sabato, Aprile 20, 2024

Le lezioni di inglese dei mormoni: il primo passo di un percorso di iniziazione

Un incontro

Il tram numero 8 per il Casaletto, quartiere sud-ovest di Roma, è affollato. Due ragazze parlano con uno straniero sui vent’anni che sembra nord europeo. Di fianco a lui c’è un tipo silenzioso che sembra suo fratello. Stanno parlando di religione, di un certo profeta americano che da piccolo ha avuto l’illuminazione e ha riscritto una specie di Vecchio Testamento. “Ci teniamo a far conoscere alla gente quello che facciamo, dice, e perché lo facciamo”. Il ragazzo è americano ed è un missionario mormone. I mormoni sono i membri della Chiesa di Gesù Cristo degli Ultimi Giorni. La religione si è sviluppata nel diciannovesimo secolo negli Stati Uniti e si sta diffondendo anche in Europa. In Italia ci sono 27 mila fedeli. “Sono a Roma da dicembre, dice, e starò qui per tre settimane”. I missionari mormoni compiono all’estero due anni di volontariato cambiando città ogni mese circa. Il ragazzo racconta della sua attività di predicatore: di giorno passa qualche ora a fare proselitismo, a diffondere, cioè, la dottrina dei mormoni e ad accogliere nuovi adepti; la sera, invece, due volte alla settimana tiene lezioni gratuite di inglese assieme ad altri suoi colleghi in una delle tante sedi dei mormoni a Roma. Lezioni gratuite, ci tiene a sottolineare. E qui mette la mano nella giacca di tessuto e sforna due bigliettini rossi e li consegna alle ragazze.

Le lezioni si svolgono nella sede in un palazzo signorile vicino a via Nazionale. Dentro è come una scuola: c’è l’atrio con un segretario e un corridoio da cui si dipartono le aule. Il segretario -che è anche il responsabile della sede- dice: “In questo posto puoi venire quando vuoi; puoi rilassarti, studiare; sentiti come a casa”. Nell’aula ci sono i due mormoni del tram. Su un divanetto siedono due ragazze sudamericane, alla loro sinistra un brasiliano sta suonando la chitarra; vicino a lui c’è un filippino taciturno. Il mormone del tram invita gli studenti a presentarsi. Intanto entrano tre ragazze, un’italiana e due americane. Età media 23 anni. Poi la lezione comincia ed è più che altro una conversazione sul tema aeroporto. Gli insegnanti scrivono sulla lavagna certe parole chiave e le spiegano, le analizzano. Sulla giacca ogni mormone ha una targhetta con scritto ‘anziano’ seguito dal proprio nome. Invece la donna si chiama ‘sorella’. È l’appellativo di coloro che insegnano la dottrina. Come dire don Claudio o don Corrado per i cattolici. Al termine della lezione, l’americana si alza per recitare una preghiera. Pare sia una consuetudine. L’atmosfera si fa sommessa: tutti chinano la testa. Inizia, ma parla così veloce che quasi non si comprende ciò che dice. Al momento di congedarsi, mi invitano a tornare e mi regalano un libro di Mormon che ancora oggi tengo in vista nella libreria perché ha una bellissima copertina blu e oro.

Cheescake ai lamponi dello Utah

È venerdì e l’istituto in via Torino -lo stesso dove si tengono le lezioni di inglese- è affollato di giovani. Anziano Whiting e sorella Whiting, coppia di sacerdoti responsabili della sede a Roma, hanno preparato una cena a base pancake con prosciutto e formaggio, oltre a riso, verdura e torte. L’aria è densa e nelle stanze (atrio, cucina, corridoio e tre aule dove si fa lezione) si fatica a muoversi a causa dell’assembramento di persone che prendono il cibo.

“Mi hanno battezzato da piccolo” spiega Antonio, un ragazzo napoletano. “La mia famiglia è mormona”. Per quasi tutti i ragazzi presenti stasera vale lo stesso. La maggior parte di loro proviene da una famiglia mormona. “Qui all’istituto si organizzano vari eventi, tutta la settimana. Ci trovi sempre qualcuno. Alcuni sono di passaggio, altri frequentano il posto da anni”.

Il venerdì, spiega, è uno dei giorni più importanti. Ci si raduna per una lezione sul libro di Mormon tenuta da anziano Whiting. Si leggono passi significativi del libro e li si commenta. Anziano Whiting lascia molto spazio ai commenti personali, alle digressioni, alla condivisione delle esperienze da parte dei ragazzi. C’è anche uno schermo da cui assistono alla lezione via Skype coloro che non sono potuti venire. Si parla di Nefi, Helaman, Alma: nomi di profeti che si intrecciano con personaggi biblici come Giacobbe, Abramo e Rut. Infatti quello di Mormon è un libro sincretico, i fatti si snodano parallelamente ai fatti biblici, e non è raro trovare Giacobbe che discute con i discendenti di Alma e Cristo che indica ai nefiti la via della salvezza.

