Manifestazioni ad Hong Kong: assalto all’assemblea legislativa

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Manifestazioni ad Hong Kong

Le manifestazioni ad Hong Kong contro il governo di Carrie Lam, Primo Ministro della “città-Stato” asiatica, sono state particolarmente dure oggi, giornata nella quale si celebra il 22° anniversario dal passaggio dell’ex colonia inglese dal Regno Unito alla Repubblica Popolare Cinese.

Assalto all’Assemblea Legislativa

Una parte dei manifestanti, scesi già da molte settimane in piazza contro la politica del governo, hanno nelle scorse ore attaccato il palazzo dove ha sede l’assemblea legislativa del paese, forzando la porta di vetro dello stesso con un carrello ed utilizzando tubi e bastoni. All’uso di spray al peperoncino da parte della polizia per disperdere i manifestanti, alcuni di questi hanno risposto con il lancio di liquidi urticanti non specificati. La polizia ho condannato le azioni violente della folla che già nei giorni scorsi aveva attaccato varie stazioni delle forze dell’ordine.

Le scuse di Carrie Lam

Sempre in giornata, in un discorso pubblico, Carrie Lam ha chiesto scusa ai manifestanti per il mancato ascolto delle loro richieste, ha ringraziato i giovani presenti alle dimostrazioni in piazza e ha promesso un maggiore attenzione alle richieste di chi protestava ed una più puntuale valutazione della situazione nel paese. Si è, inoltre, assunta la responsabilità personale delle decisioni prese nelle scorse settimane, sottolineando come non ci siano state interferenze di alcun tipo da parte della Cina nelle stesse.

L’omicidio di Taiwan

A scatenare le proteste in questi mesi è stata l’approvazione di una legge che favorisce l’estradizione dei cittadini di Hong Kong che si siano macchiati di crimini all’estero. L’8 febbraio 2018 Chan Tong KAi e Poon Hiu-Wing, una giovane coppia di Hong Kong vola a Taiwan per nove giorni. Il 17 dello stesso mese solo uno di loro ritornò ad Hong Kong. Un mese dopo, Chan Tong Kai confesserà l’omicidio della fidanzata. Avendo egli ucciso la compagna a Taipei sarebbe stata competenza delle autorità dell’isola occuparsi delle indagini e del processo, ma mancando a quel tempo tra Hong Kong e Taiwan un accordo per l’estradizione, il governo dell’ex colonia britannica ha dovuto promulgare una legge che autorizzasse il governo di Taipei a richiedere che l’imputato si recasse sull’isola per il processo.

Legge sull’estradizione

All’interno di questa legge insieme all’apertura per l’estradizione verso Taiwan il governo ha inserito anche quella verso la Cina, scatenando subito la protesta dei cittadini che hanno visto in questa decisione una chiara ingerenza del governo di Pechino nei confronti della città. Le manifestazioni di questi giorni sono finalizzate alla revoca (e non solo alla sospensione, come concesso dal governo nelle scorse settimane) del decreto di estradizione da poco emanato.

Cina ed Hong Kong

L’ex colonia gode, rispetto alla Repubblica Popolare cinese, di maggiori libertà per quanto riguarda le libertà concesse alla propria popolazione e riveste ad oggi, un importantissimo ruolo nell’economia del paese più popolato del mondo, soprattutto per quanto riguarda la libera impresa ed il settore finanziario, facendo spesso da mediatore tra Cina e resto del mondo.

Manifestazioni del 2014

Da un punto di vista politico Hong Kong non gode, tuttavia, di una speciale autonomia rispetto a Pechino né la sua Assemblea legislativa può dirsi rispettosa dei principi democratici. Già nel 2014 per 79 giorni i manifestanti dimostrarono perché volevano che venisse concesso il suffragio universale ai cittadini. Le manifestazioni che ebbero come simbolo gli ombrelli gialli che chi scendeva in piazza utilizzava per difendersi dai lacrimogeni della polizia, vennero soppresse dopo quasi tre mesi ed i leader del movimento arrestati e trattati come fossero dei semplici teppisti.

Ingerenza cinese

Secondo l’accordo del “One country, Two systems” (Un Paese, due Sistemi), Hong Kong sarebbe stata indipendente tanto dal Regno Unito quanto dalla Cina fino al 2047, quando sarebbe passata sotto il controllo di Pechino. Negli ultimi anni, però, il governo cinese ha più volte aumentato il controllo sulla “piccola comunità” sulla costa attraverso ripetute azioni tese direttamente o indirettamente a limitare quelle libertà garantite ad Hong Kong nel 1997 e che la popolazione è stata costantemente orgogliosa. Nel 2017, quando già Xi Jinping era diventato Presidente della Cina, 9 leader dei movimenti per una completa democrazia nella città-Stato sono stati arrestati e l’anno successivo molti librai sono stati rapiti scatenando anche in quel caso le proteste della popolazione contro la minaccia alle libertà di parola ed espressione loro garantiti.

Sistema politico di Hong Kong

L’ingerenza cinese è rilevabile anche nella particolare forma assunta dalla democrazia ad Hong Kong. Qui il primo ministro non viene eletto ma scelto da un piccolo comitato e la sua nomina deve essere approvata dal governo cinese. Le leggi, inoltre, non vengono emanate dal governo ma come in altre parti del mondo, all’interno dell’Assemblea legislativa, composta da 70 membri. La democrazia ad Hong Kong è espressa attraverso numerosi partiti politici che sono a favore della Cina o della democrazia. Dal 1998 al 2016 i partiti democratici e contro l’establishment hanno sempre vinto le elezioni, ma non hanno mai potuto occupare la maggioranza dei seggi in quanto 30 di questi sono “d’ufficio” assegnati ai rappresentanti della comunità d’affari di Hong Kong, divisi per settori (finanziario, assicurazioni, industria medica, ecc.) Essendo questi 30 membri rappresentanti di diverse multinazionali e non del popolo ed avendo molti di loro interessi a non cercare lo scontro con il governo di Pechino e tutelare i propri interessi economici, è evidente che tutti (o quasi) questi 30 parlamentari appoggeranno sempre qualunque decisione possa giovare al governo di Xi Jinping.

