Kassandra è un progetto nato circa due anni fa dal lavoro congiunto degli architetti Mark Cannata e Antonio Stornello. Entrambi di origine siciliana, hanno seguito inizialmente percorsi professionali diversi prima di unire le loro abilità e di dare vita, nello studio di Modica, al progetto Kassandra, che, dal 22 maggio al 21 novembre, è tra i protagonisti del Padiglione Italia alla Biennale d’Architettura di Venezia 2021.
Il Padiglione, curato dall’architetto Alessandro Melis, focalizza l’attenzione sul tema delle città resilienti del prossimo futuro. Argomento a cui risponde perfettamente il progetto Kassandra di cui ci spiega gli elementi salienti Antonio Stornello nell’intervista che segue, direttamente dalla sede della Biennale.
Il tema della Biennale di quest’anno, curata dall’architetto Hashim Sarkis, è “How will we live together?”. Secondo lei in un periodo di forti divisioni politiche, economiche e sociali, qual è la strada da percorrere per vivere insieme senza barriere fisiche e concettuali?
Dopo avere visto i diversi progetti presentati alla Biennale, mi sono fatto l’idea che siamo ormai arrivati ad un punto di svolta. Noi architetti non siamo più nella fase di poter realizzare progetti autoreferenziali. Il singolo deve poter pensare ad un intervento che coinvolga tuttala comunità. Il periodo pandemico ha spostato determinati equilibri, alcuni dei quali resteranno così per sempre. Tra questi il modo diverso di vivere le proprie case e le città. La Biennale di quest’anno è un riflesso chiaro di ciò che è cambiato dopo la pandemia e in quale direzione si stia andando.
Lei e Mark Cannata siete i cofounder del progetto Kassandra dove c’è una visione innovativa per progettare o ridisegnare le città. Quando è nato il progetto e quali sono le sue peculiarità?
Il progetto Kassandra è nato un paio di anni fa dal confronto sulle problematiche dei centri storici di tutte le città nell’affrontare i diversi tipi di cambiamenti climatici. E’ sorta così l’idea di realizzare un progetto concreto per raggiungere determinati obiettivi, partendo dal presupposto che le città siano un sistema complesso, composto da una serie di elementi collegati tra loro. Per tale motivo nel progetto Kassandra valutiamo 12 parametri, che a loro volta hanno dei sottoparametri, che vengono analizzati automaticamente seguendo un modello a griglia. Ciò vuol dire che, facendo un intervento in un settore della città, che possa riguardare ad esempio il verde pubblico o la viabilità, automaticamente si ha una serie di valutazioni nella parte restante della città. Kassandra prevede l’IDSS (ndr Integrated Decision Support System), cioè un sistema di pianificazione urbana integrata di gestione delle risorse. Si tratta, quindi, di uno strumento strategico di supporto decisionale per le amministrazioni che hanno così delle informazioni utili prima dell’intervento da eseguire sulla città.
Come si applica, quindi, il progetto Kassandra nella fase iniziale prima dell’esecuzione degli interventi?
Kassandra prevede l’uso di una sorta di gemello virtuale, multiparametrico e tridimensionale, dello stato di fatto della città dove si individuano criticità e punti di forza. Dopo questa prima fase interviene l’amministrazione pubblica, che individua le modalità d’intervento. Con Kassandra si possono creare diverse “pre – visioni”, ovvero delle simulazioni in modo da definire lo scenario ottimale. Il lavoro di Kassandra, quindi, si ferma prima di realizzare il progetto d’intervento vero e proprio. Successivamente, quando l’intervento migliore proposto viene realizzato, si reinserisce nel sistema Kassandra.
Il nostro progetto è pensato in modo da soddisfare i parametri di resilienza per migliorare la vita dei cittadini. Altra unicità è che è pensato come un sistema che coinvolga le autorità. Inoltre anche il singolo cittadino, che abita in una città in cui è stato applicato il sistema Kassandra, può con un applicativo valutare quanto la sua casa stia contribuendo alla resilienza della città. Questa idea, in particolare, è nata nel periodo pandemico, pensando che l’azione del singolo possa aiutare la collettività a raggiungere degli obiettivi con un effetto sciame.
Come è presentato il progetto al Padiglione Italia della Biennale?
Abbiamo presentato il nostro progetto pilota, realizzato su Modica, una città in provincia di Ragusa, collocata a 36° di latitudine, quindi al di sotto di Tunisi. Si tratta di un centro urbano dalla storia millenaria che fa parte del Patrimonio dell’Unesco. Nel corso dei secoli la città si è progressivamente estesa, occupando la parte un tempo dominata dall’acqua e dalla vegetazione. In Biennale è presente un video dove abbiamo realizzato una simulazione tridimensionale dei cambiamenti di Modica nei vari periodi storici. Da qui emerge chiaramente come la parte boschiva sia scomparsa per lasciare posto alla città.
Il centro storico della città è collocato fra quattro colline e nel fondovalle confluivano, sino al secolo scorso, due fiumi. In seguito ad alcune disastrose alluvioni si decise di deviare a monte il corso dei fiumi e di coprirli nel tratto che attraversava la città. Questo intervento ha provocato una trasformazione ambientale, paesaggistica e percettiva di Modica.
Con il progetto Kassandra abbiamo immaginato come si potrebbero gestire sia l’aumento della temperatura sia le condizioni meteorologiche estreme e improvvise. La città viene quindi considerata una parte attiva nella lotta ai cambiamenti climatici e non come un elemento che subisce passivamente.
La città manifesta, quindi, la sua resilienza?
La resilienza è la capacità di sopportare e di gestire nel modo migliore determinate avversità. La resilienza delle città deve diventare un valore nella lotta ai mutamenti climatici. Per tale motivo la figura dell’architetto è cambiata nel corso del tempo, in quanto ogni progetto deve essere valutato nell’impatto che può avere sulla collettività e sull’ambiente circostante.
Secondo lei riusciremo a raggiungere alcuni degli obiettivi presenti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile?
La pandemia ci ha dato una nuova coscienza e un nuova visione del mondo. Purtroppo alcuni cambiamenti climatici sono irreversibili, quindi non si potrà più tornare alle condizioni iniziali. Ma si può agire per fermarli. Tutte le nazioni, anche quelle che un tempo erano scettiche, adesso sono coscienti di questa situazione generale. Ritengo che si debba essere fiduciosi, perché ci sono sia degli obiettivi comuni sia le risorse per raggiungerli.
Infine architetto Stornello ci può rivelare un suo sogno nel cassetto?
Il mio desiderio è quello di lasciare un mondo migliore rispetto a come si sia trovato. Mi piacerebbe che i governi avessero, come obiettivo globale, il migliorare la vita delle persone, ovvero che ci possa essere una sorta di pandemia virtuosa.
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