“Settimana prossima parleremo del terzo libro di Nefi” dice anziano Whiting. Si tratta della parte più importante del testo. Nefi, insieme al suo popolo, viene visitato da Cristo, il quale condensa la sua dottrina in insegnamenti che sono alla base della dottrina mormona. È qui che la dottrina di Smith e quella cristiana si incontrano. Non a caso la chiesa si chiama Chiesa di Gesù Cristo degli Ultimi Giorni.

“Secondo voi perché la carità è fondamentale?” continua anziano Withing.

“Perché ci permette di cancellare il nostro egoismo” dice una ragazza.

“Per me è una prova a cui Dio ci sottopone, e poi così possiamo aiutare la gente” aggiunge un altro.

“E cosa ne pensa Helaman a riguardo?” chiede Whiting.

E la lezione procede così, in uno schema aperto che permette di approfondire vari argomenti.

A un certo punto anziano Whiting cita un passo del libro. Alma 32. Una metafora di un seme che cresce nel petto dell’uomo fino a dilatarlo, finché si sviluppa un frutto che propaga la luce nel cuore del fedele. È la metafora dell’esercizio costante della fede e della preghiera affinché ne nascano i frutti. È una metafora efficace perché non la si dimentica facilmente. Il libro di Mormon, come la Bibbia, è pieno di queste metafore. Stando alla retorica classica, servono far presa sull’uditorio incolto che ragiona per immagini. Questo è il pubblico a cui probabilmente si rivolgeva Joseph Smith, il fondatore della religione, nei primi anni dell’800.

Nell’ultima fila siede anziano Wijesundera; ha ventidue anni, studia economia e proviene dalla California. “Sono qui da una settimana. Poi andrò chissà dove in qualche città italiana.” I missionari passano circa cinque settimane in una città, poi cambiano posto. La missione dura due anni ed è finanziata dalle famiglie dei missionari. Settimana scorsa anziano Osmond è stato trasferito a Lecce. I missionari prendono la cosa con disincanto, sono abituati agli addii. Anziano Whiting passa a spiegare la storia del popolo di Nefi. La lezione è come il catechismo per i cattolici e l’atmosfera è amichevole. Sul muro c’è una grande bandiera americana. In duecento anni, la comunità si è espansa. Dallo Utah, dove c’è la sede centrale a Salt Lake City e dove la densità di mormoni è elevatissima, la religione è cresciuta come una ragnatela. I mormoni sono oggi 15 milioni e sono in continua, rapida espansone.

Joyce, ventidue anni, studentessa di psicologia, mette sul piatto la cheescake ai lamponi. “È deliziosa” dice. “Sorella Whiting compra solo cibo americano”. Joyce è una delle amministratrici dell’istituto. Si occupa della pagina Facebook. “Questi ragazzi hanno tra 18 e 31 anni. Si chiamano Gans, giovani adulti non sposati”. Di fianco ci sono due ragazzi siciliani, fratelli. Anche loro sono qui di passaggio. “Io non posso più fare la missione” dice. “Ho già venticinque anni”. Può andare in missione chi ha un’età compresa tra i diciotto e i venticinque anni. Fare la missione significa passare due anni in un paese straniero in qualità di missionari. Ci si dedica completamente al proselitismo e alla preghiera. Andare in missione è come andare alla Mecca per un musulmano: è un obbligo morale. 

Un missionario americano parla del tempio in costruzione. “È dal 2008 che lo stanno costruendo. Finalmente l’anno prossimo sarà aperto al pubblico. Ma potranno andarci solo i battezzati”. Spiega che ci hanno messo così tanto a costruirlo perché si tratta di un edificio immenso e dalle forme complesse. E poi nel 2008 si era stabilito il progetto, ma i lavori sarebbero cominciati solo dopo qualche anno. “Andiamo al tempio quasi tutti i giorni, la gente è curiosa e noi spieghiamo di cosa si tratta”.

