venerdì, Aprile 19, 2024

La storia di Malika Chanlhy: un’analisi riflessiva

Il 15 settembre 1935 lo scienziato Charles Darwin approda nelle isole Glapagos. Qui egli ha modo di osservare da vicino quella fetta di natura incontaminata. Studiando da vicino i suoi abitanti. Da questo viaggio egli mette a punto il concetto di evoluzione. Principio che ancora oggi rappresenta uno dei capisaldi della biologia. Tuttavia, esistono numerose sfumature sociali che potrebbero collidere con questa sacrosanta nozione. Il caso di Malika Chalhy è solo uno dei tanti casi che ce lo dimostrano. Più avanti scopriremo il motivo.

Chi è Malika Chanlhy?

Il nome di questa ragazza è ormai celebre in tutta Italia. Malika Chanlhy è una ragazza di ventidue anni. Come ogni individuo di quell’età, ella possiede alcuni sogni nel cassetto. Passioni. Ambizioni. Prova emozioni. Sentimenti. I quali, per quanto possano mutare da un soggetto all’altro, non dovrebbero mai essere giudicati. Eppure, è proprio questa pessima tendenza che ha ferito profondamente la donna. Malika è innamorata. Da nove mesi ha la fortuna di avere al suo fianco la persona che ama. Passa un po’ di tempo, e nella ragazza cresce il desiderio di far conoscere la sua dolce metà alla sua famiglia. I pensieri si trasformano in realtà. E da qui, ha inizio la tragedia. Malika viene insultata. Denigrata. Cacciata dalla propria casa. Reputata colpevole di amare la persona sbagliata. Solo perché del suo stesso genere d’appartenenza. Da una settimana a questa parte la voce della sua mamma sta facendo il giro del web. Quelle stesse corde vocali che un tempo si contraevano nel cantarle una ninnananna. Quelle stesse labbra che di tanto in tanto emanavano un “Ti voglio bene”. Adesso la respingono con violenza.


DDL Zan: “Say it louder for the people in the back”


Violenza nella violenza

Avete mai sentito parlare della cosiddetta “Violenza nella violenza”? Ebbene, anche in questo caso il fenomeno non ha tardato a verificarsi. Ciò che è accaduto a Malika Chanlhy può considerarsi un atto violento. Al quale è succeduta un’ulteriore forma di violenza purtroppo particolarmente comune. Stiamo parlando dello sminuimento. “Se fosse stata in silenzio non le sarebbe successo nulla”. “In fondo non sono così tanti i casi in cui si arriva a questi livelli”. Queste sono solamente un paio delle frasi utilizzate da questa tipologia di trattamento malsano. Partiamo dalla prima. Che cos’è il silenzio? C’è chi risponderebbe menzionando la semplice assenza di suono. Eppure, il silenzio fa rumore. Spesso anche più di un discorso pronunciato a voce alta. Il silenzio racconta la sofferenza. Racchiude tutte quelle parole scomode. Quelle timorose di uscire allo scoperto. Comprende le emozioni più intime e sincere. Il silenzio è il rifugio di coloro che non trovano conforto nel circostante. Per quanto esso possa fungere da conforto, sovente si avverte il bisogno di abbandonarlo. Almeno parzialmente. Magari lasciandogli in custodia alcuni elementi della nostra psiche, prelevandone altri. Poiché l’esistenza non consiste in un tumulto. Piuttosto, in un susseguirsi di pause e suoni. Anche quest’ultimi possono considerarsi fondamentali.

Parola d’ordine: libertà

Attraverso il suono possiamo arrivare dove le parole silenziose non riescono a giungere. Talvolta rompere il silenzio significa assaporare la libertà. La libertà di esprimersi. Di non dover celare le nostre sfumature più nascoste. E, di conseguenza, cominciare a vivere con un afflato più lieve. Di certo, l’amore non fa eccezione. Ecco perché affermare che “Se Malika Chanlhy fosse rimasta in silenzio non le sarebbe successo”, non è che una forma di violenza. Perché è raro che venga riferita la stessa frase a una persona eterosessuale. Quando si fa riferimento al rapporto romantico tra uomo e donna ad avere la meglio è il romanticismo. La vitalità dei sentimenti. Si guarda con orrore la repressione di quel che si prova. È fondamentale, dunque, agire allo stesso modo per quanto riguarda l’amore omosessuale. Poiché l’amore, quello puro, non conosce barriere di genere. Né di altra tipologia. E nel momento in cui viene forzatamente soffocato, si creano ferite ardue da rimarginare. “In fondo non sono così tanti i casi in cui si arriva a questi livelli”. Sarebbe bello poter dare credito a quest’affermazione. Purtroppo, però, se così facessimo staremmo negando l’evidenza. Ignoreremmo una grave problematica che non tende a scemare. Trasformandoci in carnefici. Sostenendo le parti degli oppressori e delle opprimitrici.

