mercoledì, Febbraio 12, 2025

La peste

La parabola della vita dello scrittore e filosofo Albert Camus è breve quanto intensa: nasce il 7 novembre del 1913 in Algeria, a soli 43 anni vince il premio Nobel, e muore tragicamente tre anni dopo in un incidente stradale con l’editore Gallimard sulla strada di Parigi. In pochi anni lascia un segno indelebile non solo nella letteratura mondiale, ma anche nel pensiero del ‘900. Camus alternava la saggistica alla narrativa, trasponendo nell’uno in forma di storia quello che aveva espresso nel precedente in termini filosofici. Il mito di Sisifo si compie ne Lo Straniero; L’uomo in Rivolta ne La peste. La peste è il suo romanzo che preferisco, quello in assoluto – più di tutti – avrei voluto scrivere.

L’ho letto la prima volta verso la fine degli anni ‘80, e immancabilmente lo rileggo ogni anno, ispirato da qualcosa che lo richiama alla mia mente, anche solo per analogia; e ogni volta, per qualche motivo, riesco a trarne qualcosa di nuovo. Come adesso.

La peste è ambientato nella città di Orano, in Algeria, colpita da una epidemia che la isola dal resto del mondo. Dapprima le persone fingono che non stia succedendo niente; poi, mentre la peste dilaga, si frammentano nei comportamenti più diversi: chi fa mercato nero dei sempre più scarsi viveri, chi è convinto che sia una punizione divina, chi si abbandona agli eccessi dell’alcool, chi cerca di scappare. In uncrescendo di paura, si scatena una inutile caccia ai presunti untori, poi, di fronte al picco del contagio, la popolazione cede al panico e si abbandona fatalmente agli eventi.

Ma in questo contesto di disperazione emerge inaspettatamente dalla massa la figura di uno degli eroi “normali” di Camus: il dottor Rieux, che da subito decide di non abbandonare Orano ed impegnarsi per salvare quante più vite è possibile. La sua visione della realtà è capovolta: la peste, diviene condizione di fraternità, un pretesto di solidarietà verso il prossimo a cui si sente accomunato dalla lotta senza tregua contro un male universale che deve essere affrontato da ognuno per la salvezza di tutti.

Il contagio è la metafora della decadenza d’animo e della barbarie umana, eredità della recente seconda guerra mondiale e del nazismo (il romanzo è del 1947): alla ferocia di una malattia – anche morale – che sembra inarrestabile e priva di ogni logica, Camus contrappone la certezza che in qualsiasi momento della nostra vita si può scegliere di fare la cosa giusta o quella sbagliata, anche senza credere che in cambio ci sia una ricompensa, né in questo mondo né in un altro. Il male, ci dice, è parte della vita ma il nostro dovere è quello di rifiutarlo per non trasmetterlo ad altri, e se possibile cercare di guarirlo.

Sa che ogni rinascita dell’umanità non cancellerà i danni dell’esperienza vissuta: che l’impegno è una sorta di tregua momentanea ispirata dal desiderio di vivere dell’uomo, che deve essere continuamente ribadito per mantenere la propria forza. E sa anche che “il bacillo della peste non muore né scompare mai”, e che di fronte al male l’unico modo per provare a combatterlo è quello di unirci, non di dividerci.

