L’Arabia Saudita rende fuorilegge la fustigazione

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La Corte Suprema dell’Arabia Saudita ha reso ufficiale l’abolizione della flagellazione per coloro che commettono reati minori. Un passo importante per un paese noto alle organizzazione dei diritti umani come conservatore e ligio alle norme della sharia (legge islamica). Nonostante questo, il paese più ricco del Golfo possiede ancora il record di condanne a morte con ben 184 esecuzioni in dodici mesi, come riporta Amnesty International.

Il programma di riforme legate ai diritti umani fa parte del progetto redatto dal Re Salman Bin Abdul Aziz e da suo figlio, sovrano di fatto del regno, il principe ereditario Mohammed bin Salman. L’intenzione primaria è quello di rendere l’Arabia Saudita un paese al passo coi tempi e lontano da tali azioni, dopo che da anni le organizzazioni umanitare lo additavano come un regno retrogrado e medievale.

Il caso Jamal Khashoggi

Gli occhi del mondo hanno inziato ad essere più duri nei confronti del colosso sunnita dopo un vero e proprio delitto di stato come l’assassinio di Jamal Khashoggi, giornalista, critico dell’establishment wahhabita, presso un consolato saudita ad Istabul. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite Khashoggi fu “vittima di un’esecuzione deliberata e premeditata, un’uccisione stragiudiziale di cui è responsabile lo stato dell’Arabia Saudita“.

Questo è un’esempio che fa capire quanto la questione dei diritti umani sia considerabile come un nodo cruciale per le future relazioni internazionali di un paese ancorato ad un modus operandi obsoleto, in cui ancora oggi ci sono giornalisti e intellettuali dissidenti messi a tacere con la forza.

MBS (Arabia Saudita)
Mohammed bin Salman, principe ereditario del regno dell’Arabia Saudita