giovedì, Aprile 18, 2024

Maria Armando Montanaro: caso riaperto dopo 23 anni

Stiamo raccontando del “Cold Case” di Maria Armando Montanaro uccisa il 23 febbraio 1994 e trattato dal CIS, Centro Investigazioni Scientifiche, nel 2017. Un team di consulenti tecnici della difesa diretta dall’avvocato Carmela Parziale. Il Dott. Salvatore Spitaleri, specialista in scienze forensi, biologo molecolare e criminalista, ex RIS dei Carabinieri ci racconta come ha contribuito, con il team del CIS, a chiudere questo caso. Che vedeva imputate 4 persone per omicidio, tra cui 2 erano le figlie della vittima. Tutti accusati da Alessandra Cusin, già condannata all’ergastolo per l’omicidio della Montanaro.

Come avete trattato questo “Cold Case”?

“Per tre mesi noi del CIS abbiamo fatto le pulci a tutto il materiale documentale che stava nel fascicolo. Con migliaia di pagine da studiare sparse per tutta casa, rischiando anche il quieto vivere in famiglia” – dice scherzosamente Spitaleri. “Al processo in Corte di Assise di Appello a Verona arriviamo con proiettore e Power Point. Il Dott. Chianelli illustra i risultati del nostro lavoro documentando con fotografie tutto ciò che avevamo rilevato. Così da fornire una ricostruzione della dinamica degli eventi contrapposta a quello degli inquirenti. Le tracce sfuggite o non rilevate dagli investigatori nelle indagini dell’epoca, noi le abbiamo rielaborate e spiegate alla corte.” .

Cosa avete dimostrato alla corte?

“Di fatto, dimostrammo l’inconsistenza di alcune ricostruzioni degli investigatori. Queste non erano basate su dati di fatto tangibili, ma solo su aleatori convincimenti. Cosicchè fornimmo una nuova ricostruzione della dinamica, in maniera scientifica e pertanto oggettiva. Insomma, una rivoluzione! Una ricostruzione scientifica del tutto opposta a quella dell’accusa. Il nostro intervento gettava nuova luce su quanto accaduto 24 anni prima. Questo lasciò sconcertati la platea di avvocati e giudici presenti.”.


Alessandra Cusin: omicida o vittima di se stessa?


Quali prove avete portato nel trattare l’omicidio di Maria Armando Montanaro?

“Noi dimostrammo che per motivi di taglia non poteva appartenere alla Cusin l’unica impronta di scarpa. L’impronta era visibile sul sangue che imbrattava tutta la pavimentazione della scena del crimine primaria. E ancora, provammo che era di fatto impossibile che quattro distinte persone avessero partecipato tutte alle fasi della mortale aggressione a Maria Armando Montanaro. Poiché, le impronte di scarpe sul sangue erano sempre e soltanto della stessa calzatura. Una scarpa, imbrattata di sangue che lasciava tracce sul pavimento durante gli spostamenti, come un timbro inchiostrato.”.

Ma avevano arrestato anche qualcun’altro per l’omicidio di Maria Armando Montanaro?

“Nelle prime fasi delle indagini venne arrestato e poi scarcerato l’amante di Maria Armando Montanaro. Questo avvenne quando il particolare disegno dell’impronta di scarpa su sangue, rilevata e fotografata sulla scena del crimine venne ritrovata. Era impressa nella sabbia del giardino di casa del predetto. Ma giudicata non compatibile per taglia in un secondo tempo, con un accertamento tecnico “ad hoc”. Dimostrammo inoltre che l’orario dell’aggressione a Maria Armando Montanaro doveva essere spostato in avanti di almeno quattro ore.”.

Quindi era una cosa evidente lo sbaglio e le prove erano chiare?

“Che l’omicidio fosse avvenuto tra le 18.00 e le 19.00 e non tra le 14.30 e le 15.00  è suffragato da due elementi di prova decisivi. Uno è di ordine tecnico e l’altro di natura documentale. I Carabinieri nell’attività di sopralluogo, condotta verso le ore 21 dello stesso giorno, repertarono del sangue ancora liquido sul pavimento. La presenza di sangue non essiccato, in relazione alle particolari condizioni di temperatura e ventilazione dei luoghi, era incompatibile con una retrodatazione dell’omicidio.”.

