifugio e stupore. Una visione privilegiata, quella di Maria Grazia Tata, che ci suggerisce le tracce per l’ascolto della Natura e dell’Arte. Un invito silenzioso a rispettare quanto di più prezioso ci circonda. Ma anche spartito musicale o pioggia che suona”.
Immagine da cartella stampa.