La plastica legata alla pandemia ha creato oltre 25.000 tonnellate di rifiuti che sono fuoriusciti nell’oceano. Mentre altri 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica sono creati a livello globale. Una ricerca ora ha rilevato come questi rifiuti sono mal gestiti.
Quanto pesa la plastica legata alla pandemia sull’ambiente?
L’Epidemia di Covid-19 sta avendo gravi conseguenze sull’economia globale ma anche sull’ambiente, soprattutto a causa dell’aumento dei rifiuti. In particolare i dispositivi di protezione individuale come mascherine e guanti usa e getta. Si stima che i ricavi per le aziende che vendono mascherine usa e getta siano passati dagli 800 milioni di dollari nel 2019 ai 166 miliardi di dollari nel 2020. Mascherine che in qualche modo devono essere smaltite, finendo in discarica o, nel migliore dei casi, incenerite. Solo per fare un esempio, nell’isola di Singapore durante il primo lock down, durato otto settimane, sono state prodotte 1.470 tonnellate di rifiuti di imballaggi da asporto e per la consegna di cibo.
Un’ondata di rifiuti mondiale
Dall’Inizio della pandemia di Covid-19, si è stimato un utilizzo mensile di 129 miliardi di maschere facciali e 65 miliardi di guanti a livello globale. (fonte: Environmental Science & Technology) La preoccupazione per l’aumento dei rifiuti, spesso potenzialmente contaminati, e per gli impatti che questo può avere sugli ecosistemi naturali, non arriva solo dal mondo delle associazioni ambientaliste ma anche dagli scienziati.
Come è gestita la plastica per la pandemia?
Poiché a livello mondiale si sono creati troppi rifiuti i paesi, non sono riusciti a elaborare correttamente i materiali. Secondo uno studio intitolato “Rilascio di rifiuti di plastica causato da Covid-19 e il suo destino nell’oceano globale”. La pandemia ha portato a un aumento della domanda di plastica monouso. Un problema globale dei rifiuti di plastica già fuori controllo. “Anche se si sospetta che sia grande, l’entità e il destino di questi rifiuti di plastica mal gestiti associati alla pandemia sono sconosciuti”. La ricerca ha anche rilevato che la maggior parte della plastica era in gran parte il risultato di rifiuti medici provenienti dagli ospedali. Anziché da dispositivi di protezione individuale e imballaggi per lo shopping online.
Una catastrofe per l’ambientale
“La plastica rilasciata può essere trasportata su lunghe distanze nell’oceano. Incontrare la fauna marina e potenzialmente portare a lesioni, fino alla morte” afferma lo studio sulla natura dannosa di così tanta plastica che si infiltra nell’oceano. I ricercatori hanno anche chiesto “una migliore gestione dei rifiuti sanitari negli epicentri pandemici, specialmente nei paesi in via di sviluppo”. I rifiuti per il Covid-19, alcuni esempi:
Le mascherine (FFP2, chirurgiche e simili).
Guanti di plastica.
Derivati dai vaccini (come fiale, aghi e siringhe).
Tamponi (tra i quali figura anche materiale a rischio infettivo).
I rifiuti prodotti da persone infette che si trovano in quarantena.
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È indubbio che la plastica in tutte le sue forme polimeriche sia un materiale che ha permesso alla nostra società di svilupparsi così come la conosciamo. Ciò che ancora non siamo riusciti a fare abbastanza bene è la gestione del cosiddetto “fine vita” in maniera sostenibile. Ha senso progettare un materiale capace di resistere per anni, se non secoli, per essere impiegato una sola volta? Ciò che sappiamo è che la plastica, e le microplastiche in particolare, sono arrivate ovunque nel pianeta. Nei ghiacciai alpini e negli oceani, ai poli, negli organismi viventi, contaminando gli ambienti naturali e in alcuni casi provocando veri e propri disastri naturali. Secondo il rapporto dal titolo “Breaking the Plastic Wave”, se non saranno intraprese serie politiche di riduzione della produzione e gestione dei rifiuti, la quantità di plastica scaricata negli oceani triplicherà entro il 2040, arrivando a 29 milioni di tonnellate l’anno.