giovedì, Settembre 19, 2024

Jonas Mekas: Under the Shadow of the Tree

La mostra Under the Shadow of the Tree, allestita presso il Padiglione de l’Esprit Nouveau di Bologna dal 2 febbraio al 26 marzo 2023, prosegue e si inserisce nell’ambito di Jonas Mekas 100!,il programma internazionale di iniziative celebrative per il centenario dalla nascita di Jonas Mekas (Biržai 1922 – New York 2019), figura imprescindibile nella storia del cinema d’avanguardia americano.
Curata dal duo Francesco Urbano Ragazzi e promossa da MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Istituto di Cultura Lituano e Ambasciata di Lituania in Italia, in collaborazione con Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia,l’esposizione pone in dialogo l’edificio – prototipo abitativo realizzato nel 1925 da Le Corbusier e Pierre Jeanneret, ricostruito in copia fedele a Bologna nel 1977 da Giuliano e Glauco Gresleri con José Oubrerie – con un corpus di opere che porta fuori dal grande schermo i diari filmici per cui Jonas Mekas è conosciuto. L’iniziativa rientra nel main program di ART CITY Bologna 2023,programma istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali, promosso da Comune di Bologna e BolognaFiere in occasione di Arte Fiera.

Jonas Mekas: il significato della mostra

Come fosse una cassa armonica, l’intero padiglione bolognese è riempito dai suoni degli audio-diari con cui l’artista ha registrato lo scorrere della vita a New York. Momenti memorabili come le discussioni sul cinema tra Peter Kubelka e Stan Brakhage si succedono a canti e rumori quotidiani. Tutto diventa parte di una chiassosa sinfonia in cui i frammenti di epoche diverse si fondono in un unico e infinito presente.
L’albero che svetta al centro dell’architettura, attraversandone il soffitto, è invece l’elemento attorno a cui ruota una riflessione per immagini sul ruolo della natura nell’opera del cineasta. Sulle ampie finestre che danno luce all’edificio è stampata una serie di scansioni da pellicola che producono l’effetto di una vetrata policroma. Diventando superfici di proiezione, i fiori, le piante e i paesaggi immortalati nella serie fotografica si animano, testimoniando il costante esercizio di attenzione che Mekas si è impegnato a compiere con la cinepresa. È filmando la vegetazione che miracolosamente cresce a New York che il regista, profugo lituano negli Stati Uniti dal 1949, ritrova nella metropoli i boschi del proprio villaggio. Quello dell’albero, però, è un motivo che non ha un significato solo. Mekas paragonava infatti il cinema stesso a una pianta rigogliosa di cui i filmmaker indipendenti rappresentavano le foglie più alte. Ecco allora che alcuni documenti tratti dall’archivio dell’artista mettono in pagina questa metafora. Le ramificazioni tracciate dalla mano di Mekas schematizzano la sua personale storia del cinema d’avanguardia, ma descrivono anche gli sforzi compiuti per promuoverla attraverso istituzioni come New American Cinema Group, Film-makers’ Cooperative e Anthology Film Archives, di cui l’artista fu fondatore. A costellare il percorso di mostra ci sono infine disegni, film e video che riflettono la multiforme opera di Mekas nel suo intreccio di poetico e politico. Se il cinema del filmmaker è stato descritto come un atto di resistenza al gigantismo di Hollywood, queste opere ce lo mostrano come un instancabile lavoro di ecologia dei media e delle immagini. Nelle opere di Mekas i momenti più piccoli e insignificanti dell’esistenza vengono glorificati come l’essenza del mondo.

Chi è Jonas Mekas

Jonas Mekas (Biržai, 1922 – New York, 2019) è stato un regista, poeta e artista lituano i cui film sono considerati pietre miliari del cinema indipendente in tutto il mondo. Nel 1944, Jonas e suo fratello Adolfas furono deportati dai nazisti nel campo di lavoro di Elmshorn, in Germania. Alla fine del 1949 l’Organizzazione Internazionale dei Rifugiati portò entrambi a New York, dove si stabilirono a Williamsburg, Brooklyn. Grazie all’amicizia con il connazionale George Maciunas, Mekas divenne subito attivo nel gruppo Fluxus. Nel 1949, due mesi dopo il suo arrivo a New York, l’artista acquista la sua prima cinepresa Bolex. Ben presto è profondamente coinvolto nell’avanguardia cinematografica americana. Nel 1954 fonda la rivista Film Culture, che diventa rapidamente la più importante pubblicazione di cinema degli Stati Uniti. Nel 1958 inizia la leggendaria rubrica Movie Journal su The Village Voice. Alla fine del 1960 firma il New American Cinema Manifesto, che riunisce un’intera generazione di cineasti indipendenti come Stan Brakhage, Jack Smith, Kenneth Anger, Andy Warhol tra gli altri. Sviluppando le idee espresse nel manifesto, nel 1962 Mekas fonda la Film-Makers’ Cooperative e nel 1964 la Film-Makers’ Cinematheque, che alla fine diventerà l’Anthology Film Archives, uno dei più grandi e importanti archivi di cinema d’avanguardia del mondo.
Jonas Mekas è largamente riconosciuto tra gli iniziatori del genere del film-diario. Il suo secondo film, The Brig, ha ricevuto il Gran Premio Leone di San Marco alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1963. La sua filmografia comprende capolavori come Walden (1969), Reminiscences of a Journey to Lithuania (1972), Lost Lost Lost (1976), As I was Moving Ahead I saw Brief Glimpses of Beauty (2000), A Letter from Greenpoint (2005), Sleepless Nights Stories (2011) and Out-takes from the Life of a Happy Man (2012).
Le sue opere sono state esposte nelle principali manifestazioni internazionali d’arte contemporanea: da Documenta XI e XIV a La Biennale di Venezia (Utopia Station nel 2003; Padiglione lituano nel 2005). Negli ultimi 15 anni sono state organizzate mostre retrospettive su Mekas nei più importanti musei del mondo, tra cui Museum Ludwig (Colonia 2008), Serpentine Gallery (Londra 2012), Centre Pompidou (Parigi 2012), MUAC (Città del Messico 2013), Museo dell’Ermitage (San Pietroburgo 2013), MMCA (Seoul 2017), Jewish Museum (New York 2021), National Gallery of Art (Vilnius 2021).

Foto ufficio stampa

Sowmya Sofia Riccaboni
Sowmya Sofia Riccaboni
Blogger, giornalista scalza (senza tesserino), mamma di 3 figli. Guarda il mondo con i cinque sensi, trascura spesso la forma per dare sensazioni di realtà e di poter toccare le parole. Direttrice Editoriale dal 2009. Laureata in Scienze della Formazione.

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