Khatera, storia di un sogno infranto

La storia di una ragazza colpita dalla violenza

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Cos’è un sogno? Esistono almeno due risposte a questa domanda. Il sogno lo si può definire in senso onirico, riferendoci all’immaginazione involontaria che si attua durante il sonno. E poi ci sono i cosiddetti “sogni del cuore”, ossia gli obiettivi che intendiamo raggiungere a tutti i costi. Vediamo in queste mete la nostra personale idea di felicità. Magari lo facciamo a tal punto che non riusciamo a vedere la realizzazione personale in maniera differente. Non sempre attaccarsi a un sogno può dirsi un gesto sano. Questo perché il fluire della vita è talmente imprevedibile, che possono porsi di fronte a noi mille ostacoli. Esistono poi barriere che non sono lì semplicemente per via del fato. Può succedere che sia qualcun altro a imporci dei limiti. E magari lo fa in nome di una giustizia fittizia. La storia di Khatera è la dimostrazione di tutto ciò.

Chi è Khatera? Cosa l’è successo?

Khatera è una ragazza afghana, originaria di Kabul. E’ una di quelle persone che per realizzare il suo sogno ha dovuto lottare con le unghie e con i denti, in nome della sua emancipazione nonché dei diritti umani. Fin da piccola s’immaginava in una divisa da poliziotta. In quelle vesti Khatera si sentiva sicura, felice e realizzata. Così, è proprio quello il cammino che ha deciso d’intraprendere. Contro il parere di molti, soprattutto quello del padre, la donna comincia a lavorare alla stazione di polizia a Ghazni, nel suo Paese. Passano tre mesi dall’inizio di quell’impiego. Un lasso di tempo abbastanza lungo per imparare alcuni trucchi del mestiere, ma decisamente troppo corto per cominciare a godere di quella posizione tanto agognata. Eppure, è proprio quest’ultima opzione che ha travolto la vita di Khatera. Mentre stava tornando a casa da lavoro. Una moto guidata da tre uomini le si avvicina, colpendola.

Questo è l’ultimo ricordo che Khatera ha di quella giornata, prima di risvegliarsi in una camera d’ospedale. La ragazza si riprende, ma una parte di sé sembra averla abbandonarla definitivamente. <<Chiedevo ai medici perché non riuscissi a vedere nulla. Loro mi dicevano che era perché avevo ancora gli occhi bendati per via delle ferite. Ma io sapevo che qualcosa non andava. Sentivo che quella parte di me mi era stata portata via per sempre>> Afferma la vittima. E purtroppo, le sue impressioni si rivelano corrette. In seguito all’incidente, Khatera perde la vista. Dunque, il trauma oltre ad aver colpito mente e corpo, le ha anche precluso di proseguire il suo sogno. Quello di diventare poliziotta. Carriera sempre sognata, e che le avrebbe consentito l’indipendenza economica.

Gli ostacoli che violano i diritti umani

L’identità degli aggressori è ancora un mistero irrisolto. Tuttavia, vi sono alcuni sospetti sul movente: il padre di Khatera. Non a caso, quest’ultimo ha sempre mal visto le intenzioni della figlia. Le ha sempre impedito di proseguire quella strada, non considerandola adatta per una donna. A questo quadro, si aggiungono alcune mosse sospette da parte dell’uomo. Sembrerebbe che egli tenesse conto degli spostamenti della ragazza e dei suoi orari. E’ inoltre emerso che l’uomo era solito ad informare altre persone della situazione della figlia. Pare che questi sospetti si siano rivelati esatti, poiché l’uomo è stato arrestato. Adesso Khatera si ritrova coinvolta in una vita che non avrebbe mai pensato diventasse la sua. L’unica persona che l’appoggia è il marito. La madre la ritiene colpevole dell’arresto del padre, dunque ha chiuso i rapporti con la figlia.

Nonostante sembri che siano sempre in aumento le nazioni che promuovono i diritti umani per qualsiasi categoria umana, il processo d’inclusione non può ancora dirsi compiuto. Quando poi parliamo di donne, sembra che alcuni aspetti non vengano affatto presi in considerazione. Quello del lavoro femminile, è ancora oggi un tema discusso e combattuto. Non solo in paesi lontani da noi, ma anche nella nostra stessa realtà. Quante volte si chiede a una donna di scegliere tra famiglia e carriera? Quanto spesso si tende a non includere le persone di genere femminile in alcuni ambiti poiché non le si ritiene adatte? Oppure, potremmo anche porci parecchie domande sul metodo valutativo utilizzato sulle lavoratrici in molteplici luoghi di lavoro. Sono ancora molte le persone che vedono il lavoro come una concessione per le donne, se non un capriccio. Senza invece prendere in considerazione la parola diritto, o dovere.

Tra diritti e libertà

Eppure il femminismo ne ha fatta di strada. Possiamo affermare di vivere in un mondo civilizzato, quando a qualcuno viene impedita la propria realizzazione personale? Ci è consentito affermare che la libertà è un principio proprio di ogni donna? La realtà è che finché un individuo verrà colpito in nome di una giustizia fittizia, non potremo parlare di civiltà o libertà. Quella di Khatera è una storia lontana migliaia di chilometri di noi, ma non siamo comunque esenti da riflessioni. Una donna è stata colpita perché non ritenuta degna di un’esistenza autonoma, scardinata dall’ombra di qualcun altro. Non è la prima. Qualcuno affermerà che non sarà l’ultima. Dovremmo però combattere tutti all’unisono, per far sì che fatti del genere non si verifichino più. Affinché la violenza non sia più vista come un’arma da propugnare a piacimento, ma come la più bassa e la più grave delle azioni umani mai concepite.