Le Prénom. Una cena fra “amici”al Manzoni di Monza

Le Prénom (Cena fra amici)

Terminano gli spettacoli di prosa del teatro Manzoni di Monza, con la divertente, e nel contempo amara commedia, Le Prénom (Cena fra amici). E’ stata, quella del Manzoni di Monza, una  stagione ricca di appuntamenti interessanti e di nomi famosi. Le Prénom  è una sceneggiatura, già riproposta con successo  al cinema, scritta dagli stessi registi Matthieu  Delaporte e Alexandre de La Patellière, che ha ricevuto sei nomination al Premio Molière  a Parigi. La  versione  italiana per il teatro è stata tradotta da Fausto Paravidino ed è portata sul palco ottimamente da Alessia Giuliani, Alberto Giusta, Davide Lorino, Aldo Ottombrino, Gisella Szaniszlò.  La regia è curata da Antonio Zavatteri. Le scene e i costumi sono di Laura Benzi, le luci di Sandro Sussi. Si tratta di una produzione del Teatro Stabile di Genova.

Lo spettacolo

Idea molto originale quella di mettere a confronto parenti e amici quarantenni in crisi esistenziale, così diversi e che comunque in fondo si vogliono bene. La vicenda tragi/comica si svolge durante una cena organizzata da una coppia dichiaratamente di sinistra. Lui è un professore universitario di letteratura, lei un’insegnante di liceo. La cena è, come da buona tradizione radical chic, a base di prelibatezze esotiche. Gli invitati sono il fratello borghese e sarcastico della padrona di casa, la compagna incinta di lui, un’affermata manager e un vecchio amico di famiglia loro coetaneo dal vissuto misterioso. Potrebbe forse essere gay?  

La cena si apre con la difficile scelta del nome del nuovo nascituro. Scelta che da parte del padre “borghese” cade su un nome molto scomodo e che ricorda quello di un personaggio storico che si vorrebbe dimenticare.  In realtà si tratta solo di  una provocazione che  porta a smascherare i veri sentimenti dei protagonisti. Vengono tirati fuori rancori irrisolti, mai espressi e anche vicende di cui i protagonisti erano all’oscuro e che creano, almeno inizialmente, un grande scompiglio.

Una scena dello spettacolo

Conclusioni

La commedia è molto divertente anche se è uno spaccato, molto credibile, di quelli che sono i rapporti tra persone che hanno modi di essere e idee diverse. Ma in fondo si tratta solo di piccole, anche se importanti, ipocrisie. Nessuno è perfetto e nessuno è nel giusto e soprattutto nessuno si conosce veramente fino in fondo. E’ interessante come lo stesso provocatore risulti essere il personaggio in fondo meno tollerante del gruppo. Anche il “giusto” di sinistra, di fatto, è chiuso nel suo dogmatismo e incapace di altruismo pragmatico.

Si tratta di una commedia molto esilarante e che intrattiene il pubblico per tutto il tempo, ma dal retrogusto amaro. Alla fine vincono comunque i buoni sentimenti e i legami veri. La tolleranza anche se difficile resta alla base dei rapporti, ma la morale è comprensibile. Per essere veramente tollerante sia a destra che a sinistra bisogna prima guardarsi bene allo specchio, leggersi dentro e capire fino in fondo quale sia il vero significato della tolleranza. Ottimo il lavoro degli attori che hanno portato in scena lo spettacolo, soprattutto nella caratterizzazione non stereotipata dei modi di chi appartiene a diverse visioni politiche e quindi anche sociali. Spettacolo da vedere per trascorrere una serata piacevole, ma soprattutto per tornare a casa con la domanda che forse bisognerebbe imparare anche a mettersi in discussione e mai a giudicare.

Lucilla Continenza
Lucilla Continenzahttp://www.ildogville.it
Di origine abruzzese, vive a Milano dalla nascita. Giornalista pubblicista dal 2003, pubblica dal 1996. Laureata in Scienze politiche a Milano (magistrale), ha poi studiato Antropologia culturale, sempre a Milano. In passato ha scritto di cronaca, politica e eventi locali. Dal 2005 si occupa di cultura e in particolare di critica teatrale.

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