I dati parlano chiaro: Malika Chanlhy non è sola

La realtà è che ci troviamo in Italia. Nell’anno 2021. E per quanto la nostra società possa dirsi mutata in maniera da più punti di vista, esistono voragini parecchio urgenti da colmare. I dati OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) indicano che in media il 2,7% di uno stato fa parte della comunità LGBTQ+. In Italia, si stima che almeno una su due persone facenti parte di questa percentuale ha subito una violenza. Quest’ultima derivata da questioni di genere e/od orientamento sessuale e/o romantico. Si parla di atti violenti di varia natura. Si va dalla derisione e l’esclusione sociale fino alla violenza fisica, talvolta sfociata in omicidio. Eppure, ancora troppo di frequente ci si volta dall’altra parte. Si sminuisce il problema esordendo con frasi di non curanza. Si dice che “Non possiamo lamentarci, perché in fondo in altri paesi va anche peggio”. È vero in alcuni paesi va anche peggio. Esistono stati nei quali l’omosessualità è punita con la pena di morte. Tuttavia, non è concentrandoci sulla situazione altrui che risolveremo il problema. Non è proponendo paragoni fittizi che metteremo fine a questa tragedia. Piuttosto, concentriamoci sul “Hic et nunct”. “Qui e ora”.

E l’evoluzione?

Per quanto l’Italia possa considerarsi un paese più sicuro di altri per quanto riguarda queste tematiche, i dati non sono poi così confortanti. Rimaniamo lo stato nel quale tante persone come Malika Chanlhy vengono ripudiate dalle loro famiglie per via della propria sessualità. Nel quale due individui dello stesso genere, pur amandosi follemente, rischiano la vita nel darsi un bacio in un luogo pubblico. Nel quale fare coming out e partecipare ai gay pride sono azioni considerate ancora da molti come un trend. Ecco, su che cosa dovremmo concentrarci. Sull’ignoranza. Sul lato malsano di questa società. Rendendoci conto che solo schierandoci dalla parte delle vittime riusciremo a evitare di spargere altro sangue. Lo scienziato Charles Darwin, come dicevamo nell’introduzione, mise a punto il concetto di evoluzione. Ritenendo che quest’ultima fosse il processo tramite il quale una popolazione sviluppa determinate caratteristiche, perdendone altre, in seguito a una selezione naturali. I suoi studi si basavano su peculiarità fisiche. Tuttavia, questo concetto ha fatto da trampolino di lancio per una scoperta più moderna. Quella dell’evoluzione sociale.

Il contrasto sociale

Quest’ultima si definisce la “Teoria che intende spiegare come le società, intese come gruppi di individui interagenti o mutuamente dipendenti appartenenti alla stessa specie, si sono sviluppate durante la loro vita”. Gli aspetti presi in considerazione da questa disciplina sono pressoché infiniti. Ciò nonostante, molti/e esperti/e esplicano che su molti fronti si tende a vacillare. Tanto da parlare d’involuzione sociale. Ossia di un regresso nei confronti di un determinato lato dell’esistenza. Per quanto riguarda l’empatia e la comprensione del/della prossimo/a, ci si trova spesso in bilico. Da una parte scoviamo una maggiore fruibilità dell’informazione pubblica. Oltre a una più spiccata risonanza di certe tematiche. Dall’altra troviamo discriminazioni in aumento. Prove tangibili dell’ignoranza umana. La scelta è in mano nostra. Evoluzione. Involuzione. Solo la prima dà credito alla natura. Alla teoria di Darwin. Solo evolvendoci insieme alla natura rispetteremo la vita. E rispettare la vita significa amare. Amarla. Avere cura di tutti/e coloro che la percorrono. Impedendone la sofferenza. In tutte le sue forme.



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