Gabriele Lavia e il suo amore per Prèvert ne I ragazzi che si amano
Lavia è in questi giorni in scena al teatro Elfo Puccini di Milano, con I ragazzi che si amano, fino al 12 maggio. Lo spettacolo si ispira alla famosa poesia di Jacques Prèvert, poeta della semplicità, dell’amore e dell’esistenzialismo. Le musiche sono di Giordano Corapi, la produzione è della Fondazione Teatro della Toscana, le foto di scena sono di Filippo Manzini. Lo spettacolo, un recital, è una bella lezione di Lavia di teatro e un gioiellino da vedere.
Il recital di Lavia, recensione
La scena si apre in uno spazio che ricorda Parigi così come ce la immaginiamo: decadente, romantica, malinconica e con a terra le foglie morte d’autunno. Per Lavia però non siamo a Parigi, ma semplicemente a teatro e quindi dentro lo spazio per eccellenza della finzione. La scena è solo un’evocazione che può ricordare il periodo in cui visse Prévert. Periodo che l’attore ha conosciuto quando a Parigi risplendevano la Nouvelle Vague, gli esistenzialisti che si ponevano riflessioni introspettive e complesse. Erano gli anni di Sartre di Simone de Beauvoir. Si leggevano i versi di Apollinaire, si parlava d’amore.
L’importanza della memoria
Il recital è un atto unico, con Lavia che intrattiene il pubblico, parlando d’amore, di poesia, di ritorno alla semplicità, di amori giovanili e soprattutto di memoria. Che bella cosa è la memoria se a volte per smemoratezza non ce la dimenticassimo! Mi scuso per il gioco di parole. La bellezza della rappresentazione sta nel fatto che Prèvert è un po’ un escamotage per parlare di teatro e dell’amore speciale che lega Lavia al poeta. Ricorda l’attore sempre chiacchierando con il pubblico, che ci sono libri che incontri per caso e che poi porti sempre con te, che ti illuminano, ti forgiano. La raccolta di poesie del poeta francese è stato uno di quei libri che restano nel cuore.
I ragazzi che si amano, recita il poeta, non ci sono per nessuno, e questo sentimento esclusivo viene dimenticato dagli adulti che li guardano con disprezzo. Un tempo anche gli adulti sono stati ragazzi e Lavia esorta il pubblico a ricordare la giovinezza, il nome della prima migliore amica, quello dei nonni ormai morti; insomma invita alla memoria. Il recital è anche una lezione di etimologia, di linguistica. Le parole hanno uno spirito e quando si evolvono è perché il loro significato si amplia, ma la radice resta comunque la stessa. Le parole che sono per un attore gli strumenti del mestiere, devono essere capite fino in fondo, le parole sono pietre direbbe Carlo Levi.
Conclusioni
La bellezza del teatro sta proprio in questa capacità di giocare con le parole e con il contatto diretto con il pubblico. Per Lavia il teatro è sinonimo di poesia, il luogo dove ci si può esprimere al massimo, mentre il cinema è magia, sempre se ci sarà ancora futuro per questa magia, sottolinea amareggiato l’attore. Il teatro è la prima vera forma di memoria storica, il luogo dove gli uomini hanno espresso i loro messaggi davanti a un pubblico. Cosa che è successa in tutte le culture, senza dimenticare ovviamente la tragedia greca.
Il recital prosegue tra monologhi, citazioni, e riflessioni sull’esistenza umana. E’ uno spettacolo che può essere definito una bella lezione di vita e di teatro che l’attore ha donato al pubblico con generosità, frutto della sua lunga esperienza e invidiabile carriera. Il finale vede l’attore alla chitarra con l’immancabile Le foglie morte, famosa canzone scritta da Prevért e cantata da Lavia in francese e canticchiata anche dal pubblico. Ci auguriamo che il recital abbia risvegliato qualche ricordo, qualche malinconia. Spettacolo che emoziona, come forse può emozionare un bacio, dato su una panchina, tra due ragazzi che si amano.
Per informazioni e prenotazioni: https://www.elfo.org/stagioni/20182019/iragazzichesiamano.html