Israele, in risposta ai razzi ha compiuto bombardamenti in territorio siriano, uccidendo 3 soldati e 7 miliziani
Aerei ed elicotteri da combattimento israeliani sono stati impiegati, nella notte tra sabato e domenica, in una serie di bombardamenti verso obiettivi militari nel sud est della Siria, in seguito al lancio di razzi da parte dei miliziani di Damasco verso il monte Hebron, nel Golan. Il governo di Israele ha subito confermato l’attacco da parte dei siriani, specificando che uno dei missili ha colpito il territorio israeliano, mentre un altro è caduto in Siria in una zona prossima al confine.
Le ostilità di Damasco verso Israele proseguono ormai da alcune settimane. Lunedì 27 maggio, in seguito a un bombardamento siriano verso le alture del Golan,l’esercito israeliano, in una controffensiva, aveva attaccato una postazione militare vicino alla città di Quneitra, uccidendo un funzionario governativo di Damasco. Pochi giorni dopo, soldati siriani avevano cercato di colpire con un razzo un velivolo militare israeliano che sorvolava le alture.
Nel raid di sabato notte l’esercito israeliano, in risposta ai missili provenienti dalla Siria, ha impiegato aerei ed elicotteri colpendo depositi dell’artiglieria e postazioni militari e di intelligence delle forze nemiche. I bombardamenti hanno causato la morte di dieci combattenti. Si tratterebbe di tre soldati siriani e sette miliziani provenienti da Iran e Libano.

Il Golan: territorio di confine
Le Alture del Golan sono un altopiano montuoso ai piedi del quale ci sono i territori di Siria, Libano, Giordania e Israele, costituendo il confine naturale tra questi stati. Nel 1967, una buona parte di quest’area, che faceva parte della Siria, è stata conquistata da Israele nel corso della “Guerra dei sei giorni”, combattuta da Tel Aviv contro un’alleanza formata da Siria, Egitto e Giordania. La guerra era scoppiata a causa della decisione dei tre paesi alleati di aumentare la presenza militare ai confini con lo stato ebraico, mettendone in pericolo la sicurezza. Terminata la guerra, una risoluzione Onu votata anche dagli Usa, stabiliva che Israele avrebbe dovuto ritirarsi dai territori occupati durante la guerra (oltre al Golan anche la Cisgiordania e Gerusalemme est, che appartenevano alla Giordania e la Striscia di Gaza e la Penisola del Sinai che appartenevano all’Egitto) in cambio del riconoscimento dello stato di Israele da parte degli stati arabi. Le disposizioni delle Nazioni Unite non si concretizzarono e nel 1981 il governo israeliano approvò una serie di leggi che di fatto annettevano il territorio del Golan. I contatti diplomatici iniziati nel 2008 tra Damasco e Tel Aviv per cercare di risolvere il nodo del territorio conteso, si sono poi arenati anche a causa dello scoppio della Primavera Araba e dell’aumento degli scontri con i Palestinesi nella Striscia di Gaza.

Donald Trump e il “Golan israeliano”
Lo scorso marzo, il presidente americano Donald Trump, ha dichiarato che “E’ arrivato il momento per gli Stati Uniti di riconoscere pienamente la sovranità di Israele sul Golan.” Queste parole, seguite poi da un decreto ufficiale di riconoscimento firmato dallo stesso presidente americano, se da una parte hanno ottenuto il plauso del presidente israeliano Netanyahu, che ha anche sottolineato come l’Iran stia utilizzando le postazioni siriane per distruggere Israele, dall’altra ha provocato dure reazioni da parte di alcuni paesi arabi. Per il ministro degli esteri siriano Walid Al Mouallem, le parole di Trump violerebbero le risoluzioni internazionali, in quanto in base a queste il Golan deve appartenere alla Siria. Il presidente turco Erdogan ha affermato, in contrasto con le parole del presidente americano, che il suo paese non legittimerà mai l’occupazione israeliana del Golan.

Una situazione difficile in Israele, che, oltre ad essere impegnato nella Striscia di Gaza e al confine con la Siria, deve anche fare i conti con una crisi politica interna che ha portato il primo ministro Netanyahu, appena rieletto, a chiedere nuove elezioni per settembre, a causa dell’impossibilità di formare un esecutivo.
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