Dedita all’agricoltura e all’attività estrattiva, la civiltà Jiroft è paragonabile alla sumera. Le genti della valle del fiume Halil, nel Sud-Est dell’Iran, nel III millennio a.C. avevano una cultura fiorente. Prima della scoperta nessun testo faceva riferimento all’esistenza della stirpe.
Quando è stata scoperta la civiltà Jiroft?
Nel 2001 l’esondazione dell’Halid ha fatto emergere una sepoltura contenente dei vasi decorati con pietre dure. Il ritrovamento non ha dato subito avvio ad una campagna di scavo e si assiste così al saccheggio di alcuni reperti. Gli oggetti immessi sul mercato dell’antiquariato e venduti all’asta catturano però l’attenzione degli estimatori. Nel 2003 cominciano infatti gli studi dell’area che portano alla luce una necropoli e una città fortificata. Il sito è identificato col nome di Mahtoutabad. L’area cimiteriale era utilizzata fin dal IV secolo a.C. e gli abitanti avevano legami con la cultura di Tal-i Iblis. Le ultime campagne di scavo hanno portato alla luce una statua in bronzo raffigurante una testa di capra.
I Sumeri per primi salutarono l’alba del nuovo anno
Una cultura altra dai Sumeri
Alcuni studiosi ritengono che gli abitanti della vallata dell’Halid fossero più progrediti delle genti della Mesopotamia. Suffragano quest’ipotesi la conoscenza della scrittura, una lingua propria e le strutture materiali rinvenute nella zona. Le indagini archeologiche hanno identificato altri abitati simili a Mahtoutabad, ciò che permette di definire una vera e propria civiltà.
Le caratteristiche dei Jiroft
I Jorift vivevano in un’area di 400×300 km, circondata da alte montagne e aperta sullo stretto di Hormuz nel Golfo Persico. Inoltre, il vasellame utilizzato soprattutto ome corredo funerario fa pensare al culto dei morti e degli antenati tipico di altre culture millenarie. I contenitori erano in clorite, un minerale comune nelle rocce metamorfiche, estratta nelle cave locali. Invece i lapislazzuli che li ornavano provenivano dall’Afghanistan, a testimonianza di rapporti commerciali con altre realtà. Gli oggetti erano diffusi in Siria, Uzbekistan e nella penisola arabica. Sulle anfore c’erano rappresentazioni di coltivazioni e guerrieri e di palazzi piramidali poi ritrovati negli scavi. Gli abitanti probabilmente producevano datteri e irrigavano la terra con pozzi artesiani. L’attività estrattiva era importante per la comunità.
Gli studi del Museo di Rovereto
Alcuni esperti del Museo di Rovereto hanno partecipato ad un progetto che approfondisce le conoscenze sulla civiltà. Il risultato delle ricerche è il filmato “L’Aquila e il Serpente. In Iran sulle tracce del mito” che descrive la cultura Jorift. Le figure presenti sui vasi sembrano descrivere un episodio simile al diluvio universale della Genesi. Inoltre, alcune tavolette rinvenute sull’altopiano iranico trovano riscontro nelle figure che ornano i recipienti di clorite di Mahtoutabad. Sono tutti riferimenti alla divinità poi ripresi nelle leggende sumere di Etana il re-sacerdote di Kish e nell’epopea di Gilgamesh. La città ritrovata nel 2003 potrebbe quindi essere Aratta, forza rivale di Uruk.