giovedì, Aprile 25, 2024

Le “perle” del Ministro Bonafede

E dopo tanto scrivere, parlare e polemizzare, siamo arrivati al fatidico gennaio 2020, momento dell’entrata in vigore della riforma della prescrizione che tanto ha fatto discutere operatori del settore, politica, opinione pubblica, ecc.. Manifestazioni su manifestazioni sono state organizzate per protestare contro questo scempio della giustizia, contro chi impone il suo potere riformatore, dimostrando di non comprendere le conseguenze di pensieri e interventi poco affini al mondo del diritto.

Eppure, la riforma è entrata in vigore e si dovrà aspettare un po’ perché si producano gli effetti nefasti che si è cercato invano di evitare.

Eppure, oggi la riforma della “prescrizione” deve passare in secondo piano. I riflettori vanno accesi sulla fonte del problema, ovvero, sulla matrice di tanto scempio giuridico.

La riforma della prescrizione è stato il frutto di menti che continuano a produrre pensieri disarticolati e poco vicini al diritto, evidentemente espressivi della poca conoscenza dei principi di base del nostro ordinamento giuridico, soprattutto della materia penale e, di conseguenza, costituzionale.

Per capire fino in fondo e accendere una luce abbagliante sull’attuale problema della giustizia italiana, è il caso di ripercorrere le cosiddette “perle” del Ministro della Giustizia, non tutte, solo quelle più significative, corredate dalle dichiarazioni a chiarimento che hanno destato ancor più confusione nella mente dei lettori.

La prescrizione

E iniziamo proprio dalla prescrizione, filo conduttore della vicenda. Senza ritornare nel merito della riforma, che sostanzialmente abolisce la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, è opportuno evidenziare che essa è stata sempre giustificata strumentalizzando il principio della ragionevole durata del processo, utilizzando argomentazioni esattamente contrarie a quelle cui questo stesso principio costituzionale si riferisce.

Si ricorda infatti che la prescrizione è un istituto giuridico nato proprio alla necessità di ridurre i tempi processuali e fare in modo che i processi si chiudessero in tempi congrui, pena la prescrizione del reato. Secondo il Ministro Bonafede, e con lui il governo, occorre abolire la prescrizione per garantire che i processi abbiano breve durata.

Sembra quasi che le norme del codice penale e i principi costituzionali vengano letti al contrario.

Ma il Ministro insiste dicendo che “in Italia è una conquista di civiltà il fatto che se si arriva alla sentenza di primo grado, dopo non è più possibile che il processo cada nel nulla. A quel punto lo Stato si deve sentire obbligato a dare una risposta di verità e giustizia”… “Parlare di processi eterni è sbagliato. Noi dobbiamo fare in modo che i processi durino poco e che a un certo punto si debba arrivare alla decisione. Se questo è l’obiettivo di tutti portiamolo avanti“.

Per approfondimenti sul punto, cui già è stato dedicato ampio spazio, si rinvia a Quella norma sulla prescrizione è giusto che ci sia”. Ma è giusto per chi? e a Prescrizione: legislatore incompreso?

Il dolo che “si trasforma” in colpa

Nel bel mezzo della bufera mediatica e politica che lo vede coinvolto, il Ministro pensa bene di dover spiegare la riforma, facendo un intervento, a dir poco inadeguato, nella trasmissione Porta a porta, a seguito della quale il mondo dell’avvocatura e dell’Università, oltre che dei media e dei social, hanno reagito all’unanimità, enfatizzando l’inesatta conoscenza degli istituti giuridici da parte del Ministro.

In particolare, in quella ormai indimenticabile serata condotta da Bruno Vespa, il Ministro Bonafede ha detto “quando del reato non si riesce a dimostrare il dolo e quindi diventa un reato colposo, ha termini di prescrizione molto più bassi”.

Questa frase ha avuto la risonanza di un terremoto! Il Ministro sembrava non sapere che:

c’è differenza tra dolo e colpa;

i delitti sono dolosi, ad eccezione delle ipotesi colpose espressamente previste dal codice penale, pertanto non si può assistere alla trasformazione dell’elemento soggettivo del reato;

i termini di prescrizione vengono calcolati in considerazione dei parametri indicati dagli artt. 157 ss. del codice penale o comunque in base al tipo di reato.

Dinanzi allo sconcerto di stampa e opinione pubblica, il Ministro ha ben pensato di dare chiarimenti sulla sua pagina Facebook, per evitare fraintendimenti…

Parte del testo recita “….L’obiettivo era evidentemente quello di spiegare in maniera semplice ai cittadini le conseguenze (sulla prescrizione) della configurazione di una condotta in termini colposi o dolosi. D’altronde, ci sono da sempre interi processi che viaggiano sul confine tra dolo eventuale e colpa cosciente…..”

È UN MESE IMPORTANTE PER I CITTADINI CHE PRETENDONO UNA GIUSTIZIA CHE FUNZIONI.Questo è un mese molto importante per…

Pubblicato da Alfonso Bonafede su Venerdì 13 dicembre 2019

Il punto è che in questa spiegazione emergono altri errori che si aggiungono a quelli della precedente dichiarazione da rettificare.

Vediamo perché.

In primo luogo i termini di prescrizione, come già poc’anzi detto, non si calcolano in base alla natura dell’elemento soggettivo. Quello che lascia sgomenti è il riferimento ai processi che “viaggiano sul confine tra dolo eventuale e colpa cosciente”. La problematica inerente al dolo eventuale e alla colpa cosciente è una delle tematiche più discusse dagli studiosi di diritto penale, a causa del flebile confine tra i due istituti che rischiano molto spesso di sovrapporsi, richiedendo da parte del giudice un’analisi ancor più attenta e meticolosa, al fine di giungere ad una decisione obiettivamente corretta e conforme alla legge, con una altrettanto corretta qualificazione del reato e quantificazione della pena.