Le manifestazioni di oggi

Rispetto alle manifestazioni del 2014 in quella di oggi, che secondo i manifestanti ha coinvolti in alcune occasioni quasi due milioni di persone, la partecipazione dei giovani è stata molto più alta. Molti di loro, nati dopo il 1997, anno dell’indipendenza di Hong Kong, hanno sempre vissuto in un regime per molti aspetti molto più libero di quello cinese e di altri paesi asiatici in generale e le loro manifestazioni, oltre ad esprimere la condanna delle politiche del governo e dell’ingerenza cinese, è una battaglia a difesa “di diritti che i ragazzi hanno già”. Le iniziative in queste settimane sono state moltissime, organizzate su internet ma a volte partite anche in maniera spontanea. La Rete ha facilitato la creazione di forum di discussione e spesso delle chat criptate sono state utilizzate per organizzare marcie o altre forme di eventi. Un like o un commento sono diventati segnali convenzionali e chiari per prepararsi all’azione. Sono state organizzate raccolte fondi per la pubblicazione di una lettera aperta sul New York Times. Il tutto si è svolto utilizzando forme altamente democratiche e nella maggioranza dei casi senza che ci fosse un leader a guidare il movimento.

Teoria della violenza marginale

Una tattica molto usata in questi giorni da parte dei manifestanti è quella che si basa sulla “teoria della violenza marginale”. Coscienti del fatto che le forze di polizia avranno sempre più mezzi per reprimere di quelli a disposizione dei manifestanti per ribellarsi, le tattiche utilizzate nei giorni scorsi si sono basate su azioni di non violenza “spinta al limite”, con atti di violenza minima, che portassero la polizia ad una reazione contraria e più veemente. Questo avrebbe nei piani portato, come i quasi due milioni di abitanti scesi in piazza di Hong Kong sembrano dimostrare, ad un continuo e crescente coinvolgimento della popolazione e ad una maggiore pressione “politica” sulle autorità.
Questo approccio ha in sé qualcosa della guerriglia (per quanto non armata né estremamente violenta). Si consiglia da più parti di assediare, eventualmente, le stazioni di polizia, ma di non attaccare, con il lancio di uova o mattoni gli agenti, come pure in alcuni casi è avvenuto. Dal 12 giugno in poi, gli assedi sono durati spesso meno di un giorno per poi ricominciare altrove, come nelle scorse ore presso il palazzo dell’assemblea legislativa.

Critiche ai partiti pro-democrazia

Edward Leung Tin-kei, uno dei leader di Hong Kong Indegenous, uno dei movimenti impegnati per la completa indipendenza di Hong Kong, ha chiesto di non avanzare richieste in questo senso in questo momento, di rinunciare alla richiesta dello stralcio dell’accordo del 1997 che fissa tra 28 anni la fine dell’autonomia della regione, per non offrire il fianco a chi potrebbe utilizzare questa richiesta ed attaccare la manifestazione sul piano ideologico. In questo sta, secondo Leung, una delle ragioni del fallimento del movimento pro-democrazia degli scorsi anni. La scelta di non avere leader e di non legare la manifestazione ad alcun gruppo politico è determinata anche da questo tipo di riflessione strategica adottata e sostenuta dai suoi partecipati.

Sii acqua

Riecheggiano anche, in questi giorni, le parole di Bruce Lee, “sii acqua, amico mio”, con le quali si consigliava non solo di lasciar scorrere gli eventi e di adattarsi agli stessi, ma anche di operare e muoversi in modo tale che ogni minimo gesto o pensiero possa essere efficace.

Il ruolo economico di Hong Kong

Considerare il ruolo di Hong Kong in campo economico e la sua importanza, tanto nei rapporti con la Cina quanto con quelli con il resto del mondo in questi ultimi anni diventa fondamentale per tutte le parti coinvolte negli eventi attuali. Se prima questo stato poteva vantare una maggiore importanza anche all’interno del territorio cinese per i rapporti commerciali intrattenuti con vari partner a livello mondiale, la crescita economica cinese ha reso in parte marginale questo primato. Tuttavia, anche se Shangai e Shenzen sono diventati tanto rilevanti a livello finanziario per la Cina, tanto da poter quasi rinunciare alla mediazione di Hong Kong e pur non rappresentando questo il 20% del PIL “cinese” come accadeva, invece, solo pochi anni fa, sarebbe comunque incauto da parte del governo di Pechino forzare la mano nei confronti di questo suo “satellite”, considerando soprattutto la posizione della Cina nei mercati internazionali. In un periodo come quello attuale, nel quale dal caso Huawei alla politica dei dazi statunitensi, una forzatura della situazione politica “interna” e la rinuncia ad (o lo scontro con) un centro economico dell’importanza di Hong Kong, potrebbe rappresentare un grave errore di valutazione da parte dei dirigenti cinesi.

Tregua e attesa

Forse anche per questo poche ore fa Carrie Lam si è presentata di fronte al paese per scusarsi per il mancato ascolto della loro richiesta. Pur essendo difficile prevedere gli sviluppi al momento è, comunque, immaginabile che la tensione tra le parti coinvolte resterà alta ancora per alcune settimane e che sarà difficile trovare un accordo o una soluzione al problema o un qualunque superamento di questa tregua “armata”.