venerdì, Marzo 29, 2024

Malesani, dalla panchina alla cantina, assonanze per passione

Alberto Malesani, dai successi internazionali come allenatore alla produzione di vino in Valpolicella. Il fil rouge che accomuna le due esperienze è la passione, che come afferma nell’intervista, può essere declinata in vari modi, ma è alla base di ogni successo.

Curva dopo curva la curiosità aumenta, complice il panorama sempre più variopinto ed eterogeneo. Si parte dalla zona pianeggiante con un susseguirsi di vigneti, poi i vigneti lasciano il posto agli ulivi e poi salendo un’alternanza di grappoli d’uva e rami carichi di olive.

Giunti sulla sommità del crinale di Trezzolano (VR) le aspettative sono molte. Il territorio è sicuramente interessante dal punto di vista enologico, le premesse per produrre vino di qualità ci sono tutte.

Quello che ci stupisce è vedere Alberto Malesani in mezzo ai tini di fermentazione, che passa dalla diraspatura e spremitura degli ultimi grappoli di uva, al controllo della fermentazione alcolica.

Lo stupore finisce ben presto, considerata la naturalezza con cui si muove nel nuovo ruolo.

Un ultimo confronto con l’enologo Lorenzo Caramazza, straordinario conoscitore della Valpolicella e dei territori circostanti la Valpantena e poi l’ex allenatore di molte squadre tra le quali Fiorentina, Parma e Bologna, esce dalla cantina e si accomoda sul divano dell’azienda agricola La Giuva per rispondere alle domande dell’intervista.

Alberto e Valentina Malesani (Photo by EMMEGEIFOTO)

Il savoir-faire di Malesani ci colpisce e allo stesso tempo mette tutti a proprio agio. Il comodo divano, le nubi che scorrono tra le colline delle valli circostanti fanno da palcoscenico dell’intervista, che scorre fluente tra i ricordi appassionati e coinvolgenti di Alberto e le informazioni precise e puntuali di Valentina, la figlia.

La locuzione francese ben si presta a descrivere sia l’estro di Alberto, sia le origini della nuova professione. Perché come dice lui stesso

L’azienda è nata grazie alla passione per il vino. Una passione che è aumentata nel corso degli anni. Mi trovavo a girare l’Europa con il Parma e mi piaceva assaggiare i vini caratteristici dei luoghi in cui si giocava. Una passione ereditata da mio padre, ma mai sfociata in alcun progetto perché avevo poco tempo da dedicarle.

L’idea ha preso forma a Bordeaux nel 1999, l’anno che abbiamo vinto  la Coppa Uefa.

Ho visitato alcuni dei più importanti chateaux e più vedevo quelle splendide realtà più mi allettava l’idea di poter un giorno produrre un vino di qualità.

Al rientro dalla Francia, ho iniziato a gettare le basi del progetto. Per prima cosa ho deciso dove sarebbe sorta l’azienda vinicola. Fin da subito mi convinsi che doveva essere un luogo vicino a casa e di conseguenza ho scartato tutte le zone della Valpolicella lontane da San Michele Extra, il mio paese natale. Volevo valorizzare il territorio e mi piaceva l’idea della collina.

Alla fine la scelta ricadde su questo luogo, che ha tutte le caratteristiche che cercavo. Nelle giornate di sole vedo il mio paese di origine, siamo su un crinale a circa 370 metri di altitudine, con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, il terreno è calcareo, roccioso, rosso ammonitico. Nel complesso caratteristiche pedoclimatiche che favoriscono la produzione di vini rossi, di buona struttura dai profumi intensi e variegati.

Sono molto contento della scelta perché per me il vino è uno dei più bei connubi tra uomo e natura. Affinché questo connubio funzioni ci deve essere armonia e passione tra l’uomo e la natura e quindi trovare un luogo affine ai miei desiderata è già di per se un’ottima base sulla quale iniziare questa nuova avventura”.

La valorizzazione del legame tra uomo e natura è un concetto che compare, per fortuna, sempre più spesso anche nella produzione vinicola. Quanto è stretto il legame tra La Giuva e l’ambiente? Quanto i vini della famiglia Malesani rispettano la natura?

“Abbiamo iniziato a lavorare i terreni dal 2003. Nel 2005 abbiamo messo a dimora le viti.

La prima vinificazione è avvenuta nel 2011 per il Valpo e il Rientro, mentre l’anno successivo abbiamo prodotto l’Amarone e il Recioto. Sui nostri terreni, prima del nostro arrivo, non c’è stata nessun altra tipologia di produzione, quindi l’azienda nasce “biologica” per definizione.

In vigna non utilizziamo alcun trattamento sistemico e in cantina la presenza dei solfiti è molto bassa, ampiamente al di sotto delle soglie consigliate e consentite”.

I vini de La Giuva (photo by EMMEGEIFOTO)

Con orgoglio e a sottolineare quanto l’azienda ci tenga a ridurre il più possibile l’impatto ambientale in ogni modo, prosegue Valentina

“Anche l’appassimento delle uve viene gestito in modo naturale. Abbiamo realizzato un nuovo spazio in cantina che consente l’areazione senza l’utilizzo di alcuna sorgente elettrica. Interveniamo con i ventilatori solamente quando ci sono delle situazioni che possono pregiudicare la salubrità dell’uva”.

