Era successo anche in altri momenti storici che le elezioni amministrative marcassero un mutamento nell’opinione dei cittadini rispetto alle precedenti politiche, tali da considerare la composizione del Parlamento non in linea con la rappresentanza del Paese. Mai però il distacco era salito a questi livelli.
Fatte salve le differenze fisiologiche degli orientamenti in base alla finalità del voto (politiche, regionali, europee), possiamo comunque ricavare un confronto indicativo degli ultimi due anni.
Le elezioni degli ultimi due anni
Alle politiche del 2018, il M5S aveva raccolto da solo quasi il 33% dei consensi, divenendo il primo partito del Paese. Il PD circa il 19%, la Lega poco oltre il 17%, Forza Italia il 14%, poco sopra il 4% Fratelli d’Italia. Conseguente la rappresentanza di deputati e senatori.
Alle amministrative tenutesi pochi mesi dopo, la Lega registra il primo aumento di consensi, accompagnato da un calo degli altri partiti, a partire dal M5S.
L’anno successivo, alle elezioni europee, la Lega supera il 34% delle preferenze; il PD si ferma al 22,7%, mentre M5S e Forza Italia precipitano rispettivamente al 17% e al 8,8% – Fratelli d’Italia sale poco sopra il 6%.
Nella tornata amministrativa, la Lega tiene, sfiorando il 32% dei voti, il PD sale al 27%, il M5S resta stabile al 17%. Forza Italia arretra al 6,7% e Fratelli d’Italia al 5,3%. Da segnalare la fuoriuscita di Matteo Renzi dal PD e la nascita di Italia Viva, che raccoglie meno del 5%.
Arriviamo, infine alle recenti consultazioni del 2020. è il PD il partito più votato, col 24%; la Lega scende al 17%, Fratelli d’Italia sale al 13%, in caduta libera il M5S al 9% e Forza Italia al 6,5%. Sempre sotto il 5% Italia Viva.
Il Parlamento lontano dagli ultimi orientamenti di voto
Non è casuale se, all’interno della maggioranza di governo (PD-M5S) si stia in queste ore valutando di come riequilibrare i rapporti di forza; e neppure se la leadership di Salvini inizi ad essere messa in discussione.
Il Parlamento, così come è formato appare lontanissimo da quelli che sono gli attuali orientamenti di voto dei cittadini. Come è possibile che, in così poco tempo, il partito di maggioranza abbia perso ¾ dei consensi e Forza Italia la metà? Che la Lega sia passata dal 17% al 34% e poi in un solo anno abbia dimezzato le preferenze? E che Fratelli d’Italia abbia triplicato i suoi voti?
Quali sono le cause di questo mutamento nell’opinione pubblica?
Ci sono delle variabili da tenere in considerazione, tra tutte la già citata diversa finalità delle votazioni, che è influenzata sia dalle differenti motivazioni dei cittadini, ma anche il livello di astensione; quindi gli accorpamenti, e le leggi elettorali. E naturalmente quello che viene definito “effetto governo” che correla il gradimento per l’esecutivo con il voto amministrativo al corrispondente partito (e viceversa, naturalmente). Ma tutto ciò non appare sufficiente a spiegare questo rapido e marcato mutamento nell’elettorato.
Una possibile lettura di questo momento storico e (conseguentemente) politico potrebbe incentrarsi su un problema già denunciato in passato, sin dall’indomani della fine dei tradizionali partiti del ‘900: la caratteristica “liquida” dei partiti, uniti attorno alla figura di un leader, la loro voluta presa di distanza dalle radici storiche e culturali del Paese, e l’attitudine ad intercettare il consenso degli elettori anziché cercare di promuovere valori.
Ciò provoca successi repentini, ma anche rapide disaffezioni da parte dei cittadini, che votano sulla base di un interesse o di un impulso, e non in conformità ad un’etica civica e politica a cui sentono di appartenere.
La politica ridotta a merce
L’appartenenza individuale e sociale del cittadino ad una idea di società si è frantumata in opzioni tecniche: la riduzione dei partiti a portatori di interessi particolari (con i dovuti distinguo) limita l’espressione del voto a scelte conservative e spesso incentrate non su un modello di comunità da perseguire, ma a singoli provvedimenti. Il taglio delle tasse (promesso ma mai realizzato), un bonus in busta paga, il reddito di cittadinanza, il taglio dell’IMU sulla casa…
La politica ridotta a merce e propagata attraverso slogan segue inesorabilmente le leggi di mercato: se non innovi, se non resti competitivo, la gente prima o poi si stufa – più prima che poi, dato che l’offerta si moltiplica ogni giorno – ché promettere non costa niente.
La natura effimera del consenso
La natura effimera del picco di consenso raggiunto da alcune formazioni politiche assomiglia sempre di più a quello degli astenuti – aritmeticamente la maggioranza degli elettori (purtroppo), ma in realtà corpo instabile per eccellenza, perché composta da persone che non votano per motivi anche diametralmente opposti, e che mai potrebbero riunirsi in virtù di questa loro involontaria appartenenza.
Il punto è che, se è sufficiente raccogliere il consenso per andare al potere, il metodo più semplice è quello di cercare di prendere voti da chiunque con l’unico scopo comune di sedersi sulle poltrone che contano, e poco male se le idee sono diverse, oppure non ce n’è neppure l’ombra.
Ma: attenzione: se malauguratamente l’obiettivo non viene raggiunto, l’improvvisato esercito si scioglie, così come si è formato, e si cercano nuovi punti di riferimento. La forza della politica contemporanea, insomma, reca in sé i germi della sua debolezza.
Ancora non sono terminati i festeggiamenti per la vittoria che già, all’orizzonte si profila la sconfitta. Ma non per il partito del momento, né per i suoi improvvisati leader pronti a riciclarsi nei meandri del potere, ma per noi cittadini, sempre più incapaci di esprimere validi rappresentanti, sempre meno in grado di essere degnamente rappresentati.