In questa strana estate segnata da un’epidemia strisciante che molti fingono non esserci più (sbagliandosi), Salvini che se ne esce – forse a braccio – affermando una presunta continuità tra le Lega e lo storico segretario comunista Enrico Berlinguer, deve suonare come un campanello d’allarme.
Un campanello d’allarme, tardivo, come la proverbiale stalla che viene chiusa quando i buoi sono già scappati – ma che merita di essere preso in considerazione, riportando l’attenzione sul quel processo di revisione della storia repubblicana che ha travolto non tanto i partiti protagonisti del ‘900, ma soprattutto gli elettori.

Nessuna strategia comunicativa
Io non sono uno di quelli che vede in Salvini (e precedentemente in Berlusconi) un abile stratega comunicativo: in modo marcatamente più pessimistico, li considero né più né meno che due sintomi prodotti dal decadimento della coscienza civica nazionale provocata dall’implosione dei corpi intermedi – i partiti, appunto, che, prima di diventare apparati per la gestione del potere e quindi delle risorse ad esso correlate, erano gli intermediari tra le istanze dei cittadini e la loro riproposizione a livello politico-amministrativo.
Salvini intercetta una parte significativa del consenso popolare perché ne è interprete in presa diretta: non modula il suo linguaggio alla bisogna, ma semplicemente questo coincide con quello delle masse che lo seguono. Come Mike Bongiorno raccontato da Umberto Eco, è proprio il suo ergersi a campione dell’uomo medio la chiave del successo.

Dietro la provocazione c’è un problema serio
La mossa di aprire una sede della Lega in via delle Botteghe Oscure a Roma, strada che nel gergo giornalistico è stata per decenni sinonimo di Partito Comunista, è solo una provocazione, ma suggerisce, anche involontariamente, l’esistenza a Sinistra di uno spazio di rappresentanza lasciato vuoto.
Anche se i dati ci dicono che hanno votato Lega strati popolari che una volta militavano a Sinistra, è evidente che le motivazioni sono diverse – dalla percezione di una mancanza di rappresentanza a livello politico, alla ricerca di una disperata difesa dei propri interessi di classe (anche solo a parole). Ma non possiamo paragonare i valori del PCI con quelli della Lega.
Salvini che si proclama erede del PCI di Berlinguer suona offensivo, ancor più di Berlusconi che si definisce “il nuovo de Gasperi”. Ma anche la reazione sdegnata del PD (si salvano solo alcuni suoi esponenti che provengono dal file di “quel” Partito Comunista) non appare parimenti troppo convincente.
Proprio per questo la boutade di Salvini rischia di essere ridimensionata: immagino che dentro le stanze chiuse del PD qualcuno si stia lamentando del fatto di aver teso in questi anni un po’ troppe mani verso le imprese, e poche nei confronti dei lavoratori.

La riscoperta del PCI
Aver provato a recidere in tutti i modi i legami con la storia del più grande (e forse democratico) Partito Comunista dell’Occidente, non solo non ha pagato in termini di consensi, ma neppure per elaborare una nuova identità progressista che facesse tesoro degli errori del passato ma mantenesse intatti i suoi valori.
Con l’eredità di Berlinguer che Salvini oggi millanta, per anni proprio la Sinistra non ha voluto avere a che farci. Ed ecco che, in questa strana estate segnata da un’epidemia strisciante che molti fingono non esserci più (sbagliandosi), l’uscita del segretario della Lega potrebbe anche essere percepita da qualcuno come verosimile.
Una guerra dialettica combattuta con armi a salve
È grande la confusione sotto il cielo: non dovrebbero essere solo i militanti di Sinistra a ribellarsi di fronte a questa affermazione, ma anche quelli di destra. Invece no: nell’epoca frettolosamente definita post-ideologica, nella quale più o meno tutti sono in cerca di un ideale in cui credere senza però trovarlo, la politica assomiglia sempre più ad un’asta, dove ognuno spara più in alto per aggiudicarsi il consenso degli elettori.
Una guerra dialettica combattuta con armi a salve, dove le parole hanno poco peso perché non sono seguite dai fatti, e la voracità con cui si consumano le notizie fa dimenticare il giorno dopo le menzogne raccontate quello prima.
Non riuscendo a guardare avanti, ci volgiamo indietro e re-interpretaimo il passato ad uso e consumo del presente. Dopo questa dichiarazione, dovremo impegnarci a spiegare ai più giovani cos’era il Partito Comunista (errori compresi). Il loro sdegno di fronte all’affermazione di Salvini sarà il segnale che avremo lavorato bene.