Massimo Gramellini racconta un’assenza che fa male e che non smette mai di essere presente
Nel marzo del 2012 il segreto più intimo di Massimo Gramellini divenne alla portata di tutti: l’uscita del libro “Fai bei sogni” sancì per l’autore una rivelazione, per i lettori una rassicurazione con cui consolarsi quando ci si sente poco forti, quando si vorrebbe cedere alle proprie fragilità.

Il vicedirettore del quotidiano “La Stampa“ ha un macigno che porta sulle spalle da quando aveva 9 anni, una verità dai contorni sfumati, un sapere che non vuole conoscere, perché lo teme. Eppure, dopo 40 anni, una lettera gli chiede di aprire gli occhi ed immergersi profondamente in un’infanzia segnata da una presenza scomparsa: quella della madre. E’ su questo aspetto che si sofferma la dedica del libro, con una frase di Eric Hoffer: “Molto più importante di quello che sappiamo o non sappiamo è quello che non vogliamo sapere”.
Comporre un’opera che ha come filo conduttore la propria autobiografia segnata dal dolore, è un percorso difficile, ma la forza del protagonista-autore, nel non abbandonare quei sogni che la madre gli disse di fare da bambino, donano coraggio a tutti coloro che hanno subito lo stesso, o simile, dramma.
Cosa insegna “Fai bei sogni”?
Gramellini ha un sogno, la scrittura e più volte ha pensato di abbandonarla, tuttavia per ogni dolore c’è una forza che fa da contrappeso ed egli ha saputo sfruttarla.

Un successo straordinario conferma la capacità dell’autore di nuotare a fondo nel suo animo e in quello degli altri. Un’empatia che crea nella descrizione di una vita solitaria, tratto caratteristico dell’essere umano: “la mia specialità consisteva nel trovarmi a disagio ovunque io fossi”. Una vita da inadeguato, passata a guardare la terra, perché ci vuole coraggio per alzare gli occhi al cielo.
Il suo insegnamento consiste nel ricordare amorevolmente una madre che ha deciso di recidere le proprie ali, ma non solo: il protagonista mostra come si possa camminare e correre anche quando la parte più importante di te, non è più fisicamente al tuo fianco, anche quando questo sembra essere un freno troppo forte.
La scoperta dell’amore è una luce nel tragico tunnel in cui il personaggio principale sente di ritrovarsi. La sua esistenza gli ha insegnato che in amore chi perde resta immobile e lui è stanco di star fermo. Egli combatte a lungo contro l’incapacità di vivere e vuole imporre la sua spada su questo mostro: cancellare il timore di vivere.

Il romanzo non è catartico: Massimo non ha alcuna presenza di cui liberarsi, perché non vuole, perché è impossibile distaccarsi da un cordone ombelicale invisibile e perenne.
Da bestseller a film
Nel 2016 le pagine sono divenute immagini simultanee: Marco Bellocchio è il registra di “Fai bei sogni“, il film prodotto da IBC Movie, Kavac Film, Rai Cinema e ADvitam, con il sostegno di Mibact, Film Commission Torino Piemonte e Fip
Le location principali sono i Four Studios, la Basilica di Superga, case private e altri esterni di Torino.

Il protagonista è Valerio Mastandrea, la fidanzata Elisa è interpretata da Berenice Bejo. Tra gli altri attori: Fabrizio Gifuni, Guido Caprino e Barbara Ronchi, nel ruolo della mamma.
La figura pura della madre

La madre è incontaminata dalla sofferenza per la sua morte, dalle rughe del suo volto, delle malattie che la circondano. Un paesaggio idilliaco appare negli occhi di chiunque nel momento in cui un qualcosa richiama alla parola “mamma“. E’ stato, è e sarà così per Gramellini, ma anche per Ugo Foscolo. Fu così per gli imperatori romani e gli eroi omerici. In un mondo in continua evoluzione, l’immutabile resta l’amore per una figura senza pari. Un giorno per celebrarla è il tentativo di imbottigliare il mare. Esso ha bisogno di essere guardato ogni giorno, una madre ha la necessità di essere amata intenzionalmente. Il 12 maggio 2019 ricorre la seconda domenica del mese di maggio, dunque la “Festa della Mamma“: un augurio alle mamme che si identificano ormai da tempo in questo nome, un augurio a coloro che sentono ancora stretto questo appellativo. Auguri alle mamme che si sentono tali a prescindere dagli avvenimenti, perché lo sono state e sempre lo saranno. “Madre” è una categoria senza uscita.