Sorella Johnson mi chiede se ho letto il libro di Mormon e se credo. “Non credo nei miracoli” dico. Lei proviene da una famiglia mormona. “A tredici anni ho avuto una malattia ai piedi, ed è allora che ho sentito Dio”. Per i mormoni Dio ha connotati fisici, è come una persona reale, un compagno. “Io so che il libro di Mormon è vero”. Questa parola, ‘vero’, si sente spessissimo tra i mormoni. Pare che la verità del libro per loro sia fondamentale. Lei crede in tutto ciò che dice la Bibbia, dall’apertura delle acque di Mosè fino alla trasfigurazione di Cristo, e si stupisce quando le dico che non m’importa se il libro sia vero, ma se mi comunichi qualcosa di interessante.

Arriva Anziano Conatti e invita tutti ad andare nell’altra stanza. Si sono radunati in molti, stanno giocando a carte, un gioco chiamato Bang, molto popolare tra questa comunità. Anche anziano Conatti è in missione e proviene da São Paulo. Anche lui è di famiglia mormone. E, come membro mormone, versa la decima, cioè una decima parte del suo stipendio alla chiesa. È così che la comunità si finanzia. Si raccontano storie miracolose sulla decima. Pur sommerse da debiti, certe famiglie non hanno rinunciato al versamento della decima e perciò hanno ricevuto la grazia o la benedizione dal Signore che li ha liberati dai debiti. Anche nel libro di Mormon è scritto che la decima comporta benedizioni di Dio. Nella stanza ci sono sia membri mormoni sia non membri. Tra i giovani c’è un uomo di cinquant’anni, che parla con tono scherzoso di come vorrebbe ampliare l’istituto acquistando il piano terra dell’edificio. È un imprenditore, è il capo supremo dell’istituto, di cui è anche amministratore. Ora la struttura gerarchica si delinea: giovani membri della chiesa, missionari, responsabili dei vari istituti, amministratori generali. E, sopra di loro, i presidenti delle varie comunità di ogni nazione. Sopra questi, infine, il profeta Nelson, considerato un apostolo vivente, che viene sostituito solo con la sua morte.

Oblio d’acqua 

La chiesa mormona in via Bra a Roma, zona Battistini, è affollata. I presenti sono perlopiù americani stabiliti in Italia ma ci sono anche italiani che si sono avvicinati spontaneamente alla dottrina di Mormon. Anna sta per essere battezzata. Pronuncia un discorso davanti al pubblico: si è convertita a seguito della malattia del padre. Il discorso su come il fedele sia arrivato alla conversione è pratica costante, dicono gli anziani. Anna indossa una tunica bianca con un orlo dorato. Dopo l’orazione, un ragazzino accompagna al pianoforte due ragazze che cantano. Si tratta di un inno mormone sul tema della rinascita.  

Poi Anna si dirige alla vasca. Ha i capelli neri sciolti. È accompagnata da un uomo pelato di cinquant’anni, un sacerdote responsabile dei battesimi che si muove come un’anguilla e veste una tunica bianca e larghi braccialetti. I presenti si avvicinano alla vasca, una piccola piscina azzurra piastrellata. I due salgono i gradini ed entrano nell’acqua. Poi il sacerdote prende la testa della donna e la immerge nell’acqua, ma la punta della testa resta fuori, e la procedura si ripete fino a quando lei non sta sotto completamente. È il momento dell’oblio, quando ci si abbandona a Dio, e finché non si esce dall’acqua si avverte la presenza dello spirito entrare nel corpo e propagarvisi. Così dice Anna. Battezzarsi da adulti è come rinascere. 

Anna esce dall’acqua, gocciolante. Sorride estatica. La gente attorno applaude. Ora Anna è mormona. Forse la sua modalità di percepire e pensare il mondo è cambiata. Quando passa a salutare ciascuno dei presenti, il suo viso irradia un’aura mistica, un tremolare elettrico che secondo i missionari è lo spirito che ancora si muove. Ci si auspica che la persona, mediante l’esercizio quotidiano della preghiera e delle azioni degne, non lasci fuggire da sè lo spirito. 

Dopo, come da consuetudine, c’è il banchetto. Due signore sudamericane distribuiscono torte di verdure. Una di loro racconta com’è venuta in Italia e come Dio l’abbia ricompensata facendole trovare un lavoro. Claudia, ventiquattro anni, mette un pezzetto di torta sul piatto di plastica.

“Sono stata in missione in Canada” dice. “Il Canada è la mia seconda casa”.

“Anche tu sei battezzata?

“Sì, tre anni fa. È stata la scelta più importante della mia vita”.

“Perché?”

“Perché non mi sentirò mai più sola”.

Attraverso il battesimo si entra ufficialmente a far parte della comunità. La lezione di inglese è uno dei modi per far conoscere al mondo la comunità mormona. È la briciola di un sistema molto più complesso.

Andrea Gangi


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