Dapprima fu solo un mezzo di autofinanziamento per la Direzione Nazionale, le Federazioni e i Fasci di Combattimento; poi il tesseramento divenne uno dei metodi più efficaci per controllare, inquadrare ed assoggettare le masse. Semplicemente rendendolo necessario.
Non a caso la tessera del Partito Nazionale Fascista venne soprannominata “Tessera del pane” per l’importanza che assunse in uno degli aspetti più importanti della vita sociale del Paese: il lavoro.
No tessera no lavoro
La progressione fu geometrica, nelle intenzioni e negli effetti.
Nel 1928 i tesseramenti aumentarono a dismisura quando venne stabilito per legge che gli iscritti al P.N.F. avrebbero avuto la precedenza nelle liste di collocamento.
Nel 1930, l’anzianità di almeno 5 anni divenne requisito fondamentale per ricoprire incarichi scolastici di alto livello (come per preside e rettore), e dal 1933 per poter concorrere a pubblici uffici.
La tessera divenne poi obbligatoria nel 1937 per ricoprire qualsiasi incarico pubblico.
Dal 1938, la mancanza di iscrizione al partito comportava l’impossibilità di accesso al lavoro, prevedendo pesanti sanzioni per gli imprenditori che assumevano un dipendente che ne fosse sprovvisto.
Il potere si basa soprattutto sulla mancanza di opposizione
Solo 12 su 1225 professori universitari si rifiutarono di prendere la tessera, venendo così allontanati dal loro incarico.
Altri lavoratori, che non vollero piegarsi, emigrarono; ma moltissimi, anche indifferenti alle ideologie politiche fasciste, si adeguarono, consolidando così il potere del regime.
Un atto amministrativo, non sanitario
In termini legali, l’iscrizione era un provvedimento amministrativo senza il quale non era possibile esercitare un diritto.
Il paragone con il cd. Green Pass non è, in questo senso, inopportuno. Perché di provvedimento amministrativo si tratta, e non sanitario, come specifica una nota dell’ANMA – Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti che dichiarano di non essere parte in causa delle procedure di controllo:
“È bene ricordare – e il MC lo deve richiamare in Azienda – che, allo stato attuale, la possibilità di contagiare e di contagiarsi sussiste indipendentemente dalla condizione vaccinale e/o dal possesso del green pass. Il certificato verde non rappresenta una “misura di sicurezza” per il Datore di Lavoro, a meno che non derivi dal reiterato controllo ogni 48h tramite tampone, condizione che riteniamo perlopiù inattuabile”.
Ciò evidenzia il paradosso di esporre al potenziale rischio di contagio chi non è vaccinato ed ha fatto il tampone nei confronti di chi, pure vaccinato o guarito, potrebbe essere potenzialmente contagioso.
Inutile fare propaganda o fingere indignazione per l’accostamento. L’unico precedente non appartiene alla storia democratica del Paese, ma alla sua pagina più oscura.
Dov’è la tutela della salute pubblica?
In casi eccezionali, alcuni provvedimenti di natura sanitaria – a tutela della salute pubblica – possono limitare alcuni diritti fondamentali (come quello della libera circolazione), sempre che siano supportati da una solida evidenza scientifica che ne determini l’opportunità. Mai di natura amministrativa.
Un provvedimento di natura amministrativa può avere qualunque motivazione – anche farneticante come quella dell’adesione ai valori (?) fascisti. Per questo ha e deve avere dei limiti.
La recente normativa ha indotto a vaccinarsi milioni di persone, specie giovanissimi, rendendolo condizione necessaria per riprendere la propria vita sociale (nonostante non ne potesse garantire la sicurezza).
Poi è stato alzato il tiro introducendo la prescrizione per la frequenza dell’università; infine per il lavoro.
Dov’è la tutela della salute – che è la motivazione fittizia che per molti giustifica il provvedimento – in tutto questo? L’ISS ha sempre affermato che persone vaccinate (purtroppo) possono contagiarsi e contagiare a loro volta (oltre ad avere conseguenze gravi dal contrarre il virus).
La falsa promessa di immunità del Green Pass rischia viceversa di fare abbassare la guardia e limitare le precauzioni che sono comunque dovute anche a chi ne ha i requisiti.
Rinunciare alla libertà in cambio della promessa di sicurezza
Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, l’amministrazione Bush varò in tutta fretta una legislazione anti-terrorismo che si ripercosse sul diritto interno minando di fatto l’apparato di garanzie fondamentali che costituisce la base delle democrazie moderne.
È il Patriots Act, votato con soli due voti contrari dal Congresso. L’FBI acquisì poteri pressochè illimitati; tutte le mail e tutte le conversazioni telefoniche poterono essere controllate senza autorizzazione; le garanzie dovute ai detenuti (come a Guantanamo) furono sospese.
«Bisogna combattere il terrorismo come se non esistessero regole», scrisse il New York Times nel suo editoriale in prima pagina: le stesse regole che garantiscono i diritti fondamentali di tutti i cittadini.
Ma scambiare la libertà per la promessa di sicurezza non è un buon affare, e non lo è mai stato. È il prologo dell’avvento dei peggiori totalitarismi.
Chiediamo tutti che la salute pubblica venga tutelata davvero
La responsabilità dell’applicazione di un provvedimento illegittimo è anche degli stessi cittadini che si adeguano.
Ai molti che si sentono tutelati, li invito a riflettere sul fatto che i requisiti per ottenerlo non restituiscono le garanzie promesse: i vaccinati si contagiano e possono contagiare. I luoghi frequentati non sono sicuri dal punto di vista della trasmissione del virus. Purtroppo.
Credere che il contagio sia provocato da chi non è vaccinato – basta leggere i report dell’ISS – è puerile.
Altro sarebbe sottoporre a tampone TUTTI, vaccinati e non, prima di ammetterli ad un concerto, allo stadio o in un luogo chiuso: in questo caso si potrebbe trattare di provvedimento sanitario e potrebbe restituire maggiori garanzie per la salute. Nessuna persona ragionevole potrebbe dirsi contraria nel merito.
Ai molti che si adeguano per non avere problemi, sappiano che si tratta di un precedente giuridico pericoloso, perché potrebbe aprire la strada ad altri provvedimenti che limitano la libertà dei cittadini in modo arbitrario.
La storia e l’istruzione dovrebbero servirci per comprendere non solo la situazione che stiamo vivendo, ma anche quale forte ascendente esercita la paura sulle decisioni di ciascuno di noi.