Le donne di Helmut Newton al Pan di Napoli

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Il museo Pan è vuoto questa domenica mattina, l’ideale per soffermarmi sulle foto di Helmut Newton senza sentire la fretta ansimarmi sul collo.

Finalmente posso vedere dal vivo il lavoro di un fotografo che mi ha sempre affascinato.

Dalla sua biografia so che è nato con il cognome Neustädter da una famiglia ebrea, nella Berlino del 1920. Si trova quindi a vivere, da ebreo, nel periodo peggiore della storia mondiale. Comincia ben presto a fotografare ma la pressione antisemita della Seconda Guerra Mondiale lo costringe a scappare a Singapore dove qui lavora per un quotidiano locale. Non passeranno nemmeno due anni prima che lo arrestino e lo spediscano in un campo di concentramento in Australia. Qui vi rimase per due anni, svolgendo lavori umili e con un unico obiettivo: sopravvivere.

Facendo un balzo temporale, la sua vita si assesta verso la fine degli anni ’40 quando cambia il suo cognome in Newton e sposa l’attrice June Browne, quest’ultima spesso comparirà nei suoi scatti. Il suo lavoro professionale venne acclamato in poco tempo e da fotografo freelance si trovò ben presto a scattare per Playboy ma stranamente, per un fotografo erotico come lui, è la moda ad avere più attrattiva. “Particolare” penso, mentre decine di corpi nudi mi accolgono alla mostra. Particolare che un fotografi ami così tanto i vestiti e al tempo stesso svestire le modelle. Eppure la moda lo ha amato visceralmente, tanto che Vogue,  Harper’s Bazaar, Vanity Fair, GQ, e tutti i maggiori giornali dell’epoca hanno pubblicato le sue foto. Mentre le cosce nude di una signorina mi guardano in maniera maliziosa, mi accorgo che ai suoi piedi ci sono delle magnifiche scarpe rosse in vernice. Sono talmente seducenti da oscurare la nudità e ispirare desideri feticisti anche in chi non ha mai coltivato questa fantasia. Che sia questo il segreto di Newton? Giocare con il sesso e renderlo talmente plateale da fartelo piacere? La risposta è sì. Con e senza vestiti.

Cammino tra le stanze e mi ritrovo davanti alla famosissima fotografia scattata per Yves Saint Laurent a Parigi. Una modella in smoking ripresa in una piccola via parigina, l’atmosfera è notturna e non c’è nessuno sguardo diretto in camera. Sembra quasi che il visitatore veda di sfuggita questa presenza femminile in abiti maschili, al suo fianco c’è la stessa foto ma con l’aggiunta di una donna nuda. Le due modelle non si guardano ma si toccano, ed è questo sottile contatto ad ammorbidire l’androginia della donna in smoking e a renderla femminile. Da questa foto, lo stile garçonne diventerà una costante nel mondo della moda.

La rappresentazione del non convenzionale è uno dei temi pregnanti del lavoro di Newton dove non c’è alcun tipo di contenimento. Tutto può essere sensuale se è la donna a renderlo tale, lo si capisce guardando modelle nude bardate da corsetti ortopedici, da donne sensuali che indossano vestiti in pelle e selle da cavallerizza, e poi tante, tantissime autoreggenti. A un certo punto della sua carriera, il femminismo spostò l’attenzione verso i suoi lavori e decise che Helmut Newton era uno sporco maschilista che usava le donne e ne mercificava il corpo. Erano gli anni ’80 e Helmut Newton rispose con la serie Big Nudes, gigantografie di modelle completamente nude. Il museo gli ha dedicato un’intera sezione ed è emozionante vedere i ritratti che si stagliano orgogliosi e per nulla imbarazzati, consci della propria femminilità e del proorio corpo. Go Home, Feminism! Lo smacco di Newton è nello spogliare le donne e immetterle in una fantasia maschile ma renderle sempre protagoniste, dominanti anche quando sottomesse e con il pieno controllo della scena.

“Particolare” continuo a pensare, mentre due gambe in autoreggenti mi salutano in primo piano da una fotografia. Sembra quasi che stiano sugli attenti, mentre un uomo in secondo piano le guarda senza sentimento. Si posiziona dietro una sedia come un personaggio che non ha nessun copione. La mano di una delle modelle cerca quella dell’altra ed ecco che si capisce cosa sta per accadere. Sono loro a comandare il gioco, mentre l’uomo è quasi minimizzato nella sua presenza, come un voyeur che si ritrova malauguratamente in quella stanza.

Sono i piccoli particolari a rivelare il lavoro di Newton, a sostenerlo e a glorificare la sua memoria. Ad uno sguardo pigro potrebbero sembrare le ennesime foto di nudo, come tante ne vengono pubblicate dalla pubblicità pornografica odierna, eppure è in quei particolari che si coglie la differenza.

No, Newton non è un altro fotografo di nudo e non è nemmeno un fotografo di moda qualsiasi. Helmut Newton è Helmut Newton. E le sue donne sono tutte le donne.

Dove vederlo: Museo Pan di Napoli, dal 25 febbraio – 18 giugno 2017