Poi con una visione per certi versi romantica Valentina continua sul concetto di connubio uomo e ambiente

Quando le condizioni atmosferiche lo consentono utilizziamo i cavalli del vicino maneggio per diserbare il sottofila”.

Quando dalla hall dell’azienda ci spostiamo verso la cantina, è Valentina che ci conduce prima nella stanza dove avviene la fermentazione alcolica e poi nel locale sottostante, dove per caduta il vino raggiunge i contenitori dove avviene la fermentazione malolattica e ci spiega che la cantina è stata progettata e realizzata in modo che il vino abbia meno contatto possibile con l’esterno.

Tra i locali più interessanti dell’azienda, sicuramente la zona dedicata all’invecchiamento.

Valentina, che assieme alla sorella Giulia compone parte del nome della società (n.d.r. La Giu-Va), ci conduce in prima battuta nella barriquaia dove il Valpolicella Superiore, il Rientro, riposa per circa un anno. Qui oltre alle piccole botti di rovere francese troviamo un ulteriore elemento di richiamo tra il connubio uomo e natura.

La biciclette e le barrique di Il Rientro (Photo di EMMEGEIFOTO)

Vedete quelle biciclette appese ai muri? Sono state appese per due motivi. Il primo perché la bicicletta è un’altra passione di mio padre, in secondo luogo abbiamo voluto rappresentare attraverso la disposizione delle biciclette l’andamento del nostro progetto e più in generale di alcuni momenti della vita. Quindi la prima bicicletta è inclinata come se fosse in salita, la seconda come se percorresse un tratto pianeggiante e infine la terza come in una discesa”.

E in quale di questi momenti del progetto vi trovate ora?

Siamo nel tratto pianeggiante. Abbiamo superato la salita iniziale fatta di molte asperità, ma ora abbiamo raggiunto circa 34 mila bottiglie, siamo a buon punto verso il traguardo delle 50 mila, ma la cosa che ci fa intravedere la discesa è la consapevolezza di aver guadagnato molto apprezzamento sia nel pubblico veronese, sia in quello internazionale. Un successo, non il finale, che è ancora da raggiungere, ottenuto anche attraverso azioni coraggiose, come ad esempio non cercare di piazzare immediatamente i nostri prodotti a una rete commerciale, bensì fare in modo che fosse il cliente finale o l’appassionato ristoratore o negoziante che venisse a trovarci in cantina dopo aver degustato il nostro vino”.

Dopo aver visto il luogo dove riposa Il Rientro, un blend di varie tipologie di invecchiamento: 70% barrique di secondo o terzo passaggio, per dare struttura; 25%  botticella da 19 ettolitri per dare eleganza e rotondità; infine 5% anfora di terracotta per donare freschezza, perchè non sia un vino troppo concentrato, ma bevibile, passiamo ad una zona in cui le luci si fanno più soffuse, quasi a indicare che il riposo è più prolungato.

Qui invecchia per almeno due anni il vino che diventerà Amarone. Nell’incedere verso la parte centrale di questa barriquaia notiamo tre barrique diverse e ne chiediamo il motivo a Valentina.

La barriquaia dell’Amarone (Photo di EMMEGEIFOTO)

A distanza di 10 anni dalla produzione del primo Amarone, quest’anno produrremo 900 bottiglie in versione speciale. L’invecchiamento di queste bottiglie sarà di tre anni invece che i due anni previsti dal disciplinare. Non sarà una riserva, ma un amarone più complesso, un vino che lo aspetti di più, che fa un po’ più appassimento, un po’ più invecchiamento in legno, un po’ più affinamento in bottiglia.

E’ un esperimento, ma identifica quella che è la nostra idea dell’Amarone, ovvero un vino che deve essere prodotto con pazienza e degustato con altrettanta dedizione e rispetto”.

Nel rientrare nella sala principale dell’azienda non resistiamo a chiedere ad Alberto Malesani un parallelismo tra ruoli di una squadra di calcio e i suoi vini. Senza riflettere molto, quasi fosse nuovamente sul prato dello stadio ci descrive la sua formazione.

L’amarone è un attaccante, perché è fuori dagli schemi, perché può avere mille sfaccettature e tipicità a seconda della zona in cui viene prodotto e agli appassimenti. Il Rientro e il Recioto, sono due centrocampisti, perché si collocano a metà strada tra il vino classico e l’innovazione. Il Valpo, il Valpolicella Classico, in quanto rappresentante della Valpolicella è un difensore, che difende il territorio”.

Ha ragione Alberto Malesani, quando si parla di vino non si può dimenticare il connubio tra uomo, natura e vita. L’esperienza a La Giuva è stato un percorso che in ogni tappa richiamava questo connubio e questo siamo convinti sia dovuto alla grande passione che la famiglia Malesani sta profondendo in questo progetto.

Ad maiora!

 

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