Lo studio attuato dagli scienziati in relazione agli stimoli dello stress, mette in risalto l’importanza non solo a livello muscolare. Infatti, si sono concentrati sui segnali che il muscoli invia al cervello, sotto situazioni di forte pressione.
Perché gli stimoli allo stress sono importanti per il cervello?
Il team di scienziati ha spiegato che i segnali di stress che, giungono ai muscoli, si basano su di un enzima chiamato Amyrel amilasi. Questo agisce sul prodotto che da esso ne deriva, ovvero il disaccaride maltosio. Gli esperti, hanno quindi dimostrato che mimare tali stimoli di stress, proteggerebbe il cervello dall’invecchiamento precoce. Andando, di fatto, a prevenire eventuali malattie neurodegenerative. Tali, possono essere, ad esempio, la demenza senile legata all’avanzare dell’età stessa e, una delle più temute: l’Alzheimer. Quindi, da queste considerazioni, si evince che la risposta allo stress indotta nel muscolo, non avrebbe un impatto isolato solo su di esso. Bensì, promuoverebbe il controllo di qualità delle proteine in tessuti propri del cervello e della stessa retina. L’attuazione dello stimolo allo stress provocato, protegge i tessuti durante l’invecchiamento.
Il gene Bmi1 è la nuova scoperta sulla malattia dell’Alzheimer
La demenza senile e l’Alzheimer
Con demenza senile, ci si riferisce ad una particolare condizione neurodegenerativa, che colpisce l’encefalo. Colpisce le persone anziane e, riduce in modo graduale tutte le facoltà cognitive. Esistono vari tipi di tale patologia e, le più conosciute sono: la demenza vascolare, la demenza a corpi di Lewy e il morbo di Alzheimer. Prendiamo in esame quest’ultima, cercando di comprendere di cosa si tratti e da cosa possa derivare. Quando trattiamo tale malattia, è purtroppo necessario, stabilire che non colpisca solamente le persone in età avanzata. Nella fattispecie, è chiamata Alzheimer giovanile, non rientra nella categoria della demenza senile e, le cause sono da ricondursi ad una tipologia genetica. Il deterioramento cognitivo legato all’età del paziente, comporta in genere, una riduzione del volume cerebrale. Con conseguente perdita di differenti neuroni. Per tale motivazione, la scoperta attuata dal team di scienziati, potrebbe avere risvolti estremamente positivi, nell’avanzare di tali patologie.