La dura vita dei dissidenti in Cina

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La dura vita dei dissidenti in Cina

La dura vita dei dissidenti in Cina sta peggiorando mentre si avvicina il 20° congresso del Partito Comunista cinese. Il governo ha arrestato o posto agli arresti domiciliari numerosi attivisti, oppositori e avvocati per i diritti umani.

Cina: la dura vita dei dissidenti

Si avvicina il 20° congresso del Partito Comunista cinese e il governo ha intensificato la repressione dei confronti del dissenso. Da metà settembre, numerosi attivisti e oppositori del governo di Xi Jinping sono stati incarcerati e posti agli arresti domiciliari, mentre molti avvocati per i diritti umani sono stati intimiditi, molestati e pedinati da agenti. Le autorità cinesi temono che le critiche rivolte al governo potrebbero portare al malcontento sociale e minacciare il regime. Minsheng Guancha, un sito web che denuncia le violazioni dei diritti umani in Cina, ha documentato dozzine di casi di attivisti e oppositori confinati nelle loro case, rimpatriati con la forza e detenuti prima del congresso del partito. Molti sono stati detenuti per un massimo di 15 giorni con l’accusa di “aver provocato litigi e provocato problemi”.

Un avvocato, che è stato radiato dall’albo e è stato costretto a chiudere il suo studio per aver difeso casi politicamente delicati, ha detto al The Guardian che ogni mattina la polizia lo chiama per controllare i suoi piani per la giornata. “Mi ordinano di non andare da nessuna parte, di non vedere nessuno e di non dire loro niente. Il messaggio è chiaro: siamo osservando ogni tua mossa”, ha affermato. L’avvocato ha anche detto che le piattaforme di social media cinesi bloccano tutti i suoi post.

Lui non è l’unico avvocato che riceve un trattamento così duro dalle autorità cinesi. L’avvocato Yu Wensheng, che ha trascorso quattro anni in prigione, l’avvocato per i diritti umani Wang Quanzhang, che è stato incarcerato con l’accusa di sovversione per aver difeso gli attivisti, l’avvocato Li Heping, l’avvocato Xie Yanyi e l’avvocato Jiang Tianyong hanno tutti riferito che loro e le rispettive famiglie sono tutte sotto sorveglianza speciale del governo.

Una rara protesta a Pechino

Nonostante la vasta operazione contro il dissenso, in Cina si sono verificate delle proteste. A Pechino è apparso uno striscione contro il Partito Comunista e le sue politiche. Foto e video emersi sui social media mostrano due striscioni appesi a un cavalcavia di un’importante arteria nell’angolo nord-ovest della capitale cinese.  “Vogliamo cibo, non test PCR. Vogliamo libertà, non lockdown. Vogliamo rispetto, non bugie. Vogliamo una riforma, non una rivoluzione culturale. Vogliamo un voto, non un leader. Vogliamo essere cittadini, non schiavi“, si legge. Un secondo striscione chiedeva il boicottaggio delle scuole, gli scioperi e la rimozione del presidente Xi.


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