Massimiliano De Luca
Massimiliano De Lucahttp://www.massimilianodeluca.it
Sono nato a Firenze nel 1968. Dai 19 ai 35 anni ho speso le mie giornate in officine, caserme, uffici, alberghi, comunità – lavorando dove e come potevo e continuando a studiare senza un piano, accumulando titoli di studio senza mai sperare che un giorno servissero a qualcosa: la maturità scientifica, poi una laurea in “Scienze Politiche”, un diploma di specializzazione come “Operatore per le marginalità sociali”, un master in “Counseling e Formazione”, uno in “Programmazione e valutazione delle politiche pubbliche”, un dottorato di ricerca in “Analisi dei conflitti nelle relazioni interpersonali e interculturali”. Dai 35 ai 53 mi sono convertito in educatore, progettista, docente universitario, ricercatore, sociologo, ma non ho dimenticato tutto quello che è successo prima. È questa la peculiarità della mia formazione: aver vissuto contemporaneamente l’esperienza del lavoro necessario e quella dello studio – due percorsi completamente diversi sul piano materiale ed emotivo, di cui cerco continuamente un punto di sintesi che faccia di me Ein Anstàndiger Menschun, un uomo decente. Ho cominciato a leggere a due anni e mezzo, ma ho smesso dai sedici ai venticinque; ho gettato via un’enormità di tempo mentre scrivevo e pubblicavo comunque qualcosa sin dagli anni ‘80: alcuni racconti e poesie (primo classificato premio letterario nazionale Apollo d’oro, Destinazione in corso, Città di Eleusi), poi ho esordito nel romanzo con "Le stelle sul soffitto" (La Strada, 1997), a cui è seguito il primo noir "Sotto gli occhi" (La Strada, 1998 - segnalazione d’onore Premio Mario Conti Città di Firenze); ho vinto i premi Città di Firenze e Amori in corso/Città di Terni per la sceneggiatura del cortometraggio "Un’altra vacanza" (EmmeFilm, 2002), e pubblicato il racconto "Solitario" nell’antologia dei finalisti del premio Orme Gialle (2002). Poi mi sono preso una decina di anni per riorganizzare la mia vita. Ricompaio come finalista nel 2014 al festival letterario Grado Giallo, e sono presente nell’antologia 2016 del premio Radio1 Plot Machine con il racconto "Storia di pugni e di gelosia" (RAI-ERI). Per i tipi di Delos Digital ho scritto gli apocrifi "Sherlock Holmes e l’avventura dell’uomo che non era lui" (2016), "Sherlock Holmes e il mistero del codice del Bardo" (2017), "Sherlock Holmes e l’avventura del pranzo di nozze" (2019) e il saggio "Vita di Sherlock Holmes" (2021), raccolti nel volume “Nuove mappe dell'apocrifo” (2021) a cura di Luigi Pachì. Il breve saggio "Resistere è fare la nostra parte" è stato pubblicato nel numero 59 della rivista monografica Prospektiva dal titolo “Oltre l’antifascismo” (2019). Con "Linea Gotica" (Damster, 2019) ho vinto il primo premio per il romanzo inedito alla VIII edizione del Premio Garfagnana in giallo/Barga noir. Il mio saggio “Una repubblica all’italiana” ha vinto il secondo premio alla XX edizione del Premio InediTO - Colline di Torino (2021). Negli ultimi anni lavoro come sociologo nell’ambito della comunicazione e del welfare, e svolgo attività di docenza e formazione in ambito universitario. Tra le miei ultime monografie: "Modelli sociali e aspettative" (Aracne, 2012), "Undermedia" (Aracne, 2013), "Deprivazione Relativa e mass media" (Cahiers di Scienze Sociali, 2016), "Scenari della postmodernità: valori emergenti, nuove forme di interazione e nuovi media" (et. al., MIR, 2017), Identità, ruoli, società (YCP, 2017), "UniDiversità: i percorsi universitari degli studenti con svantaggio" (et. al., Federsanità, 2018), “Violenza domestica e lockdown” (et. al., Federsanità, 2020), “Di fronte alla pandemia” (et. al., Federsanità, 2021), “Un’emergenza non solo sanitaria” (et. al., Federsanità, 2021) . Dal 2015 curo il mio blog di analisi politica e sociale Osservatorio7 (www.osservatorio7.com), dal 2020 pubblicato su periodicodaily.com. Tutto questo, tutto quello che ho fatto, l’ho fatto a modo mio, ma più con impeto che intelligenza: è qui che devo migliorare.

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