giovedì, Aprile 25, 2024

La morte spegne il cervello? Un’innovativa risposta

Cervello riattivato

La morte spegne il cervello? Non è proprio così. Uno studio condotto su un maiale mostra infatti che è possibile riattivare alcune funzioni cellulari e circolatorie. Ancora una volta bisogna riconsiderare la definizione di “morte”.

Il team di neuroscienziati dell’Università di Yale, ha pubblicato su Nature la curiosa scoperta. Iniettando un composto chimico in grado di preservare i tessuti, gli studiosi hanno notato che l’integrità delle cellule nervose pareva preservata. In particolare la funzionalità dei neuroni di sostegno della glia e delle cellule vascolari era stata riattivata. La strumentazione utilizzata è stata battezzata BrainEx ed è “costituita da pompe e filtri controllati dal computer che inviano una soluzione nutriente attraverso un cervello morto esposto chirurgicamente, con un flusso e riflusso che imita la circolazione naturale del corpo”.

La novità scientifica

Dal punto di vista medico, la morte cellulare è considerata veloce e irreversibile. Dopo pochi istanti dall’interruzione del flusso sanguigno infatti, l’ossigeno cessa di raggiungere i distretti corporei e si sa, niente ossigeno equivale alla morte. Infatti nel giro di pochi secondi l’attività elettrica termina e con esso ogni segno di coscienza. Nei minuti successivi le riserve di energia si esauriscono e iniziano le reazioni molecolari che portano alla decomposizione dell’organismo. Alcune ricerche, tuttavia, avevano portato alla luce alcuni segnali di sopravvivenza cellulare e questo gruppo di scienziati ha voluto approfondire.

L’utilità scientifica

L’innovativa metodica BrainEx permette di estendere la visuale scientifica su un orizzonte ancora inesplorato. Fino a ora infatti, lo studio delle cellule nervose si è svolto per lo più a livello bidimensionale, su piccoli gruppi e non all’interno del tessuto originale. BrainEx permette invece una visione globale, simultanea e “in vivo” della funzionalità cellulare, attraverso una prospettiva ovviamente tridimensionale. Tutto ciò è molto importante per future indagini sulla connettività cerebrale e sulle origini di molte patologie.

Cervello vegeto ma non vivo

Anche se i ricercatori hanno assistito a una riattivazione cellulare, non c’è stato segno di alcuna attività elettrica organizzata. Ciò significa che non è stato riscontrato il ripristino di una normale attività cerebrale, quindi per ora non si vedono applicazioni cliniche possibili. Se ciò fosse avvenuto, e non era tra gli obiettivi della ricerca, si sarebbe trattato di un avvenimento scientifico senza precedenti, con enormi implicazioni etiche.
Un limite ulteriore a questo studio è la difficoltà di applicazione sull’uomo. Nella soluzione chimica utilizzata per l’esperimento infatti, mancano diverse componenti fondamentali che si trovano nel sangue umano, come le cellule immunitarie e altri elementi.

I risvolti etici

Se per un maiale le remore nel fare esperimenti emergono nella misura in cui quest’ultimi sono utili per l’avanzamento scientifico, con l’uomo è diverso. Uno studio di questo tipo su un essere umano sarebbe sicuramente criticato dai comitati etici e ovviamente dagli esponenti religiosi. Cosa accadrebbe se avvenisse davvero una riattivazione dell’attività neurale globale? Sarebbe tutto identico a prima? Cosa ricorderebbe la persona dei momenti in cui il cervello era “spento”?

Tutte queste domande e molte altre sono lontane dal trovare una risposta. Ciò a cui si può ambire, visti gli importanti avanzamenti tecnologici, è scoprire sempre meglio come funzionino i sistemi nervosi degli organismi, quali possono essere i loro limiti e, soprattutto, come curarli al meglio quando vengono attaccati da qualche patologia.

Sei appassionato di neuroscienze? Ecco un altro studio molto interessante:
https://www.periodicodaily.com/loggettivazione-della-donna-e-confermata-dalle-neuroscienze/

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