sabato, Aprile 20, 2024

L’attentato alla Sinagoga di Roma: 9 ottobre 1982

L’attentato alla Sinagoga di Roma avvenne il 9 ottobre 1982 e segnò in modo indelebile la memoria della storia ebrea in Italia. Morì un bambino di soli due anni e rimasero ferite 37 persone.

L’attentato alla Sinagoga di Roma: le esplosioni

Sabato 9 ottobre 1982 era una di quelle giornate calde assolate tipiche dell’autunno romano. Molti ebrei stavano uscendo dal Tempio Maggiore sul lato di via Catalana. Era sabato ma anche Sheminì Azzereth, il giorno della benedizione dei bambini.
Improvvisamente alcuni giovani sbucati nella strada estraggono da un tascapane qualcosa che lanciano in mezzo alla folla. Dopo quattro esplosioni in rapida successione si sentono i colpi di mitraglietta con cui gli attentatori si fanno strada per fuggire. Ovunque tutti urlano: sono grida disperate e di terrore. Sull’asfalto sono rimasti i corpi dei feriti, gli occhiali rotti, le borsette abbandonate, i libri di preghiere calpestati e perforati e dappertutto macchie di sangue.

L’attentato alla Sinagoga di Roma : i primi soccorsi e le prime accuse

Dopo un certo lasso di tempo che appare infinito, comincia ad accorrere gente per portare i primi soccorsi. Nel vecchio ghetto tutti scendono in strada mentre si odono le sirene della polizia e delle ambulanze.
Si portano via i feriti verso gli ospedali ma purtroppo per un bambino di due anni, Stefano Tachè, non c’è già più nulla da fare. Il fratellino Gadiel, quattro anni, è gravissimo e così molti altri dei circa quaranta feriti.

L'attentato alla Sinagoga di Roma

     Mentre la polizia e i carabinieri compiono i primi rilevamenti si accusano i politici e i mezzi di informazione di essere i mandanti morali dell’attentato. Sono loro che, prendendo spunto dalla guerra in Libano, hanno creato un clima di antisemitismo. Sono sempre loro che, qualche giorno prima, hanno ricevuto con tutti gli onori il capo dell’OLP, Arafat, facendo finta di dimenticare la strage di Fiumicino e il traffico di armi tra il Medio Oriente e le brigate rosse. Il Presidente del Consiglio Spadolini, che qualche minuto dopo l’attentato arriva con il ministro Darida, riceve applausi ma anche fischi. Il sindaco Vetere è costretto ad andarsene presto. Nel frattempo, alcuni giornalisti vengono insultati e cacciati via.

L’attentato alla Sinagoga di Roma: le conseguenze e il corteo del pomeriggio

L'attentato alla Sinagoga di Roma

Il Consiglio della Comunità ebraica di Roma si riunisce e invita gli ebrei a partecipare più numerosi del solito alla cerimonia di chiusura del sabato nel tardo pomeriggio.
Poco prima delle 16 un corteo di due o tremila persone si stacca dalla folla che ormai da alcune ore staziona davanti alla sinagoga e si dirige verso via Arenula.
Tutti i negozi del centro di proprietà di ebrei hanno le saracinesche abbassate, sopra una scritta: “Chiuso per strage”.
Il corteo, non autorizzato, va verso via delle Botteghe Oscure e poi verso Piazza Venezia. L’intenzione è raggiungere il Quirinale per protestare con il Presidente della Repubblica. La polizia, però, blocca i manifestanti a via XXIV Maggio. La sede dell’OLP, in via Nomentana, è presidiata dalla polizia ma non avviene nulla.
La sera, seguendo l’invito della Comunità, migliaia di persone celebrano la chiusura del sabato. Anche parecchi romani non ebrei vengono a pregare e dopo la cerimonia ha inizio una veglia per le vittime.

L’attentato alla Sinagoga di Roma: i giorni dopo e i colpevoli

Il 12 ottobre, quattro giorni dopo l’orrore della strage, si svolsero nel silenzio più assoluto i funerali di Stefano Tache’. Tantissimi romani seguirono quella piccola bara bianca davanti alla quale si abbracciarono l’allora rabbino capo di Roma Elio Toaff e il presidente Pertini. Dopo che la bara raggiunse il Verano un corteo di ottomila giovani ebrei sfilò per le vie del centro. Ad aprirlo vi era un solo slogan: ”Esistere, vivere, convivere”.
Per quell’attacco terroristico, insomma, per quell’azione di guerra messa in atto contro persone inermi, nel 1989 fu condannato all’ergastolo in contumacia un palestinese, Abdel Al Zomar, ex presidente del gruppo universitario degli studenti palestinesi in Italia. Egli era accusato di aver organizzato il massacro per conto di una fazione del gruppo capeggiato da Abu Nidal. 

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