Le prove, determinavano l’ora esatta della morte di Maria Armando Montanaro?

“Non era possibile che l’omicidio avesse avuto luogo nel lasso di tempo indicato dagli investigatori. Che alle 18.00 la vittima fosse ancora in vita lo sostenne a caldo una testimone vicina di casa di Maria Armando Montanaro. Questa riferì, in modo volontario ai Carabinieri di aver visto la Montanaro viva in strada sotto casa alle 18.00. Come se ella stesse attendendo l’arrivo di qualcuno. Tutte queste evidenze erano peraltro in accordo con l’alibi che la figlia maggiore della vittima era riuscita a fornire agli inquirenti. Vari testimoni riferivano di averla vista entrare al cinema a Milano allo spettacolo delle 20.00.”.

Quindi era stato creato un mosaico per far combaciare i pezzi?

“Si. L’omicidio posto dagli investigatori tra le 14.00 e le 15.00 rendeva nullo l’alibi. La figlia della vittima, in teoria, avrebbe potuto compiere il delitto ed essere a Milano per le ore 20.00. Ma questa ricostruzione cozzava con l’evidenza dei fatti. Il ritrovamento di sangue ancora allo stato liquido, sul pavimento dell’appartamento non era coagulato come era giusto attendersi, se l’omicidio fosse avvenuto sei ore prima.”.

Ma la testimone chiarì la dinamica dell’orario?

La collocazione dell’omicidio in quell’orario era in netto contrasto con le dichiarazioni rese dell’unica testimone oculare. La quale riferiva che Maria Armando Montanaro fosse viva alle 18.00. L’”handicap” investigativo delle dichiarazioni della testimone vengono “sanate”, riascoltando la stessa dopo quindici anni. Nella nuova versione la teste afferma di non ricordare più bene, essendo passato troppo tempo dai fatti. Riferisce che all’epoca della prima deposizione era sicura di aver visto la signora Montanaro viva alle ore 18.00. Ma di non poter escludere del tutto la possibilità di essersi sbagliata!”.

E a questo punto cosa è avvenuto?

“La deposizione in aula del direttore del CIS il Dott. Chianelli, puntigliosa e circostanziata, durata circa due ore, lascia i presenti allibiti da questa nuova ricostruzione, che smentiva e polverizzava quella dell’accusa. In aula cala il gelo.”.

Quindi l’aria in tribunale era diventata gelida?

“Sì. In aula c’erano tanti giornalisti. Il presidente della Corte d’Assise d’appello chiese alle parti se avevano domande da rivolgere al Dott. Chianelli. Ma nessuno chiese la parola. Così l’udienza si chiuse tra lo stupore generale. Con la convinzione che una bomba dagli effetti imprevedibili sulla sorte del processo, era stata sganciata. Dopo 60 giorni circa, venne emesso il dispositivo di sentenza. Il quale stabiliva per tutti i quattro indagati l’assoluzione con formula piena. Nonostante la pubblica accusa avesse chiesto l’ergastolo. Aggiungo che la pubblica accusa non chiese di poter ricorrere in appello. Rendendo con ciò definitiva e piena l’assoluzione per i quattro indagati. Pertanto è svanito per sempre negli stessi, l’incubo della condanna all’ergastolo.”.

Avevate colpito nel segno, chiudendo il caso di Maria Armando Montanaro?

“Il caso è rimasto comunque irrisolto. Dopo 26 anni il colpevole risulta sconosciuto. Siamo soddisfatti di aver contribuito con il nostro lavoro a far assolvere i quattro indagati. Condanna data per scontata da tanti. E siamo riusciti a dimostrare, inoltre, che l’unica condannata per questo omicidio, Alessandra Cusin, non poteva di fatto essere l’omicida. Abbiamo dato spunti investigativi sia per la ricerca del vero colpevole che per l’eventuale revisione del Processo.”

Cate Madapple
Cate Madapple
"Scientia potentia est: sapere è potere" è questo il mantra del giornalista che ad ogni nuovo giorno sa di sapere un po' di più.

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