martedì, Aprile 16, 2024

La comunicazione politica americana da Kennedy a Trump

Molti si pongono la domanda: “Come riesce un futuro presidente ad attirare verso di sé gli elettori?”. Alessandro Sorani cerca di rispondere a questa domanda nel suo ultimo libro “La comunicazione politica americana da Kennedy a Trump”. Sorani ripercorre sessant’anni di storia americana, analizzando il modo di comunicare di 11 presidenti USA.

Da Kennedy a Trump, com’è cambiata la comunicazione politica?

Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali USA 2020, molti si chiedono: “Vincerà l’arrogante Trump o l’empatico Biden?”. La risposta alla domanda si potrà conoscere tra pochi giorni. Tuttavia, molto importante è analizzare i diversi stili di comunicazioni dei diversi candidati presidenziali. Quanto incidono sulla vittoria di un futuro presidente?

Alessandro Sorani cerca di rispondere a questa domanda nel suo ultimo libro, intitolato “La comunicazione politica americana da Kennedy a Trump”. Sorani ripercorre sessant’anni di storia americana attraverso 11 presidenti, il loro modo di comunicare e di relazionarsi con il pubblico. Per ognuno dei presidenti, traccia un ritratto biografico, mettendo in evidenza soprattutto le caratteristiche dello stile comunicativo, come per esempio la cura per l’immagine da parte di JFK, oppure l’attenzione di Clinton per la struttura dei discorsi.

Nel libro, Sorani inizia a parlare del presidente John Fitzgerald Kennedy. Fu proprio lui il primo a partecipare a un dibattito politico in TV. Nel 1960, John Kennedy sfidò il rivale Richard Nixon. Kennedy si presentò bello, abbronzato e sicuro di sé, mentre Nixon era impreparato, impacciato e con il vestito del colore sbagliato. In questo primo dibattito TV, si capì che era molto importante il modo di presentarsi. Infatti, chi vide il confronto televisivo decretò come vincitore Kennedy, chi lo ascoltò alla radio votò per Nixon.

Le dichiarazioni dell’autore

Alessandro Sorani afferma: “La comunicazione politica moderna nasce nel 1960, con l’elezione di Kennedy. Da quel momento l’immagine divenne fondamentale. Dalle battute di Reagan, la star del cinema che amava presentarsi come ‘il nonno degli americani’ ed è stato il presidente più empatico degli Usa, al ‘perfect speech’ di Bill Clinton al ‘malaise’ speech di Carter o al discorso sulla caduta del Muro di Berlino mai pronunciato da Bush padre, fino ai tweet di Obama, il primo a usare i social. Per arrivare a Trump, che preferisce comunicare direttamente con il popolo attraverso Twitter, bypassando i media. Trump è un comunicatore sottovalutato, è estremamente abile e capace, ha saputo cogliere nella sua comunicazione tutta l’America impaurita”.

L’autore dedica qualche pagina anche al paragone tra la comunicazione politica statunitense e quella italiana: “Reagan nello stile e nel modo di usare la tv è molto simile a Silvio Berlusconi, nonostante che tra le discese in campo dei due corrano 14 anni. Trump è il pre-Salvini, precursore del populismo rappresentato dalla Lega”.

Per raccontare il rapporto che questi presidenti ebbero con i media, l’autore pone molta attenzione sul grado di empatia che ognuno di loro stabilì non soltanto con l’elettorato, ma anche con gli altri leader politici: un aspetto spesso cruciale nel determinare le sorti di un presidente.


Leggi anche: Obama e Biden insieme in Michigan negli ultimi comizi

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