Le streghe di Triora: la realtà si fonde alla leggenda

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Non sono poche le circostanze in cui le donne furono costrette ad essere capro espiatorio per disastri o calamità naturali. Un esempio di queste realtà sono loro, le streghe di Triora.

Le streghe di Triora sono esistite davvero?

Nel corso dei secoli sono state molte le persecuzioni ai danni di streghe. Certo, la maggior parte delle volte non si trattava che di donne un po’ eccentriche, magari anziane, guaritrici o conoscitrici di rimedi medici. Per chi le accusava, però, non esisteva alcun dubbio sui loro poteri malefici.


Le streghe di Salem la caccia e il processo


L’inizio dell’orrore

Nel 1587 la Valle Argentina, al tempo sotto la sovranità della Repubblica di Genova, era vittima di una grave carestia: era dunque necessario trovare qualcuno a cui addossare la colpa. Le sventurate furono da allora ricordate come le streghe di Triora: la maggior parte di queste donne (quaranta in tutto, più un uomo, Biagio De Cagne) erano di umili origini, residenti nel quartiere più povero del paese. Tuttavia, ce n’erano anche di estrazione sociale più elevata. Triora, borgo dell’Appennino Ligure, era un paese come ce n’erano moltissimi in epoca rinascimentale: per gli orrori perpetrati nei tre anni successivi, meritò il nome di Salem d’Italia.

Conseguenze a catena

Abbiamo parlato della carestia che in quel periodo stava mettendo in ginocchio la Valle Argentina. A dare inizio a tutto fu il podestà di Triora, Stefano Carrega, che convinto dell’esistenza di un gruppo di streghe specializzate in sabba fece convocare due vicari. Uno di questi era il vicario del vescovo di Albenga, Gerolamo Dal Pozzo. Entrambi credevano ciecamente alla stregoneria, e nel corso della messa da loro celebrata istigarono la popolazione alla persecuzione. Non fu difficile convincere i concittadini, e la sollevazione collettiva portò ad una serie di feroci interrogatori accompagnati da inenarrabili torture. Non poteva esserci che una conclusione: tutte le vittime confessarono d’aver perpetrato ogni sorta di maleficio e finanche di infanticidio.

Una situazione irrefrenabile

Ormai le cose erano decisamente sfuggite di mano. Una delle donne accusate, la sessantenne Isotta Stella morì proprio a causa delle torture; un’altra, di cui non conosciamo il nome, cadde da una finestra, forse tentando la fuga. La situazione era così grave che, nel 1588, il Consiglio degli Anziani cercò aiuto dal Doge di Genova, affinché i processi cessassero e l’incarico del vescovo Dal Pozzo fosse revocato, oltre all’intervento dell’Inquisitore generale Alberto Drago. Quest’ultimo fece visita a Triora pochi mesi dopo, ottenendo la liberazione di una tredicenne che, accusata di stregoneria, aveva confessato e poi abiurato in chiesa. Ma non era ancora sufficiente.

La caccia alle streghe: non solo Triora

Il governo genovese nominò un commissario, Giulio Scribani, appena un mese dopo. Questi non solo non mise fine alle persecuzioni, ma al contrario ordinò che venissero allargate, includendo i paesi vicini: Castelvittorio, Montalto, Badalucco, Porto Maurizio e Sanremo. Per molte delle accusate venne richiesta la pena capitale, e il governo genovese intervenne di nuovo, inviando l’uditore Serafino Petrozzi a controllare l’opera di Scribani. Nell’estate del 1588, la caccia alle streghe era definitivamente sfuggita ad ogni controllo.

La fine di un incubo

Il governo genovese riprese in mano l’intera faccenda, facendo trasferire le imputate nelle prigioni della città portuale. A settembre la documentazione completa partiva per Roma, pronta ad essere esaminata dalla Congregazione del Sant’Uffizio: appena il cardinale Giulio Antonio Santoro, segretario della Congregazione, li ebbe letti accusò i giudici di Triora di “inumanità et crudeltà”. Le accusate avevano intanto ritrattato le loro confessioni, estorte con la tortura. Tra il 1589 e il 1590 l’orrore aveva finalmente termine: molte delle donne vennero rilasciate, altre scontarono penitenze relativamente blande.

Un passato mai dimenticato

Oggi, il paese di Triora non ha dimenticato quel periodo buio. Lo dimostra il Museo Etnografico e della Stregoneria, che qui si trova e ospita i documenti e gli atti del tempo. Ma anche la Cabotina, piccola costruzione che deve il suo nome a quello che nel 1500 era il quartiere più povero del borgo: qui, secondo la leggenda, si riunivano le streghe. Infine, alle streghe di Triora è dedicata anche una festa: la Strigora, organizzata la prima domenica dopo il Ferragosto.