Dunque, il Ministro ha utilizzato ancora una volta argomenti che nulla hanno a che fare con quello in discussione, aggravando al contrario il margine di errore giuridico.

Ma, nella convinzione di aver rimesso a posto le cose e aver chiarito l’equivoco, ha continuato ad elargire perle di diritto.

Gli assolti non vanno in carcere

L’ultima, che ha avuto la stessa risonanza di uno tsunami, è stata l’affermazione pronunciata nel corso della trasmissione Otto e mezzo, dove è stato intervistato, tra l’altro, anche sulla riforma della prescrizione.

La giornalista di Repubblica, Annalisa Cuzzocrea, ha chiesto al Ministro cosa pensasse di tutte quelle persone che finiscono in carcere in attesa di un giudizio definitivo e che poi si rivelano innocenti, “Mi chiedo se lei ogni tanto non pensa agli innocenti che finiscono in carcere”. Bonafede ha risposto “Cosa c’entrano gli innocenti che finiscono in carcere? Gli innocenti non finiscono in carcere”.

Una risposta piena di errori, ma a questo punto ancor più espressiva della totale mancanza di esperienza in materia di giustizia penale.

Forse, il Ministro non sa che un innocente può stare in carcere in conseguenza di due diverse situazioni: o perché ristretto in misura cautelare, dunque in attesa di giudizio, a seguito del quale, solo laddove fosse assolto, potrebbe chiedere un risarcimento per essere stato ingiustamente detenuto; o perché il condannato già sta espiando la sua pena definitiva, dunque irrevocabile, perché ritenuto colpevole di un fatto per il quale invece è innocente.

Di casi simili se ne contano tanti in Italia. Dunque, sarebbe utile invitare il Ministro a svolgere un periodo di pratica penale, con visita a detenuti in regime definitivo, con storie raccapriccianti di malagiustizia da raccontare.

Ma non finisce qui.

Il Ministro, per rispondere alle giuste polemiche insorte dopo questo ennesimo intervento provocatorio, ha deciso di pubblicare, sempre sulla sua pagina FB, una dichiarazione a chiarimento per evitare “strumentalizzazioni”.

Parte del testo recita così “..la frase non poteva comunque destare equivoci perché subito dopo ho specificato a chiare lettere che sulle ipotesi (gravissime) di ingiusta detenzione, “… sono il ministro che più di tutti ha attivato gli ispettori del ministero per andare a verificare i casi di ingiusta detenzione …” (come da video di questa specifica parte dell’intervista). Aggiungo, infatti, che per la prima volta ho introdotto presso l’Ispettorato in maniera strutturata il monitoraggio e la verifica dei casi di riparazione per ingiusta detenzione, anche in occasione delle ispezioni ordinarie”.

Ci tengo a chiarire perché non voglio che ci siano strumentalizzazioni su un punto così delicato. Nell’intervista di…

Pubblicato da Alfonso Bonafede su Giovedì 23 gennaio 2020

Intanto è necessaria una premessa: se esiste il procedimento per il risarcimento per ingiusta detenzione, vuol dire che gli innocenti (possono andare e) vanno in carcere e scontano periodi anche abbastanza lunghi in regime di restrizione della libertà, senza tuttavia essere colpevoli.

Ma sarebbe interessante poter interloquire con il Ministro e porgergli qualche domanda.

La prima: chi sono questi Ispettori? Il Ministro lo sa in che cosa consiste il procedimento per la riparazione per l’ingiusta detenzione?

La seconda: introducendo la figura di questi “ispettori”, forse, il Ministro fa confusione con gli ispettori inviati periodicamente dal Garante dei diritti dei detenuti per verificare le condizioni delle persone private della libertà personale? Oppure con gli ispettori del CPT, cioè il Comitato europeo per la prevenzione della tortura, organo del Consiglio d’Europa che vigila al fine di prevenire casi di tortura e pene o trattamenti inumani o degradanti negli Stati firmatari della CEDU? In questi casi però, l’ispezione è volta alla verifica delle condizioni detentive che hanno portato più volte la Corte Europea a condannare l’Italia per le pessime e inumane condizioni delle carceri italiane (vedi il più noto caso Torreggiani c. Italia).

Ma stiamo parlando in questo caso di un tema completamente diverso da quello dell’ingiusta detenzione!! È confusione assoluta!

È probabile allora che il Ministro si riferisse agli ispettori ministeriali che hanno il preciso dovere di verificare l’incidenza dei casi di ingiusta detenzione nei singoli distretti di Corte d’Appello. Se così fosse, quanta poca chiarezza nelle sue parole?

Sarebbe interessante dunque comprendere il significato sotteso al contorto pensiero a chiarimento pubblicato dal Ministro per evitare, a suo dire, strumentalizzazioni.

Ricapitolate le principali e più bizzarre perle del diritto di cui siamo stati spettatori negli ultimi mesi, resta una preoccupazione di fondo.

Il sistema Giustizia è in mano a chi dimostra di non avere dimestichezza con i temi del diritto, del processo, dell’esecuzione e dei basilari principi costituzionali.

Intanto regna il giustizialismo, cui è quotidianamente incitata l’opinione pubblica, perdendo di vista il pericolo di avere, tra qualche anno, le carceri affollate da innocenti.

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

- Advertisement -spot_img

Latest Articles