sabato, Novembre 2, 2024

La seconda ondata femminista: “Riconosceteci come donne. Ma prima ancora, riconosceteci come esseri umani”

Ancora oggi, all’interno della nostra società ci ritroviamo a tenere dibattiti su svariate tematiche. Spesso, lo sport preferito di alcune persone sembra quello di discutere di diritti. Su quest’ultimi, siamo capaci di fare congressi su congressi. Muoviamo mari e monti per decidere se sia il caso o meno di attribuire un diritto a quella determinata persona. O meglio, a quella data categoria di persone.

Già, perché è così fin dall’alba dei tempi: ci sono sempre quei gruppi di individui, le cosiddette minoranze, che sembrano non poter mai decidere per loro stessi. Non perché essi non ne abbiano la capacità. Tutt’altro: casomai, perché pare utopico ottenerla. Qualcun altro deve sempre decidere per loro.
E ancora una volta: non perché questo qualcuno abbia il dovere di farlo. Egli si è auto attribuito questo potere.
Una categoria costantemente messa alla prova da questo punto di vista, è quella delle donne.

In precedenza abbiamo parlato di cosa sia il femminismo. Abbiamo inoltre scoperto per che cosa lotta la prima ondata femminista. 
Facciamo un piccolo ripasso: in breve, la prima ondata di femminismo si batte principalmente per il riconoscimento della donna dal punto di vista legale. Figure principali del movimento sono le suffragette, che vogliono ottenere il diritto di voto da parte del genere femminile. Ricordiamo inoltre che la donna non esisteva letteralmente dal punto legale: il suo tutore legale era il padre, il quale la consegnava nelle mani del marito una volta concordato il matrimonio.

Dopo anni e anni di lotte, questi diritti sono stati conquistati. Almeno in parte.
Le donne però, si accorgono che l’accesso alla cabina elettorale, non basta per definirsi esseri umani liberi e dignitosi.

Si rendono conto che sì, sono stati fatti dei grandi passi avanti, ma c’è bisogno di andare oltre.
Ecco che allora, durante gi anni Sessanta del Ventesimo secolo, si sviluppa la seconda ondata di femminismo.

Riprendiamoci il corpo

L’introduzione di questo articolo comincia parlando di diritti. Racconta di quanto certi individui si sentano in dovere di decidere per altre persone. Letteralmente, in dovere: della serie che senza il loro consenso, taluni individui non possono ottenere alcuni diritti umani fondamentali. Lo abbiamo detto: le donne sono sempre state vittime di ciò. Più nel dettaglio, si può dire che anche i loro corpi, li sono stati.


Le donne hanno il potere di creare la vita. La portano dentro il loro grembo per nove mesi per poi darla alla luce. Vista da questa prospettiva, questa potrebbe essere una capacità meravigliosa. E in effetti, per tante persone lo è. Peccato che in passato, e a volte anche nel presente, questo sia visto come un dovere: le donne possono procreare, perciò devono farlo. Per anni il ruolo delle femmine era esclusivamente quello di crescere i figli, mentre i soldi li portava a casa il marito.


Si era cominciato a capire che la procreazione non era un dovere, bensì una scelta consapevole. A questo scopo, ricoprivano un ruolo fondamentale i contraccettivi, che le femministe richiedevano a gran voce.
 Le donne erano desiderose di conoscere il proprio organismo e il suo funzionamento. Esse rivendicavano i diritti sui loro corpi. Volevano decidere con la propria testa se e quando avere figli.

Non solo: non concentriamoci tanto sul quando avere figli, ma piuttosto sul se. Le donne incinte all’epoca, non avevano alternativa: se si era in dolce attesa, quel bambino doveva venire al mondo. Poco importava se il concepimento fosse avvenuto attraverso uno stupro, o se magari la gestante soffrisse di depressione o altre problematiche riguardanti la salute mentale. L’aborto era considerato a tutti gli effetti un reato.

L’unica via di fuga era l’aborto clandestino, spesso parecchio rischioso dal punto di vista fisico.
Dunque, uno degli scopi fondamentali della seconda ondata femminista era proprio il diritto all’interruzione di gravidanza.

Non più “o Maria o Maddalena”

Non si trattava solo di rivendicare i diritti sul proprio corpo. Le donne stavano prendendo consapevolezza di se stesse in tutto e per tutto: cominciavano a percepirsi come esseri complessi. Per troppo tempo erano state incasellate nel ruolo di mogli e mamme a tempo pieno. Chi si ribellava era considerata una poco di buono. Chi veniva a meno al ruolo prestabilito dalla società, non poteva di certo essere vista come donna.
Ecco, le femministe erano stanche di questa visione binaria di loro stesse: le donne non erano o la mogliettina perfetta, o la donna di strada. Era tempo di abbandonare gli stereotipi, e cominciare a guardare le donne come esseri umani.

Insieme contro la violenza

La seconda ondata femminista trova la sua importanza anche in un punto fondamentale: le donne si uniscono per rompere il silenzio. Quello della violenza domestica, in particolare fisica e sessuale, era già allora un problema non poco diffuso. Non solo: esso era anche in parte giustificato. Esistevano ancora atti riprovevoli come il matrimonio riparatore. Quest’ultimo, prevedeva l’assoluzione di un reato in seguito alla contrazione del matrimonio. In pratica, se un uomo maltrattava o violentava una donna, egli poteva essere considerato a tutti gli effetti pulito davanti alla legge, nel momento in cui sposava la vittima.

Le donne cominciano a non starci più. Iniziano farsi forza e a unirsi contro i loro carnefici, nonché contro un governo che li assolveva, sempre e puntualmente.

E’ proprio in quest’epoca che nascono i primi centri d’assistenza per le donne, ossia i nostri moderni centri antiviolenza. E’ grazie a questi che le femmine cominciano a rivendicare la propria autodeterminazione.
S’instaurano delle vere e proprie reti a sostegno delle donne, che non faranno che incrementare la loro forza. Quella forza che era già presente dentro di loro, e che doveva semplicemente venire fuori.

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

- Advertisement -spot_img

Latest Articles